Da Cernobbio - Come ogni anno il mondo dell’industria e della politica italiana si dà appuntamento a sul lago di Como, per il tradizionale forum TEHA Cernobbio. Trumpnomics, dazi, relazioni con il Medio Oriente, futuro dell’Europa, innovazione sono tra i tanti argomenti discussi nella tre giorni a Villa d’Este, alla ricerca di bussole e mappe in un momento estremamente complesso per imprenditori e imprenditrici, tra le difficoltà della transizione in panne, della geopolitica economica statunitense sempre più folle e la corsa dell’AI.

Presenze importanti soprattutto di economisti e finanzieri con il premio Nobel Joseph Stiglitz, Paolo Gentiloni, il CEO di Black Rock, Laurence Fink, Mario Monti, Nouriel Roubini e Jason Furman. L’unico capo di stato presente il primo giorno è stato il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy, collegatosi in video all’apertura dei lavori. "L'indipendenza energetica dalla Russia è fondamentale per rafforzare i rapporti con gli USA, tenetelo presente", ha sottolineato. "Ieri abbiamo dialogato con il presidente Trump e abbiamo parlato in dettaglio di come far sì che la situazione volga al termine. Trump si aspetta un'Europa forte, con un miglior coordinamento tra Europa e Stati Uniti, e allo stesso tempo ero deluso da alcuni paesi europei come Slovacchia e Ungheria che continuano a comprare petrolio russo. Gli stati Uniti vogliono seriamente tagliare i redditi russi provenienti dalle esportazioni di energia e questa è la strada giusta da prendere."

Si parla molto, troppo, di USA, mentre sono assenti panel sul vero argomento economico di questa settimana: l’evoluzione della Cina. L’ansia per tanti è legata all’incertezza economica statunitense, specie dopo i dati presentati oggi sull’occupazione: aggiunti solo 22.000 nuovi posti di lavoro. Il senatore Lindsay Graham minimizza. La finanza italiana meno, e il dollaro perde terreno. Soprattutto sarebbe importante comprendere che postura l’Europa e l’Italia intendono avere con Pechino. Ma di questo a Cernobbio non si parla, nemmeno a porte chiuse.

Educazione per il rilancio dell’economia

Il tema ufficiale scelto da TEHA per questa edizione è quello delle competenze e dei giovani. “Investire nella formazione del capitale umano rappresenta la leva decisiva per garantire la stabilità dei sistemi economici e offrire alle nuove generazioni un futuro prospero”, ha spiegato Valerio De Molli, CEO di The European House Ambrosetti, nel discorso di apertura. In un mondo che invecchia, l’Europa perde freschezza e forza lavoro, con 40 milioni di europei in meno, di cui 6 milioni di Italiani.

Per formare i giovani e i nuovi italiani, unica leva della crescita demografica del paese (la popolazione italiana sotto ai 5 anni è diminuita del 37% dal 1990 a oggi, mentre gli stranieri sono passati da 356 mila a 5,4 milioni, 15 volte di più, ricorda De Molli) serve lavorare sulla formazione del capitale umano. “C’è la necessità di un cambio repentino e strutturale del sistema formativo, con particolare riferimento ai percorsi di orientamento. Inoltre, le ricerche di TEHA evidenziano l’importanza di infondere maggiore sicurezza e speranza nei giovani e di investire nel capitale umano per aumentare l’attrattività del paese.”

L’Italia, stando ai dati TEHA, è ottava in Europa per dispersione scolastica: il 9,8% dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha infatti abbandonato gli studi prima della conclusione della 5° superiore. “Sono ben 408.000”, afferma De Molli di fronte alla platea. “Solo il 13,4% è laureato, contro la media di 37,9% a livello europeo. Inoltre, l’Italia si colloca al ventunesimo posto nell’Unione Europea per la partecipazione ad attività di aggiornamento permanente: soltanto il 35,7% dei lavoratori prende parte a corsi di formazione, contro il 46,6% della media europea.”

Infine, l’Italia perde ogni anno oltre 37.000 laureati, che emigrano in cerca di condizioni lavorative migliori, con un costo annuo per il paese stimato da TEHA pari a 5,1 miliardi di euro. Il dato veramente drammatico riguarda però i NEET, ovvero i giovani tra i 15 e i 29 anni “Not in Education, Employment or Training”. In Italia, nonostante la riduzione di circa un milione nell’ultimo decennio, i giovani NEET sono ancora 1,4 milioni.

