Con il fucile in spalla fin sulla spiaggia, in foreste demaniali, o in riserve di caccia che richiamano turisti-cacciatori internazionali, inseguendo specie finora protette come oche selvatiche, stambecchi e forse sciacalli dorati. Sono alcune delle proposte contenute negli emendamenti con cui alcuni parlamentari di maggioranza vorrebbero rendere ancora più radicale il disegno di legge Malan, che riscrive la norma sulla gestione della fauna dando più libertà ai cacciatori.

Dopo estenuanti discussioni in commissione e una massiccia mobilitazione delle associazioni contrarie, l'approvazione sembra destinata a slittare fino al nuovo anno. Animalisti e ambientalisti, però, temono che alcune delle proposte possano entrare per vie traverse, come emendamenti nella legge di bilancio, come già avvenuto in passato.

Cammino accidentato

Il DDL, che modifica profondamente la legge attuale sulla caccia, risalente al 1992, ha avuto un percorso turbolento sin dall'inizio, tra bozze diffuse dai giornali, smentite e poi riconfermate, il tentativo − sventato dalle opposizioni − di garantirgli un iter "blindato" nelle commissioni agricoltura e ambiente del Senato senza voto in aula. Sullo sfondo, una mobilitazione massiccia di associazioni come WWF (la cui petizione Stop caccia selvaggia sfiora oggi le 100.000 firme), ENPA e LIPU. Infine, oltre 2.000 emendamenti depositati da maggioranza e opposizione.
A settembre c'era stata un'accelerazione, con sedute fiume fino a tarda sera, che sembrava preludere a un'approvazione imminente. Invece la votazione è stata più volte rimandata. Con le aule che occupate ora dalle discussioni sulla legge di bilancio, tutto lascia supporre che il DDL non diventerà realtà prima dell'anno nuovo. In attesa che le cose si sblocchino, le modifiche proposte restano sul piatto.

A caccia (quasi) ovunque

Circa cento emendamenti provengono da esponenti della maggioranza e, perciò, hanno una concreta possibilità di passare. Alcuni puntano a modificare la filosofia della legge in vigore sin dal titolo (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) eliminando la parola "protezione" in favore di "gestione".

Altri, più eclatanti, puntano a estendere le aree di caccia fino alle coste, con l'eccezione (forse) degli stabilimenti balneari. "Queste proposte erano in una bozza che avevamo ottenuto nei mesi scorsi: il governo ci accusò di diffondere fake news, ma i fatti ci danno ragione", commenta Domenico Aiello, responsabile della tutela giuridica della natura del WWF.

L'aumento delle aree di caccia è già previsto dal testo base: si va dal demanio forestale ai terreni innevati (e, da alcuni emendamenti, le superfici ghiacciate), dove finora è vietata, anche a causa del fatto che sarebbe troppo facile seguire le tracce degli animali, e pone dei limiti all'estensione delle aree protette.

"Oltre alle gravi ripercussioni sulla fauna queste modifiche incidono su libertà di movimento, sicurezza dei cittadini e salute pubblica, come nel caso dei vivai con alberi da frutto, finora off-limits per evitare contaminazioni dei prodotti agricoli", commenta Aiello.

Più specie cacciabili, più a lungo

L'allentamento delle regole in molti emendamenti si traduce anche nelle modalità di caccia e nella lunghezza della stagione venatoria. Se già il testo base riduce l'autorità di ISPRA su proroghe e specie cacciabili, il senatore Amidei (FI) vorrebbe trasferire alle regioni anche le competenze su impianti di cattura e inanellamento degli uccelli usati come richiami vivi. Proprio la cattura dei richiami, già fortemente deregolamentata dal DDL, verrebbe potenzialmente estesa a tutte le specie di uccelli.

L'emendamento 11.8 faciliterebbe l'allungamento del periodo di caccia, cancellando l'obbligo di anticipare la chiusura in caso di preapertura e cancellando il limite temporale massimo per ciascuna specie, mentre vengono proposte sanatorie per i divieti di caccia in periodo di nidificazione e migrazione prenuziale.

La caccia notturna resta vietata, ma il DDL autorizza strumenti come i visori che si spiegano soprattutto al buio. Ora, alcuni emendamenti consentirebbero gli appostamenti per gli uccelli acquatici fino a un'ora dopo il tramonto, come già avviene per i cinghiali. Si propone anche la possibilità di cacciare da barche in movimento, e vengono autorizzati i silenziatori. 
Altri emendamenti propongono di aumentare le specie cacciabili includendo lo stambecco, il piccione selvatico e l'oca selvatica mentre Meinhard Durnwalder (SVP) e De Carlo (FdI) vorrebbero ridurre lo status di protezione di sciacallo dorato (specie rigorosamente protetta) e  lupo.

Un capitolo a sé è quello del turismo venatorio: già presente nel DDL, ma ampliato in alcuni emendamenti, consentirebbe alle aziende proprietarie dei terreni di fare profitto anche ospitando cacciatori dall'estero.

Aiello e le associazioni ambientaliste non hanno dubbi: gli emendamenti, apparentemente scollegati, sono parte di un disegno più ampio e coerente. Se il DDL è fermo, infatti, alcuni provvedimenti fortemente voluti dal mondo venatorio sono stati già approvati in altre sedi, come l'eliminazione del divieto di cacciare ai valichi montani, inserito nella Legge Montagna approvata a settembre, o la possibilità di sparare in città e nelle aree protette che ha portato all'apertura di una procedura d'infrazione europea.

"Questa è una legge delle lobby, hanno paura di quello che percepisce l'opinione pubblica”, dice Aiello. “Proprio per questo ci aspettiamo che portino avanti le loro istanze lavorando nell'ombra, per esempio inserendole in forma di emendamenti nella Legge di bilancio. In questa legislatura l'hanno già fatto due volte."

"Poca concretezza, molta retorica"

Nel mezzo di un dibattito sempre più polarizzato, il giurista Marco Olivi, docente all’Università Ca’ Foscari di Venezia dove dirige un master in amministrazione e gestione della fauna selvatica, preferisce restare su un piano tecnico. A suo giudizio, molte delle proposte più eclatanti del DDL sono destinate a cadere: "Ci sono aspetti in aperto contrasto con le Direttive uccelli e habitat. Al primo ricorso, qualsiasi giudice applicherà la norma europea, che prevale su quella italiana, non ha neppure senso discuterne". Ma lo studioso critica anche il tono del confronto politico: "Ci si arrocca su termini generali, per altro superati. Non è più sufficiente parlare di gestione, protezione o tutela, perché la nuova frontiera è il ripristino ambientale. Ma soprattutto si riduce la questione a un gioco di parole, anziché ricondurla a elementi concreti". Per esempio, sottolinea, si continua a ignorare la figura professionale del tecnico faunistico, prevista sin dalla legge del 1992 e mai regolamentata a livello nazionale, un’occasione mancata anche da questo DDL.

Il giurista ne ha anche per le associazioni, a suo dire impegnate in una contrapposizione totale sulla caccia. "Un errore di prospettiva, visto che è solo una parte del tema più ampio della gestione della fauna." E conclude: "Entrambe le parti fanno prevalere la retorica in ragione di uno scontro politico, con le inevitabili radicalizzazioni del conflitto rispetto alle ragioni di tutela della natura. L'ambiente, la fauna e le persone che la vivono o aspirano a viverla meritano ben altro".

 

In copertina: immagine Envato