Allungamento del calendario venatorio, estensione delle aree cacciabili e ritorno ai richiami vivi: sono solo alcune delle potenziali modifiche alla legge sulla caccia di cui si sta discutendo in questi giorni.

La legge sulla caccia n. 157 dell’11 febbraio 1992 per la prima volta aveva regolamentato l’attività venatoria in Italia. Composta da 18 articoli, la bozza del nuovo disegno di legge, se approvata, modificherebbe nettamente le regole che limitano la caccia, rischiando di scontrarsi non solo con l’articolo 9 della Costituzione, che riguarda la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, ma anche con le normative europee, come la direttiva uccelli.

Il provvedimento, ancora in discussione, mira a ridefinire in profondità i criteri di gestione e protezione della fauna selvatica omeoterma, ovvero gli animali, come uccelli e mammiferi, che mantengono stabile la propria temperatura corporea. L’obiettivo dichiarato è tutelare gli habitat naturali ma questo principio sembra in contraddizione con un altro punto presente nello stesso disegno di legge, cioè il riconoscimento della licenza per l’attività venatoria in Italia ai cittadini stranieri (con abilitazioni equiparabili nel continente europeo), che difficilmente svilupperebbero un legame di tutela con il territorio. Infatti il documento introdurrebbe questa possibilità “nell’ottica di favorire il turismo venatorio”. Inoltre, il disegno di legge interviene anche sul prelievo venatorio (cioè cattura e abbattimento di fauna selvatica) con nuove modalità che però potrebbero favorire il bracconaggio.

Materia Rinnovabile ha esaminato la bozza del DDL caccia e ne ha parlato con Giovanni Albarella, responsabile antibracconaggio e attività venatoria della LIPU (Lega italiana protezione uccelli).

Giovanni Albarella

Dalla bozza, si evince che saranno le regioni a decidere in merito alla possibilità di allungare il calendario venatorio, anziché l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). Quali sono le conseguenze di questo cambio?

Al momento la legge prevede che l'attività venatoria sia consentita fino al 31 gennaio, più un’eventuale estensione di dieci giorni a febbraio, previo parere vincolante dell'ISPRA. Questo vuol dire che, se l'ISPRA esprime un parere contrario all'ampliamento del periodo venatorio, la regione non può attuarlo. Con questa modifica, invece, sparisce il parere vincolante e anche il termine dei dieci giorni. Quindi, si avrebbero due effetti. Uno sulla fauna selvatica, perché già a febbraio alcune specie sono nel periodo della riproduzione e altre nel periodo della migrazione nuziale, cioè hanno iniziato a spostarsi verso i luoghi dove si riproducono. E avremmo anche un secondo effetto sulle persone, perché sappiamo che negli ultimi anni molte si dedicano ad attività outdoor già nei mesi primaverili. In tal senso, la presenza di persone che vanno in giro armate, ancorché legittimate, potrebbe essere un problema.

A questo proposito, c’è molta preoccupazione per l’apertura alla caccia nelle aree demaniali, che includono anche spiagge, foreste e praterie.

È correlato: l’estensione non solo temporale, ma anche spaziale della possibilità di svolgere l'attività venatoria può costituire un problema per le persone che invece amano passeggiare in piena tranquillità e in sicurezza.

Oltre all’estensione delle aree cacciabili, però, il documento menziona anche delle zone protette in cui l’attività venatoria è proibita. La ritiene una forma di compensazione adeguata?

Nella bozza non si fa altro che stilare un elenco di aree protette, come parchi regionali e nazionali, che in realtà nella versione attuale e vigente della legge sono già presenti. Anzi, nella bozza è scritto che le regioni hanno l'obbligo di ridurre le aree protette dove queste superano il 30% del territorio regionale e, nel caso in cui non intervengano in tal senso, lo farà direttamente il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.

Il disegno di legge modifica anche gli orari in cui è possibile cacciare, che vengono estesi per mezz’ora dopo il tramonto. Quali sarebbero le conseguenze di questa estensione?

Mezz'ora dopo il tramonto significa esercitare l'attività venatoria in una condizione di luce non ottimale. Questa scarsità di luminosità potrebbe quindi portare chi pratica l'attività venatoria ad abbattere una specie anziché un'altra. Inoltre, come detto prima, ci potrebbero essere anche problemi per l'incolumità pubblica, anche fra i cacciatori stessi.

Un altro tema molto controverso è l’ampliamento delle specie di uccelli che si possono utilizzare come richiami vivi, che passa da 7 a 47.

Sicuramente ci sono vari problemi a riguardo. La cosa più grave è che si ritornerebbe alla cattura di uccelli selvatici, che da tempo non è più praticata in Italia, perché l'utilizzo delle reti a questo scopo costituiva una violazione della Direttiva uccelli. Un altro elemento critico è l'estensione delle specie che sarebbe possibile catturare: si condannerebbero all'ergastolo milioni e milioni di uccelli che vivono in natura. Ma nella bozza c’è anche la possibilità di utilizzare come richiamo vivo un animale a cui il cacciatore ha sparato ma che non è morto. Questo verrebbe curato, non si sa da chi, per essere usato a tale scopo: è un'altra aberrazione. Un ulteriore problema è come sarebbe poi possibile distinguere un animale a cui il cacciatore ha sparato da uno che il cacciatore si è procurato in modo illecito. In linea generale, la LIPU considera la pratica dei richiami vivi, già come è prevista adesso, una barbarie che dovrebbe essere abolita del tutto: quella contenuta nella bozza sarebbe lo sarebbe ancora di più.

Ha già menzionato le violazioni della Direttiva uccelli. Ci sono altre norme europee con cui il testo della bozza del DDL caccia entra in opposizione?

Partirei da una considerazione. Attualmente, l’Italia è sotto procedura di infrazione della Direttiva uccelli, nonché per la violazione del regolamento REACH, perché non viene applicato il bando all'utilizzo delle munizioni contenenti piombo nelle zone umide, come invece stabilisce la normativa. Oltre a ciò, la Commissione europea ha aperto contro l’Italia una procedura EU Pilot [un dialogo informale che precede l'avvio di una procedura di infrazione formale, ndr] in cui vengono sollevate varie criticità. Tra queste, il problema del bracconaggio dilagante, su cui l’Italia non sta facendo quasi niente, ma anche il fatto che già adesso in certe regioni viene consentita la caccia durante la migrazione prenuziale o nei confronti di alcune specie in cattivo stato di conservazione senza che vi siano piani di gestione (o che siano presenti ma non vengano applicati). Considerando che questo è il quadro di partenza, con l’approvazione delle norme contenute nella bozza del DDL caccia la situazione dell’Italia diventerebbe più grave e andremmo sicuramente incontro a ulteriori procedure di infrazione.

 

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In copertina: foto di Jim NZ, Unsplash