Da 320 a 116 milioni di euro in tre anni. Un taglio del 63%, che nel 2027 raggiunge l’80%. Sono i numeri contenuti nel disegno di legge di bilancio 2026 attualmente in discussione al Senato, e riguardano il Fondo per il finanziamento di specifiche strategie di intervento volte al miglioramento della qualità dell’aria nella Pianura Padana. Un colpo che rischia di vanificare anni di sforzi proprio quando i territori più inquinati d’Europa stavano mostrando i primi, fragili segnali di miglioramento.
Legambiente nazionale e i suoi comitati regionali del Nord Italia hanno denunciato con forza questa scelta. “La decisione del governo di ridurre drasticamente le risorse destinate al Fondo per il miglioramento della qualità dell’aria nel bacino padano è grave e incomprensibile, soprattutto perché arriva nel momento in cui i territori più esposti all’inquinamento atmosferico stanno mostrando i primi segnali concreti di miglioramento grazie agli sforzi degli ultimi anni”, si legge nella nota dell’associazione ambientalista.
Il taglio dei fondi per la qualità dell’aria
Il capitolo 8.404 della proposta di bilancio redatta dal ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti per il Ministero dell’ambiente racconta una storia precisa. A legislazione vigente, per il triennio 2026-2028 erano previsti 320 milioni di euro: 105 milioni ciascuno per il 2026 e 2027, 110 milioni per il 2028. Con l’applicazione della nuova legge di bilancio, resterebbero soltanto 116 milioni di euro, con un taglio di 204 milioni.
Il colpo più duro si abbatterebbe sul 2027, quando i fondi passerebbero da 105 a 20 milioni (-80%), e sul 2028, con un calo da 110 a 25 milioni (-76%). È probabilmente a quest’ultimo dato che fa riferimento Legambiente quando parla di un taglio del 75% del fondo. Risorse che dovrebbero finanziare l’attuazione dei piani regionali della qualità dell’aria proprio quando – nonostante condizioni strutturalmente sfavorevoli come la conformazione geografica chiusa e l’elevata densità antropica – le regioni e le città padane stavano dimostrando la volontà di un deciso cambio di passo per ridurre i livelli di inquinamento.
I dati, per quanto ancora drammatici, avevano iniziato a raccontare una storia diversa. Il Veneto, ad esempio, sta registrando dati che potrebbero portare a un 2025 senza superamenti oltre i 35 giorni del limite dei 50 μg/m³ di PM10 nella maggior parte delle centraline – un risultato mai visto negli ultimi vent’anni. Certo, la situazione resta grave: secondo l’Agenzia europea per l’ambiente (EEA), tra le dieci città europee con la peggiore qualità dell’aria, tre si trovano proprio in Veneto: Vicenza, Padova e Verona.
Anche in Lombardia il trend, seppur fragile, è in miglioramento. In Piemonte la qualità dell’aria ha iniziato lentamente a beneficiare delle misure adottate nell’area torinese. L’Emilia-Romagna sta osservando una progressiva riduzione degli inquinanti, frutto di politiche integrate su mobilità, agricoltura ed efficienza energetica. Ed è proprio ora, mentre questi segnali indicano una tendenza positiva, che il Governo sceglie di lasciare soli e senza risorse i territori più complicati del paese.
Le critiche alla proposta
Senza finanziamenti adeguati, il rischio è che molte delle azioni previste per i prossimi anni vengano ridimensionate o addirittura cancellate, con conseguenze gravi sia per la salute delle persone sia per il percorso di allineamento dell’Italia agli standard europei. “Lasciare a terra la salute dei cittadini del bacino padano è un errore enorme”, commenta Legambiente. “Tagliare le risorse proprio ora, quando i primi risultati dimostrano che investire nella qualità dell’aria funziona e che serve attivare misure più incisive nei settori dei trasporti, dell’agricoltura e del riscaldamento domestico, è un atto irresponsabile che mette a rischio la salute di 25 milioni di cittadini del bacino padano.”
Angelo Bonelli, portavoce nazionale di Europa Verde, sentito da Materia Rinnovabile, non usa mezzi termini: “È un governo nemico dell'ambiente. Tutti i provvedimenti che si stanno contraddistinguendo con il governo Meloni rappresentano un attacco seriale all’ambiente e alla natura: dalla legge sulla deforestazione a cui hanno detto no in Europa, fino all’attacco alle specie animali protette. Adesso questo taglio ai fondi per la qualità dell’aria: siamo veramente all’assurdo. Da un lato potenziano la politica energetica basata sul gas che sta facendo arricchire le società energetiche italiane che in tre anni hanno fatto 70 miliardi di euro di profitti, dall’altro ci troviamo di fronte a questo attacco alla salute, di fronte al fatto che lo smog è il killer della salute”.
