Un’onda di preoccupazione attraversa la Sicilia, minacciando uno dei suoi simboli più celebrati nel mondo: il vino. Con l’imposizione di dazi statunitensi al 15% il settore vitivinicolo siciliano si trova di fronte a una sfida senza precedenti.
Per Assovini Sicilia, la realtà è cruda: il mercato nordamericano, strategico per l’82,6% delle imprese associate, si conferma uno sbocco che “non si può sostituire”. È un dato che risuona come un campanello d’allarme, sottolineando la dipendenza strategica e l’impossibilità di dirottare con facilità tali flussi commerciali.
Mariangela Cambria, presidente di Assovini Sicilia, pur riconoscendo la difficoltà di fare stime immediate poiché occorreranno almeno sei mesi per comprendere appieno le reazioni di importatori, distributori e consumatori statunitensi a fronte di un probabile/inevitabile, aumento dei prezzi, rimane fiduciosa per la fascia di alta qualità: “Chi la ama, come quella dei vini siciliani, continuerà ad apprezzare e comprare i nostri vini. Sicuramente a essere penalizzata sarà la fascia entry level mentre sulla fascia premium l’aumento dei prezzi non sarà eccessivamente rilevante. Il vino siciliano, con la diversità di varietà, territori e areali, ha un forte appeal sul consumatore americano”.
La presidente ha rimarcato che il vino non è un mero prodotto commerciale, ma un ambasciatore culturale: “Quando esportiamo vino non esportiamo una bevanda, ma una storia legata alla terra, alle famiglie, ai territori, all’archeologia”. L’export, per la Sicilia, trascende il guadagno economico, diventando veicolo di un’immagine dell’isola: “Elegante, dal profilo imprenditoriale e manageriale competitivo, con radici nel passato ma capace di una visione contemporanea e futura”.
Vino siciliano: rotte globali e strategie vincenti per l’export di qualità
Secondo l’ultimo report di Assovini Sicilia, curato dall’Università degli studi di Messina, l’Europa si conferma il principale mercato di esportazione per il 95,7% delle imprese, seguita dal Nord America per l’82,6% delle imprese, che sottolinea l'interesse per vini di qualità e autenticità. L’Asia emerge come mercato significativo per il 63% delle imprese, l’Oceania per il 30,4%, mentre il Sud America rappresenta lo sbocco internazionale solo per il 15,2% delle imprese e l’Africa per un modesto 6,5%.
Questi dati confermano la natura strategica e insostituibile del mercato statunitense. Di conseguenza, Assovini sottolinea l'importanza di diversificare i mercati legati all’export, esplorandone di nuovi, intercettando le nuove tendenze e diversificando la comunicazione.
L’associazione promuove e supporta, anche tramite l’OCM (organizzazione comune di mercato), ogni azione di promozione all'estero. La regione Sicilia, attraverso il Dipartimento agricoltura, sostiene il settore vitivinicolo con progetti e iniziative nell’ambito del PSR (Programma di sviluppo rurale) e OCM vino, mirati a migliorare competitività, sostenibilità e innovazione del comparto. “L’auspicio è che ci siano sempre più iniziative a supporto del settore, come finanziamenti per investimenti, promozione sui mercati esteri e sostegno alla ristrutturazione dei vigneti”, conclude Cambria.
Tra esportazioni a picco e centomila posti di lavoro a rischio
Lo scorso luglio Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, ha aggiornato le proprie stime sull’impatto dei dazi per l’economia italiana, in considerazione della portata economica di un’aliquota generalizzata al 30%.
In particolare, sono stati considerati due scenari, entrambi definiti “prudenti” in quanto non tenevano conto né dell’apprezzamento dell’euro sul dollaro (+11,6% da inizio anno), che già frena l’export, né degli effetti indiretti a cascata sulle esportazioni italiane. Nel primo scenario, più ottimistico, che prevedeva l’esenzione di chimica e farmaceutica dai dazi (mantenendo il 50% su acciaio e alluminio), si stimava un calo dell’export italiano verso gli Stati Uniti di 7,4 miliardi di euro (-12%), con un impatto sul PIL nazionale di -5,4 miliardi di euro (-0,3%) e quasi novantamila posti di lavoro a rischio (precisamente 89.645 unità).
