Lunedì 22 settembre l’Italia si è fermata per Gaza.
Anche noi di Materia Rinnovabile, nel nostro piccolo, ci siamo fermati. Abbiamo spento i computer per buona parte della giornata e siamo scesi in piazza a manifestare. Ognuno nella sua città, visto che la nostra è una redazione “diffusa”.
Abbiamo marciato in corteo prima di tutto come cittadini, ma sempre, comunque, come giornalisti. Per questo oggi ci è sembrato naturale, oltreché doveroso, raccontare quello che abbiamo visto, smentendo anche la narrazione distorta che si è vista ieri sera e stamattina sulle pagine di molti giornali (non tutti, per fortuna) e nei titoli dei telegiornali.
Le decine di migliaia di persone che hanno scioperato e marciato ieri in oltre 75 città italiane, lo hanno fatto in modo composto e pacifico. Erano 500.000 dicono le stime, addirittura un milione dicono alcuni fra gli organizzatori. Ma i titoli se li sono presi quei soliti 50 violenti che certo non rappresentano l’Italia scesa in piazza ieri.
Ecco i nostri racconti.
Roma: il volto bello della Capitale
(Stefania Divertito)
Roma per Gaza ha cambiato volto: in piazza dei Cinquecento fin dalle prime ore di lunedì mattina c’era un mosaico di bandiere palestinesi che sventolavano sopra teste e megafoni, fumogeni rossi e verdi a tingere l’aria, tamburi che davano il ritmo ai cori. È da lì che lo “sciopero generale per Gaza”, convocato dall’USB, ha preso vita: studenti, lavoratori, famiglie unite dal desiderio di rompere il silenzio.
Sono state le scuole occupate ad aprire la giornata: zaini poggiati a terra come segnaposto, cartelli improvvisati su cartone, voci giovanissime che gridavano “Free Palestine” e “Stop al genocidio”. Alla stazione Termini, accessi sbarrati e transenne: via Giolitti e via Marsala svuotate dai flussi abituali, metro deviata, la città costretta a fermarsi. La piazza si è riempita a mano a mano che le ore passavano fino a tracimare nelle strade adiacenti: via Cavour, Giolitti, fino a piazza Esedra e via Nazionale. Un serpente enorme che non riusciva a essere contenuto nelle riprese e nelle fotocamere, ma i droni hanno restituito l’imponenza della manifestazione.
Poi dal centro lo sciame si è diretto verso Porta Maggiore e San Lorenzo, dove il corteo si è disteso come un fiume lento ma inarrestabile: decine di migliaia in marcia, bandiere che ondeggiavano come vele, slogan che si intrecciavano con i clacson dei veicoli bloccati. I video pubblicati in rete e diventati virali testimoniano che gli automobilisti in molti casi hanno applaudito i manifestanti e solidarizzato con loro.
Alla Sapienza, facoltà di Lettere, drappi stesi dai balconi, aule occupate, cori che rimbombavano nei cortili. Circa 100.000 partecipanti, o forse di più, secondo le stime e a seconda delle fonti: lavoratori, insegnanti, giovani e famiglie con bambini sulle spalle. Dalla piazza all’università, la richiesta è stata la stessa: cessate il fuoco immediato, stop agli accordi con Israele, che l’Italia e l’Europa non restino complici.
Milano: pochi violenti rubano la scena a un corteo pacifico
(Simone Fant)
Lo sciopero di Milano è iniziato alla stazione ferroviaria di Cadorna sotto una pioggia battente. Striscioni, kefiah, bandiere della Palestina e tanti ombrelli hanno colorato un corteo inzuppato ma elettrico, a cui man mano si sono unite migliaia di persone, circa 10mila. Hanno scioperato un po' tutti, con età, lavori e classi sociali diverse: studenti che intonavano instancabilmente cori di condanna al genocidio in corso, chiedendo la fine della complicità militare e commerciale del governo italiano; avvocati in giacca e cravatta, insegnanti a fianco degli allievi e ricercatori del Politecnico di Milano. Hanno partecipato anche persone disoccupate, desiderose di esserci in un momento storico che ha superato le logiche sindacaliste dello sciopero.
A Milano è andata in scena una manifestazione di umanità all’insegna dell'indignazione, emozionante e pacifica. Almeno fino a quando una cinquantina di facinorosi ha provato a spezzare il cordone della Polizia davanti alla Stazione Centrale. Volevano occupare la stazione, com'è successo in altre piazze d'Italia, con l'obiettivo di bloccare una delle arterie principali del trasporto pubblico nazionale. Otto persone sono state portate in Questura a Milano, mentre si parla di circa 50 feriti tra le forze dell’ordine.
