Questo articolo è disponibile anche in inglese / This article is also available in English

La qualità dell’aria in Europa è ancora scadente: nonostante alcuni miglioramenti nella riduzione dell’inquinamento, infatti, servono nuove misure per soddisfare pienamente gli attuali standard dell’Unione Europea (UE). La situazione è più critica nelle città, con conseguenze sulla salute (e non solo) di chi ci abita. Migliorare la qualità dell’aria è quindi sempre più necessario, anche in vista degli ambiziosi standard per il 2030 approvati dall’UE a fine 2024, che si avvicinano a quelli dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).

È questo in estrema sintesi il contenuto del rapporto sullo stato della qualità dell'aria 2025 dell’Agenzia europea dell’ambiente (EEA), pubblicato ad aprile 2025.

Nuove linee guida graduali per l’inquinamento

Il report presenta un'analisi delle ultime concentrazioni ufficiali riportate dall’EEA nel 2023 e 2024 e le mette a confronto con le direttive europee e le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità.

Le misure dell’OMS sono “molto stringenti”, spiega a Materia Rinnovabile Jaume Targa, consulente ambientale e coautore del report EEA, perché “non esistono livelli di sicurezza per l'inquinamento atmosferico.” Infatti, “qualsiasi tipo di inquinamento di lieve entità avrà un impatto sulla salute.” È per questo che le linee guida dell’OMS sono articolate in una roadmap che prevede il raggiungimento di obiettivi graduali.

“Avere livelli intermedi permette ai paesi che non sono tanto avanzati quanto, ad esempio, l'Europa, di avere almeno questo primo livello target come obiettivo e poi progredire lentamente”, aggiunge Joana Soares, studiosa di impatti ambientali e sostenibilità e coautrice del report.

Anche la nuova legislazione europea, che entrerà in vigore pienamente nel 2030, prevede una tabella di marcia con valori da raggiungere gradualmente, affinché “i paesi possano effettivamente adottare misure nella giusta direzione senza dover fare un salto così grande che non lo farebbe nessuno”, spiega Targa.

Meno inquinanti in Europa

In Europa, alcuni inquinanti, il benzene e il cadmio, sono oggi già conformi agli standard dell'Unione Europea. Altri, come il diossido di zolfo, il monossido di carbonio, il piombo, l'arsenico o il nickel, sono stati significativamente ridotti negli ultimi decenni.

Sono calate anche le percentuali di alcuni tra gli inquinanti più tossici. Infatti, i livelli di diossido di azoto (NO₂) “sono diminuiti di circa il 38% nel periodo 2005-2021, anche se esistono notevoli differenze tra i paesi, con una situazione peggiore nelle città in cui il traffico è la principale fonte di NO₂”, spiegano a Materia Rinnovabile due esperti di qualità dell’aria dell’EEA, Alberto González Ortiz (a sua volta coautore del report) e Silvia Monge. “Per lo stesso periodo, anche i livelli di PM sono diminuiti nel tempo: le concentrazioni di PM10 sono diminuite del 42% tra il 2005 e il 2021, con una tendenza simile osservata per il PM2,5.”

Gli esperti dell’EEA aggiungono anche che “per quanto riguarda le stazioni che attualmente presentano valori superiori agli standard 2030, il 71% di esse è rappresentato da stazioni di traffico, evidenziando ancora una volta la necessità di continuare a concentrarsi su questa principale fonte di NO₂.”

Traffico urbano e diossido di azoto

Le – ancora alte – percentuali di diossido di azoto hanno pesanti ripercussioni sulla salute delle vie respiratorie e dei polmoni. Per fronteggiarle, una delle “misure chiave” è avere “meno auto nelle nostre città”, commenta Targa, che ci spiega anche che bisognerebbe implementare misure per incentivare i cittadini a muoversi usando il trasporto pubblico.

Insiste sull’importanza del concetto della “città dei 15 minuti”, un modello di pianificazione urbana che permette alle persone di raggiungere i servizi essenziali di cui hanno bisogno in un breve lasso di tempo, camminando o usando la bicicletta.

“Dobbiamo cambiare la nostra mentalità sulla necessità di prendere l’automobile per tutto quello che dobbiamo fare su base quotidiana”, dice Targa. Questo passaggio, però, non è semplice, perché “in noi è radicato il concetto che le auto sono importanti. Nel Sud Europa parte della nostra economia è stata fondata sul costruirle, e ora dobbiamo effettuare una transizione per non usarle più, o, se dobbiamo farlo, scegliere la soluzione più pulita possibile.”

La diminuzione delle polveri sottili

Il report spiega che dal 2011 tutti i paesi dell’Unione Europea hanno ridotto l'esposizione della popolazione urbana alle particelle fini PM2,5, una tipologia di polveri sottili particolarmente pericolose per la salute. La diminuzione è correlata con la diminuzione della combustione del carbone.

