Da Cernobbio - La terza giornata del Forum TEHA Cernobbio si chiude con il focus sull’economia italiana, con la carrellata di politici del governo (Salvini, Giorgetti, Urso, Nordio, Valditara, Bernini e Calderone) e dell’opposizione (Schlein, Calenda, Renzi, Bonelli), e infine con il ricordo del fondatore del Forum, Alfredo Ambrosetti, mancato proprio nella giornata di sabato.

La maggioranza è stata accolta con applausi e richieste di foto ricordo. Nonostante le difficoltà legate alla geopolitica economica, la platea del salotto industriale di Cernobbio approva l’operato economico del governo Meloni, promosso da oltre l’80% dei presenti, stando al televoto organizzato da TEHA. Per i ministri la mattinata è una lunga opportunità per mostrare ai presenti e alla stampa i risultati ottenuti, dall’educazione alle infrastrutture, con Salvini che rivendica con tanto di power point carico di cifre e progetti l’approvazione, tra gli altri, del progetto del Ponte sullo Stretto (ma omettendo che una buona parte è stata finanziata dalla tanto vituperata Europa e dal Green Deal).

A premiare l’operato di Giorgetti & Urso nell’economia sono i dati sull’occupazione (disoccupazione al di sotto del 6%), della Borsa e sull’attrattività. Secondo una ricerca presentata proprio oggi, domenica 7 settembre, sul Global Attractiveness Index (GAI) 2025, l’Italia guadagna tre posizioni sull’indice di attrattività per le imprese, passando dal 19° al 16° posto, scavalcando Danimarca, Belgio e Irlanda. Certo ancora lontana da USA, Cina e Germania, rispettivamente primo, secondo e terzo posto del GAI.

Per migliorare, questo il messaggio del Forum THEA Cernobbio, serve aggiornare il sistema della formazione per ridurre il mismatch di competenze; valorizzare i talenti e attrarre e trattenere lavoratori qualificati; rendere maggiormente efficace la burocrazia e la regolamentazione. Per Enrico Giovannini, membro del comitato scientifico del GAI, “c’è il tema del grave ritardo sulla transizione energetica. L’Italia sta perdendo posti sull’installazione di energie rinnovabili, al contrario di quasi tutte le economie emergenti”.

Poco per non fare comunque un victory lap per il ministro delle imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. “l’Italia e il governo proiettano all’estero un’immagine di coesione, intenti comuni, affidabilità”. E ribadisce che per la transizione c’è impegno per rafforzare la filiera dei critical raw material. “Stiamo lavorando sulle materie prime critiche, sull’apertura di nuove miniere e sul riuso delle vecchie, sul recupero da rifiuti, anche con un nuovo grande progetto con Eni. Inoltre, l’Italia si è impegnata a ospitare il primo sito strategico europeo sulle materie prime critiche”.

“Non servirà una manovra correttiva, i conti stanno andando nella direzione giusta”, annuncia il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, in chiusura dell’evento. “Abbiamo lavorato con serietà, rispettando i vincoli europei, meglio di altri paesi. Non ci sono correzioni da fare e questo, nel panorama degli ultimi vent’anni, è un fatto nuovo.” L’economia certo non va benissimo, ma se confrontata con Francia e Germania, l’Italia (e la Spagna, come ampiamente discusso qui a Cernobbio) rimane con dati macro-economici non negativi.

Tiepida la ricezione dell’opposizione, anche se Elly Schlein ha incassato uno degli applausi più lunghi e si sono ascoltati commenti positivi durante la pausa pranzo tra i partecipanti. "I dazi sono spariti dal dibattito italiano”, ha commentato la leader del PD durante un punto stampa. "Il governo prima li ha lo sottovalutati per ragioni politiche e ideologiche, poi ne ha minimizzato gli impatti. Un vicepremier ha detto che sarebbero stati un’opportunità per le imprese, ma chiedetelo alle imprese. Cito i dati di Confindustria che parla di rischiare di perdere 20 miliardi di export il prossimo anno e 100.000 posti di lavoro. Il governo Meloni aveva parlato di un piano da 24 miliardi di cui si sono perse le tracce, quindi, io chiedo di nuovo a questo governo cosa ha intenzione di fare per sostenere le imprese e i lavoratori."

E rilancia con alcune proposte importanti in chiave europeista. Innanzitutto, il suo cavallo di battaglia, un fondo annuale di 750 miliardi di euro come fu il NextGenEU, in riposta ai grandi investimenti statali cinesi e americani per innovazione in AI, quantum computing, accumuli ed energia. L’equivalente di quello che dovremmo corrispondere in acquisti energetici agli USA.

Inoltre “il settore automotive vale il 7% del PIL Eu ma è sempre più in crisi: perché non immaginare fondo sorretto da eurobond per sostenere produzione di auto europee, a basse e zero emissioni?” chiede alla platea. Il 2027 elettorale si avvicina, ma la distanza con la grande industria è ancora da accorciare.

Il nodo chiave del rilancio dell’economia italiana? La transizione energetica

I costi energetici rimangono una delle principali preoccupazioni delle e degli industriali italiani. Secondo alcuni intervistati da Materia Rinnovabile, serve con urgenza una nuova roadmap energetica italiana che includa sia tecnologie consolidate rinnovabili (fotovoltaico, eolico onshore, batterie e pompaggi idroelettrici) che emergenti (nucleare, CCS, eolico offshore), finalizzate a ridurre il costo complessivo del sistema e dell'energia.