Anche dal Movimento 5 Stelle arrivano critiche durissime. Paola Pollini, consigliera regionale in Lombardia, sottolinea una contraddizione evidente: “Pochi giorni fa il centrodestra in regione Lombardia ha approvato l’aggiornamento del piano per la qualità dell’aria. Un settore molto importante per la tutela dell’ambiente e quindi della salute in una delle regioni più inquinate d’Europa. Il medesimo centrodestra, però, a livello parlamentare e di governo nazionale si appresta a fare un taglio del 75% alle risorse ministeriali destinate al fondo per il miglioramento della qualità dell’aria nel bacino padano. Se il taglio verrà confermato, il governo Meloni di fatto farà crollare i trasferimenti statali destinati a questo settore proprio contraddicendo quanto il centrodestra predica a livello regionale. Come M5S continueremo a chiedere un’inversione di rotta e misure concrete di intervento, che comprendano maggiori risorse da investire e non tagli scriteriati al bilancio”.
La giustificazione del governo
Di fronte alle proteste, dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica ci arriva una giustificazione: il problema non era la gestione del fondo, o la sua possibile inefficacia, il fondo va bene, dicono dal MASE, c’è stata una quarantina di progetti approvati per le quattro regioni. Il MASE spiega che altri soldi sull’aria sono previsti nel Piano di azione nazionale per il miglioramento della qualità dell’aria approvato dal Consiglio dei ministri il 20 giugno scorso: un impegno da quasi 2,4 miliardi di euro, di cui circa 1,8 a carico del MASE.
Il Piano, pubblicato in Gazzetta ufficiale e con una durata iniziale di 24 mesi, prevede interventi in quattro ambiti principali: riduzione delle emissioni in agricoltura attraverso tecniche a basso impatto, promozione della mobilità sostenibile, incentivi per impianti più efficienti nel riscaldamento civile, e campagne di comunicazione. Tra le misure più significative, 800 milioni di euro per incentivare la mobilità su percorsi casa-scuola e casa-lavoro, trasporto pubblico locale e sharing mobility, oltre a sconti per l’elettrificazione delle banchine nei porti (cold ironing) per ridurre le emissioni delle navi ferme.
Il Piano si rivolge prioritariamente alle 11 regioni sottoposte a infrazione europea per superamento dei limiti di qualità dell’aria: Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto. È stata istituita una cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio, mentre le funzioni di monitoraggio e coordinamento sono affidate al MASE in collaborazione con ISPRA, con controlli trimestrali sull’attuazione delle misure.
I rischi per la salute
Ma la sostituzione di fondi certi e dedicati al bacino padano con un Piano nazionale più ampio e frammentato non convince le associazioni ambientaliste. Anche ISDE, l’associazione dei medici per l’ambiente, è intervenuta con un comunicato molto duro. “Tagliare gli investimenti sulla qualità dell’aria equivale a tagliare sulla salute dei cittadini”, afferma Roberto Romizi, presidente di ISDE Italia. “La comunità scientifica è unanime nel dichiarare che l’inquinamento atmosferico è uno dei principali determinanti di malattia e morte prematura nel nostro paese. Di fronte a evidenze così chiare, non possiamo accettare passi indietro. Chiediamo con fermezza che il Parlamento ripristini subito le risorse per il risanamento dell’aria. Ogni euro sottratto a queste misure si traduce in più ricoveri, più sofferenze, più costi per il sistema sanitario e, soprattutto, in vite spezzate che potevano essere evitate.”
I numeri, d’altronde, parlano chiaro. Secondo i dati più recenti dell’Agenzia europea per l’ambiente relativi al 2023, le vittime del PM2,5 (particolato fine) in Europa sono state circa 238.000, e tra queste quelle italiane sono state 43.000, collocate prevalentemente in Pianura Padana. Una triste conta che porta l’Italia a essere ancora maglia nera europea per i decessi causati dall’esposizione al PM2,5. Resta da vedere se il Parlamento, durante l’iter di approvazione della legge di bilancio, accoglierà queste richieste o se confermerà un taglio che rischia di trasformarsi in una sentenza per la salute di milioni di cittadini che vivono e lavorano nella zona più inquinata d’Europa.
In copertina: immagine Envato
