Lo stato effettivo dell’Unione Europea è stato definito − con fondamento − da molti osservatori come “comatoso”. Stamattina, 10 settembre, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha cercato di fare il possibile per dare almeno a parole l’impressione che l’Europa e il suo esecutivo abbiano il coraggio per agire, per fare le cose necessarie. Nel suo intervento la presidente ha usato toni puntuti e aggressivi, sin dall’incipit sull’“Europa in lotta” o dall’idea di costruire alla frontiera con la Russia “un muro di droni”.
Persino su Gaza von der Leyen è riuscita a dire per la prima volta qualcosa, se non forte, almeno non totalmente vuoto. E, nella parte conclusiva del suo discorso davanti ai parlamentari europei riuniti in sessione plenaria a Strasburgo, ha invocato la fine delle decisioni all’unanimità, che paralizzano tutto e impediscono di fatto ogni mossa: di sicuro ha centrato uno dei nodi più importanti. Ma allo stesso tempo ha anche dimostrato la debolezza del sistema istituzionale, di sé stessa e della sua Commissione. È una richiesta sensatissima, ma oggi del tutto impossibile e irrealizzabile. È una sostanziale ammissione di impotenza.
Nelle repliche i leader dei partiti dell’Europarlamento non hanno risparmiato critiche molto aspre all’operato della Commissione, a cominciare dall’accordo commerciale con gli Stati Uniti. Anche quelli della cosiddetta “maggioranza”, che hanno duellato senza esclusione di colpi, specie tra Popolari e Socialisti, sono del tutto insoddisfatti della politica della Commissione, che di fatto obbedisce al leader del PPE Manfred Weber, al cancelliere tedesco Friedrich Merz, e ascolta sempre più spesso Conservatori e “Patrioti”.
Von der Leyen sarebbe spacciata se dipendesse dal Parlamento, il cui umore è sempre più critico e negativo. Ma l’inazione degli stati membri e la spaccatura evidente all’interno della maggioranza le stanno regalando tempo prezioso per sopravvivere, più o meno barcamenandosi. Roberta Metsola e Mario Draghi, di cui si parla come alternativa a von der Leyen, per ora dovranno attendere.
"Le linee di battaglia per un nuovo ordine mondiale basato sul potere si stanno tracciando proprio ora. Quindi sì, l'Europa deve combattere. Per il suo posto in un mondo in cui molte grandi potenze sono ambivalenti o apertamente ostili all'Europa", ha dichiarato von der Leyen in uno dei passaggi più incisivi. Sul fronte della difesa, ha lanciato proposte concrete: "Stiamo lavorando per trovare un modo per concedere un bonus a chi sostiene l'Ucraina o acquista equipaggiamento ucraino. Non c'è dubbio: il fianco orientale dell'Europa mantiene l'Europa intera al sicuro. Dal Mar Baltico al Mar Nero". E per la Russia ha ipotizzato nuove sanzioni.
Sulla guerra a Gaza, von der Leyen ha usato toni inusualmente duri: "Quello che sta accadendo a Gaza ha scosso la coscienza del mondo. Persone uccise mentre implorano cibo. Madri che tengono in braccio bambini senza vita. Queste immagini sono semplicemente catastrofiche". Ha poi annunciato: "Metteremo in pausa il nostro sostegno bilaterale a Israele". Ma sono pochi soldi, non sono misure che avranno efficacia.
Ha difeso la sua posizione sulla controversa intesa commerciale con gli Stati Uniti: "Ho sentito molte cose sull'accordo che abbiamo raggiunto durante l'estate. Capisco le reazioni iniziali. La nostra relazione commerciale con gli Stati Uniti è la più importante. Esportiamo oltre 500 miliardi di euro di merci negli USA ogni anno. Milioni di posti di lavoro ne dipendono".
La presidente ha detto che l'UE punta a mantenere e sviluppare il settore delle tecnologie pulite in Europa, attraverso il Green Deal e il Clean Industrial Deal. C'è una novità: viene lanciato un "Battery Booster" da 1,8 miliardi per potenziare la produzione di batterie, componente cruciale per i veicoli elettrici e l'indipendenza tecnologica europea. Sul fronte della domanda, si introduce il criterio "Made in Europe" negli appalti pubblici e incentivi per l'acquisto di tecnologie europee attraverso il Global Gateway. C'è la volontà di accelerare sull'economia circolare per garantire l'approvvigionamento di materiali, e non c'è apparentemente nessuna marcia indietro sulla lotta al cambiamento climatico.
"Dobbiamo mantenere la rotta sui nostri obiettivi climatici e ambientali”, dice. “La scienza è cristallina, e le ragioni economiche e di sicurezza sono altrettanto convincenti." La transizione verde viene definita strategica per l'indipendenza europea, perché riduce la dipendenza energetica e crea opportunità di sviluppo industriale da noi e di esportazione verso mercati emergenti come Africa, India e Asia Centrale.
“Già oggi il 70% dell'elettricità proviene da fonti a basse emissioni”, spiega. L'UE è leader nei brevetti green e sta recuperando sugli USA negli investimenti. L'obiettivo 2030 di riduzione delle emissioni del 55% appare raggiungibile, e per gestire le preoccupazioni sociali von der Leyen punta su massicci investimenti pubblici e privati, creazione di mercati per prodotti green, Fondo sociale per il clima e tariffazione globale del carbonio.
Infine, von der Leyen ha proposto che l'Europa “debba avere la sua auto elettrica. ‘E’ come ambientale: pulita, efficiente e leggera. ‘E’ come economica: accessibile per le persone. ‘E’ come europea: costruita qui in Europa, con catene di approvvigionamento europee". Forse ha ricevuto qualche telefonata dalla Germania.
In copertina: Ursula von der Leyen fotografata da Dati Bendo © European Union