“Per centrare gli obiettivi serve un approccio sistemico che acceleri le autorizzazioni, dia certezza agli investimenti e contenga i costi in bolletta”, commenta alla stampa Nicola Monti, amministratore delegato di Edison. “Occorre ridurre la dipendenza energetica e tecnologica dall’estero, valorizzare filiere nazionali come i pompaggi idroelettrici, e costruire partnership europee sulle tecnologie emergenti, dal nucleare di nuova generazione alla cattura della CO₂. L’Italia ha le competenze per trasformare questa sfida in un volàno di crescita economica e industriale, coniugando sostenibilità, sicurezza e sviluppo.”

Secondo l’Energy Transition Indicator di TEHA-Edison, l’Italia è in linea con i target al 2030 solo nel 30% dei Key Performance Indicator considerati, con ritardi superiori a dieci anni in ambiti chiave come la generazione da fonti rinnovabili e lo sviluppo dei sistemi di accumulo.

Lo studio individua quattro principi guida come pilastri di una visione sistemica che promuova un approccio più coordinato e bilanciato alla transizione e renda più efficiente gli investimenti massimizzandone le ricadute per il sistema-paese, che lo studio stima in circa 190 miliardi al 2050. Oltre lo sviluppo di tutte le fonti energetiche serve una valutazione del mix ottimale di tecnologie, da effettuare sulla base di criteri quali rapidità di dispiegamento, costo complessivo del sistema e dell'energia per il cliente finale, capacità di contribuire alla resilienza e sicurezza sistemica e di generare impatti economici e industriali per il paese.

La roadmap dovrà avere un meccanismo di monitoraggio annuale e aggiornamento triennale, finalizzato a garantire flessibilità e reattività rispetto all’evoluzione tecnologica, ai contesti di mercato e agli scenari geopolitici. Infine, fondamentale il bilanciamento tra misure incentivanti lato offerta e lato domanda.

“Lo sviluppo delle rinnovabili è una componente chiave della visione sistemica per il paese”, ribadisce da Cernobbio il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, ma oggi è ostacolato da extra-costi sistemici legati a congestioni di rete, iter autorizzativi e disponibilità dei terreni che rendono i progetti Ready to Buil fotovoltaici italiani oltre il 20% più costosi rispetto alla media di Francia, Germania e Spagna. Per il ministro la risposta sarà nel DL Energia 2025, che offrirà misure urgenti in materia di risoluzione della saturazione virtuale delle reti elettriche, insieme a disposizioni per mercato del gas, data center e filiera della cattura e stoccaggio del carbonio (CCUS). Nessun commento invece sul decreto aree idonee, che rimane nel limbo dopo la bocciatura del TAR.

Tra le mura di Villa d’Este si è discusso molto di sviluppo dei sistemi di accumulo di breve (batterie) e medio-lungo termine (pompaggi idroelettrici), quest’ultimo considerata dalla ricerca fondamentale per ridurre la dipendenza da materiali critici e lock-in tecnologico da paesi terzi e per promuovere una migliore gestione della risorsa idrica in regioni a rischio idrogeologico come quelle del Sud, aumentando la capacità di accumulo dei bacini esistenti.

Sempre lo studio TEHA-Edison stima in 13,6 GW la potenza di nuovi pompaggi installabile attraverso 56 nuovi impianti in aree già infrastrutturate o prossime a bacini esistenti. La valorizzazione di questo potenziale può generare un impatto economico complessivo di circa 110 miliardi di euro.

Come già nel 2024, gli imprenditori continuano a guardare con interesse alle tecnologie del nuovo nucleare (reattori di piccola taglia SMR e AMR) e la Carbon Capture & Storage (CCS). In particolare, per la prima volta, le tecnologie di cattura, uso o stoccaggio vengono identificate come “strumento essenziale per decarbonizzare i settori hard-to-abate e per mantenere l’operatività del parco termoelettrico”. La traiettoria internazionale ne conferma il ruolo crescente: gli impianti CCS sono passati da 65 nel 2020 a 628 nel 2024, mentre numerosi Paesi europei stanno già adottando programmi strutturati per integrarla nelle proprie strategie climatiche e industriali”.

Le potenzialità dell'idroelettrico

“L'idroelettrico è stato lo scorso anno la prima fonte di energia rinnovabile in Italia con una quota pari al 46% della produzione e ha un potenziale di crescita del 10%, possibile attraverso un piano mirato di investimenti", annuncia un report congiunto TEHA-ENEL.

Il nodo da sciogliere per il settore è che l'86% delle concessioni dei grandi impianti idroelettrici è già scaduto o scadrà entro il 2029 e occorre "trovare da subito un modo efficace di riassegnazione delle concessioni per non compromettere la realizzazione degli investimenti nel settore". Per Carlo Calenda il settore ha margini talmente ampi con un costo di produzione di 20 euro a MWh che per sostenere l’industria dovrebbe vendere al costo di produzione e non a quello di mercato, proposta che ha trovato più di un imprenditore disposto ad ascoltare.

Ovviamente la posizione dei grandi produttori da idroelettrico (Edison, Enel, etc) non è esattamente in linea. La proposta avanzata è piuttosto una riassegnazione delle concessioni agli operatori a fronte di investimenti concreti. In questo modo si sbloccherebbero, si legge nella ricerca, "fin da subito fino a 16 miliardi di investimenti aggiuntivi, creando fino a 20.800 posti di lavoro con un anticipo di circa 6 anni rispetto all'attuale quadro normativo".

Si tratta della cosiddetta 'quarta via', alternativa alle gare a evidenza pubblica, alla creazione di società miste tra pubblico-privato e al partenariato tra pubblico e privato tramite il project-financing previsti dalla legislazione attuale italiana. Salvini nel proprio intervento rivendica la pianificazione del governo in materia idrica, con 12 miliardi di investimenti e progetti flagship come la diga Campana di Campolattaro (che il ministro visiterà mercoledì 10 settembre), il cui completamento è previsto nel 2027.

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In copertina: Giancarlo Giorgetti © Palazzo Chigi