Nonostante questo risultato positivo, il 94% delle persone che vivono nelle città dell’UE rimane ancora esposto a concentrazioni di PM2,5 superiori ai valori guida dell'Organizzazione mondiale della sanità. Permangono poi alcune differenze tra Europa centrale e orientale. Infatti, chiarisce Soares, “in Est Europa, ci sono ancora molte industrie che usano il carbone”, inoltre la deindustrializzazione del continente europeo è avvenuta anche perché le fabbriche (e quindi l’inquinamento) sono state collocate altrove nel mondo.

Le fonti di PM2,5 e PM10

Oggi in Europa le emissioni di PM2,5, come quelle di PM10, sono legate soprattutto al settore del riscaldamento residenziale. “Il consumo di combustibili solidi come il legno e il carbone nelle case è il principale responsabile di queste emissioni in Europa, con oltre il 50% del PM2,5 e circa il 40-45% del PM10 in alcuni paesi,” precisa a Materia Rinnovabile Eduardo Yubero Funes, professore associato dell’università Miguel Hernández di Elche, in Spagna.

“Affrontare questo settore è difficile perché le emissioni provengono da innumerevoli fonti sparse: le singole abitazioni. Molte di queste si affidano a sistemi di riscaldamento obsoleti, privi di adeguati controlli delle emissioni. Aggiornarli è costoso e in alcune parti dell'Europa centrale e orientale i combustibili solidi sono sia accessibili sia ben radicati nella tradizione, il che rende difficile imporre cambiamenti o modificare i comportamenti.”

“La rete di monitoraggio e l'approccio modellistico dell'EEA forniscono dati preziosi sui livelli di PM2,5 e PM10, ma non colgono appieno la variabilità spaziale e stagionale”, aggiunge poi Yubero Funes. “Sebbene la rete sia estesa, presenta delle lacune, soprattutto nelle aree rurali o remote dove l'inquinamento proveniente da fonti come l'agricoltura o il riscaldamento residenziale è significativo. Anche i modelli stagionali, come la combustione invernale del legno o la combustione agricola durante il raccolto, possono essere sottorappresentati, in particolare nelle regioni con poche stazioni di monitoraggio. L'integrazione di sensori a basso costo in futuro potrebbe colmare queste lacune, offrendo dati più diffusi e in tempo reale per monitorare meglio i livelli di particolato e le loro fluttuazioni.”

Inquinamento dell’aria, le stazioni e i dati dell’EEA

Il monitoraggio dell’Agenzia europea dell’ambiente avviene regolarmente tramite il posizionamento di stazioni che misurano la qualità dell’aria, classificate come urbane, suburbane e rurali, a seconda dell'area in cui si trovano. “L'analisi dei dati provenienti da questi diversi siti di monitoraggio consente di effettuare confronti tra città e altre località, permettendo di valutare le variazioni spaziali della qualità dell'aria e di identificare i punti critici dell'inquinamento”, aggiungono Ortiz e Monge.

Inoltre le stazioni sono, afferma Targa, “circa 4.000 negli stati membri dell’Unione Europea, ma abbiamo anche dati dai paesi dell’EFTA (Associazione europea di libero scambio), incluse Norvegia, Islanda, Svizzera, e dai Balcani. Anche la Turchia ha partecipato a questo report.”

Nessun dato invece dall’Ucraina, a causa del conflitto in corso, che “ha un impatto enorme sulla qualità dell'aria e ancora una volta sul PM2,5”, spiega Soares. “Penso che le conseguenze saranno soprattutto relative ai metalli pesanti. Presto o tardi, avremo la pace e dovremo gestire questi problemi.”

“Per ripulire davvero l'aria abbiamo bisogno di misure aggiuntive”

Il report ha attratto anche alcune critiche per la modalità con cui comunica con chi non è del settore. Secondo Yubero Funes, “sebbene la relazione dell'EEA sia approfondita e ben studiata, la sua capacità di comunicare con i non addetti ai lavori e i responsabili politici potrebbe essere migliorata semplificando i concetti complessi e fornendo raccomandazioni più chiare e orientate all'azione.”

“Il report chiede regole più severe sulla qualità dell'aria, una maggiore applicazione delle norme e tecnologie più pulite, ma non affronta appieno gli ostacoli economici, sociali e culturali in molte aree dell'UE dove l'inquinamento è ancora elevato, soprattutto a causa del riscaldamento residenziale, dell'agricoltura e dei trasporti”, conclude il professore.

“Per ripulire davvero l'aria, abbiamo bisogno di misure aggiuntive come il sostegno finanziario per i sistemi di riscaldamento ecologici, regole più severe sulle emissioni non di scarico dei veicoli [NEE, cioè le emissioni che non sono prodotte dagli scarichi delle vetture, come quelle rilasciate dagli pneumatici, ndr] e aiuti per pratiche agricole più ecologiche. Dovrebbero essere lanciati piani d'azione specifici per regione, mirati a particolari fonti di inquinamento, e campagne di sensibilizzazione per la salute pubblica.”

 

In copertina: Bucarest, immagine Envato