Lo scenario più verosimile, che include chimica e farmaceutica sotto la tariffa del 15% (oltre al 50% per acciaio e alluminio), prevede un calo dell’export nazionale di circa 8,6 miliardi di euro (-14%), un rallentamento del PIL di 6,3 miliardi di euro (-0,3%) e oltre centomila posti di lavoro a rischio (103.892 addetti).
In entrambi i casi, la contrazione si focalizzerebbe maggiormente sulle regioni settentrionali e centrali del paese. Nonostante ciò, anche il Mezzogiorno dovrebbe subire perdite significative: nello scenario più severo, il PIL del Sud Italia calerebbe di 482 milioni di euro (-0,1%), le esportazioni si ridurrebbero di 705 milioni di euro (-11%), e 8.519 posti di lavoro (-0,1%) sarebbero a rischio.
I settori più colpiti nel Mezzogiorno includono agrindustria (-234 milioni di euro), chimica e farmaceutica (-126 milioni di euro, con picchi in Abruzzo e Campania), meccanica (-85 milioni di euro, specialmente in Puglia), e siderurgia (-66 milioni di euro, in particolare in Campania).
“Più Sicilia, meno tasse”: le strategie anti-dazi del Codacons
Il Codacons, consapevole della gravità della situazione, ha ideato e promosso la campagna Più Europa, più Italia, più Sicilia, meno tasse e il progetto delle “sentinelle anti-dazi”, con l’obiettivo di difendere il potere d’acquisto, sostenere le filiere locali e promuovere scelte di acquisto consapevoli e sostenibili.
Francesco Tanasi, giurista e segretario nazionale del Codacons, ha chiarito che questi strumenti sono capaci di rafforzare il mercato interno e proteggere i cittadini, “ma da soli non possono invertire un calo della domanda estera di questa portata”. Ha quindi sottolineato la necessità di interventi strutturali coordinati, dato che la politica commerciale è competenza dell’Unione Europea e regolata dal WTO (Organizzazione mondiale del commercio). Per questo, il Codacons ha presentato un pacchetto integrato di misure economiche e giuridiche.
Sul piano economico, propone agevolazioni fiscali e incentivi agli investimenti, potenziamento e attuazione rapida della ZES Unica Mezzogiorno con procedure semplificate e risorse garantite per le aree siciliane, strumenti di garanzia e liquidità per le PMI, programmi di diversificazione dei mercati e interventi sulla logistica per abbattere costi e tempi di trasporto. Sul piano giuridico, suggerisce l’attivazione delle clausole di salvaguardia previste dal diritto UE e dal WTO per ottenere deroghe mirate ai comparti strategici, e l’utilizzo pieno delle competenze riconosciute dallo Statuto speciale siciliano in materia di attività produttive, commercio e infrastrutture.
L’obiettivo è chiaro: proteggere imprese, occupazione e redditi, garantendo che i consumatori non subiscano rincari ingiustificati o riduzioni nella qualità dei beni e dei servizi. Il Codacons evidenzia un duplice rischio per la Sicilia: una perdita diretta verso gli Stati Uniti e una perdita indiretta di quote di mercato in Europa a favore di concorrenti extra-UE non colpiti dai dazi, aggravata da un gap infrastrutturale e logistico che si traduce in ritardi e costi aggiuntivi.
Tra le proposte specifiche per la Sicilia, il Codacons indica l’istituzione di un Osservatorio tecnico regionale “anti-dazi” con monitoraggio trimestrale, un Piano export Sicilia 2025-2026 con obiettivi chiari su diversificazione e qualità, un piano logistico e strumenti assicurativi per stabilizzare il reddito agricolo. Verrà esercitato anche un controllo civico permanente sull’attuazione della ZED Unica Mezzogiorno, per assicurare benefici reali ai cittadini.
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In copertina: l’Etna sullo sfondo di un vigneto, foto di Caitlyn Vermeij, Unsplash