Oltre alla dimensione sociale del fenomeno, anche le ricadute economiche destano preoccupazioni. I NEET rappresentano infatti un costo enorme per la società, stimato da Eurofound (l’istituzione di riferimento per commissione e parlamento europei e consiglio dell'Unione Europea) in oltre 114,7 miliardi di euro all’anno per l’Unione Europea, di cui 24,5 miliardi in capo all’Italia, pari a 1,23% del PIL italiano, quasi quanto la manovra finanziaria del 2025 (28,4 miliardi di euro).

Focus Italia-Spagna

Uno dei primi report (ben 18 in programma) presentati alla stampa è stata la ricerca realizzata da Amazon e TEHA Group sulle significative divergenze nei flussi di investimenti diretti esteri (IDE) tra Spagna e Italia. Tra il 2015 e il 2024 la Spagna ha attratto 304 miliardi di euro di IDE, a fronte dei 191 miliardi registrati dall’Italia. Un divario di 113 miliardi di euro. Madrid sembra godere di un periodo di grazia, con dati macro-economici molto positivi, sia in termini di PIL che di occupazione.

Secondo la ricerca il vantaggio della Spagna risiede in una serie di elementi. In primis la produzione energetica da rinnovabili e nucleare, dato che le imprese spagnole beneficiano di costi dell’elettricità rilevantemente più bassi (166,6 €/MWh contro i 252,9 €/MWh in Italia). Segue poi una migliore infrastruttura digitale e sistema di risoluzione delle controversie giudiziarie civili e commerciali (275 giorni contro 527).

“Un altro vantaggio risiede nel fatto che la Spagna ha una dimensione globale più forte rispetto all'Italia, in particolare grazie al rapporto con il mondo latinoamericano”, spiega Enrico Letta, co-autore del report e figura molto ascoltata qui al forum. “Ma questa ricerca non è fatta per creare distinzioni, ma per portare un messaggio importante: i due paesi devono collaborare maggiormente, rafforzando la propria presenza congiunta in Europa e diventando i principali portabandiera dell'accordo sul Mercosur.”

Data Center e sviluppo

Il secondo report tematico, L’Italia dei data center, realizzato in collaborazione con A2A ha evidenziato come questi hub digitali, se integrati in un modello industriale circolare, possano ridurre l’impatto ambientale e supportare la transizione energetica. Mentre i grandi hub storici europei (Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi, Dublino) mostrano segnali di saturazione a fronte di una serie di vincoli energetici, infrastrutturali, urbanistici e normativi, Milano e la Lombardia si stanno affermando come nuovi poli strategici della data economy, attirando l’interesse crescente degli investitori.

Il numero di data center presenti nel nostro paese è infatti in crescita: le 168 strutture rilevate nel 2024, per una potenza installata di 513 MW, posizionano l’Italia al 13° posto a livello mondiale.  Milano, con una capacità installata di 238 MW, pari al 46% della capacità nazionale, supera quella di città come Madrid e Zurigo. Per l’AD Renato Mazzoncini “la sfida è recuperare il calore dei data center e usarlo per il teleriscaldamento, fondamentale per decarbonizzare un elemento chiave, il riscaldamento domestico”.

Un modo per compensare l’aumento addizionale dei consumi di elettricità. “Queste infrastrutture impatteranno considerevolmente sulla richiesta di energia ma, grazie alle nuove centrali termoelettriche a ciclo combinato di ultima generazione realizzate per garantire stabilità alla rete e alla forte crescita delle rinnovabili, il mix energetico italiano è già oggi in grado di sostenere la produzione necessaria”, continua Mazzoncini.

La vera svolta è però che questi hub digitali, se ben integrati, possono anche dare un valido contributo alla decarbonizzazione delle città: recuperando il calore generato è possibile fornire energia termica a oltre 800.000 famiglie grazie alle reti di teleriscaldamento, come già A2A fa a Brescia e come presto succederà a Milano. “Vogliamo contribuire a creare un modello di innovazione e sostenibilità, attraverso una simbiosi mutualistica tra i player che sviluppano data center e gli operatori del nostro ambito industriale per vincere la sfida del digitale, ormai inarrestabile”, ha aggiunto in conferenza stampa a Villa d’Este.

Tra i benefici più rilevanti: riduzione delle emissioni urbane fino al 5% nel settore residenziale grazie al recupero di calore per il teleriscaldamento, evitando 6 milioni di tonnellate di CO₂ l’anno, pari alle emissioni di 1,7 milioni di cittadini.

Il rapporto propone una strategia che valorizzi aree brownfield per nuovi impianti, il recupero dei RAEE e migliori l’efficienza energetica, in linea con i KPI europei, trasformando i data center in nodi attivi del sistema energetico.

 

In copertina: foto di TEHA Group