Nonostante la strumentalizzazione del governo di Giorgia Meloni - che ha denunciato via X solo gli scontri senza commentare lo sciopero pacifico che ha coinvolto centinaia di migliaia di italiani, la violenza ingiustificata di pochi non rispecchia l'eterogeneo movimento di liberazione della Palestina, da mesi impegnato a manifestare durante quasi tutti i sabati milanesi. Milano è viva, ha risposto presente. E non sembra volersi fermare finché il governo italiano non deciderà di condannare e sanzionare i crimini dello Stato Ebraico, ora impegnato nell’invasione via terra di Gaza city.
Torino: una manifestazione diffusa dal centro alle periferie
(Giorgia Marino)
Per tutta la giornata di lunedì Torino è stata bloccata. E contenta di essere bloccata.
Le stime (probabilmente al ribasso) parlano di oltre 30.000 persone scese nelle piazze e nelle strade, in cortei e presidi in tutta la città. Lo stesso numero che già era stato registrato per il corteo di sabato 20 settembre, un lungo e composto serpente di cittadini che per tre ore abbondanti aveva sfilato nel centro del capoluogo sabaudo.
Ma se già la marcia del weekend ha avuto un carattere di eccezionalità per una partecipazione che, a memoria, poche volte si era vista a Torino, la giornata di lunedì è stata qualcosa di totalmente inedito. E, va sottolineato, totalmente pacifico.
Gli organizzatori (il sindacato USB, le associazioni studentesche, il tenacissimo comitato Torino per Gaza che fa presìdi da mesi) sono riusciti a coordinare una manifestazione diffusa, che per una volta non è rimasta concentrata nel centro, ma ha toccato tutte le periferie e i punti nevralgici della città, bloccando i binari ferroviari, l’ingresso della tangenziale e persino, in serata, l’imbocco dell’autostrada A4 Torino-Milano.
La manifestazione è cominciata prestissimo, alle 7.30 del mattino, con un gruppo ancora poco numeroso di manifestanti che ha impedito l’ingresso alle lezioni presso il campus Luigi Einaudi, sede delle università umanistiche. Poi gli studenti si sono diretti verso il centro, invadendo corso Regina Margherita, arteria principale del capoluogo piemontese. Davanti alla stazione di Porta Nuova, nel cuore storico di Torino, migliaia di cittadini e migliaia di bandiere della Palestina li aspettavano, per poi riversarsi come un fiume verso il centro, dividendosi in diverse direzioni: verso l’ospedale delle Molinette, verso i Murazzi e piazza Castello, verso le periferie e corso Unità d’Italia.
Come nella marcia di sabato, e come in tutte le manifestazioni di questi mesi, la folla scesa in piazza non era composta dai “professionisti delle proteste”: a chiedere di fermare il genocidio c’erano le persone “normali” (e mi si passi il termine orrendo), gli studenti, i commercianti (tante le serrande dei negozi abbassate e le bandiere esposte), i dipendenti pubblici, gli insegnanti, gli anziani, i bambini, intere famiglie. Gente che arrivava in bicicletta (‘chè i mezzi pubblici erano bloccati) e a piedi. Gente che non aveva mai partecipato a cortei e scioperi, e che era lì con il sorriso, felice di essere insieme ad altre migliaia per fare finalmente qualcosa e vincere l’impotenza.
Napoli: anche lo Stadio Maradona si riempie per Gaza
(Stefania Divertito)
Fino a sera Napoli ha indossato i colori della Palestina: rosso, verde, nero e bianco nei veli dei foulard, nelle bandiere che sventolavano, fino agli spalti dello Stadio Maradona, dove in curva B i tifosi del Napoli-Pisa hanno esposto maglie e vessilli palestinesi, trasformando una partita in segnale di solidarietà. La giornata di protesta è iniziata a piazza Mancini, con un presidio che presto si è trasformato in corteo verso la stazione Centrale. Piazza Garibaldi si è riempita di cori, striscioni e fumogeni, le pensiline affollate da slogan che interrompevano i normali ritmi dei treni. Napoli ha risposto alla chiamata con il suo classico calore e folclore: anche molti ristoranti hanno sfoggiato bandiere della Palestina e bloccato per ore la cucina.
“Free Palestine” campeggiava su cartelli e drappi, amplificato da tamburi e megafoni. Dal cuore della città il corteo si è allargato su corso Garibaldi e corso Umberto, bloccando il traffico, intrecciando il ritmo dei passi con clacson e applausi da parte degli automobilisti rimasti fermi.
Non sono mancati gesti forti: in alcuni punti i manifestanti hanno bruciato foto della presidente del Consiglio e del premier israeliano, scelta che ha chiaramente attirato le polemiche. I disagi non sono stati secondari: stazioni in tilt, Circumvesuviana rallentata, mezzi pubblici bloccati. Ma la giornata è stata soprattutto visibilità, un rifiuto della distanza.
Migliaia i partecipanti: studenti, lavoratori, famiglie, anche tifosi. La richiesta resta la stessa che ha attraversato piazze e stadi: cessate il fuoco immediato, stop agli accordi con Israele, che l’Italia e l’Europa scelgano la dignità umana come bussola.
Immagine: Torino (G. Marino)