
Il piatto è ricco. Anzi, ricchissimo: 524 miliardi di dollari. Più o meno quanto vale il PIL degli Emirati Arabi Uniti. Secondo la Banca Mondiale è questo il costo necessario per la ricostruzione dell'Ucraina nel prossimo decennio. Più che la cifra totale, è però interessante provare a capire a chi andranno tutti questi soldi.
“Da un lato la ricostruzione rappresenta un interesse strategico per gli alleati, chiamati a sostenere il tessuto produttivo e sociale dell'Ucraina”, premette Giada Bilancioni, Research Trainee presso il Centro Russia, Caucaso e Asia Centrale dell'ISPI. “Dall’altro, è un'opportunità per le imprese: possono stringere nuove partnership e posizionarsi in un mercato che, proprio a causa della guerra, offre oggi condizioni d’ingresso più favorevoli, incentivi competitivi e procedure semplificate.”
Ricostruire l’infrastruttura, soprattutto quella energetica
Partiamo dai dati. Secondo il Fourth Rapid Damage and Needs Assessment, pubblicato dalla Banca Mondiale a febbraio del 2025, l'invasione russa ha provocato danni nel paese pari a 176 miliardi di dollari. Questo considerando solo la distruzione materiale di edifici e infrastrutture di vario genere fino alla fine del 2024, e senza tenere conto, ad esempio, dei costi sanitari.
Qualche numero aiuta a comprendere meglio la portata del fenomeno. I danni agli edifici abitativi sono stati quantificati in 57 miliardi di dollari, quelli ai sistemi di trasporto in 36 miliardi, quelli subiti dal settore dell'energia in 20 miliardi. C'è però una tendenza che colpisce più di altre: i danni alle infrastrutture energetiche sono quasi raddoppiati (+ 93%) tra il 2023 e il 2024. È proprio su questo terreno che stanno cercando di inserirsi diversi gruppi internazionali.
La danese Vestas, ad esempio, ha già venduto all'azienda privata ucraina Dtek 83 turbine eoliche, per una capacità complessiva di 498 MW: serviranno per realizzare la centrale di Tyligulska, il più grande progetto eolico del paese. Nel giugno scorso la statunitense GE Vernova ha firmato un'intesa con la stessa Dtek per sviluppare progetti eolici, modernizzare la rete elettrica del paese e produrre energia con turbine a gas.
Anche la francese Schneider Electric sta collaborando con Dtek, principale investitore privato nel settore energetico ucraino: le due società hanno firmato un accordo per modernizzare la rete elettrica nazionale sviluppando sistemi di accumulo attraverso batterie, sia all'interno che all'esterno del paese, con l'obiettivo di creare una rete energetica più resistente agli attacchi russi.
Donazioni internazionali
Questi tre accordi evidenziano due fatti: da una parte l'importanza di Dtek, gruppo controllato dall'imprenditore ucraino Rinat Akhmetov; dall'altra la rilevanza delle donazioni internazionali. Per spiegare quest'ultimo punto servono i dati. Quelli raccolti dal tedesco Kiel Institute indicano che, dall'inizio della guerra fino al 30 giugno del 2025, in termini di sostegno finanziario (esclusi quindi aiuti militari e umanitari) l'UE ha donato 60,5 miliardi di euro all'Ucraina, più di quanto fatto dagli USA.
Se poi si guarda a quali sono stati i singoli paesi più generosi in rapporto al PIL, sul podio ci sono Danimarca, Estonia e Lituania, seguiti a distanza da Lettonia, Svezia e Finlandia. Includendo invece l'assistenza militare, i più attivi sono stati di gran lunga gli Stati Uniti, poi Germania, Francia, Regno Unito e Giappone. E l'Italia? È nona nella classifica generale degli aiuti, con un totale di 11,3 miliardi di euro donati all'Ucraina tra aiuti individuali e tramite le istituzioni europee.
Garanzie contro i rischi: il ruolo delle ECA
Per fare affari in Ucraina non basta però provenire da una nazione dimostratasi generosa con il governo di Kiev. Ci vuole organizzazione, una certa dose di coraggio e, soprattutto, spalle finanziarie larghe. “Le principali sfide per le aziende private internazionali che operano in Ucraina riguardano innanzitutto l'accesso a fonti di credito adeguate e a strumenti assicurativi in grado di coprire i rischi legati agli investimenti”, puntualizza Bilancioni dell'ISPI.
Accettare una commessa importante in Ucraina vuol dire infatti assumersi rischi, a partire dalla banale considerazione che la guerra non è finita e un vincitore sicuro (cioè un pagatore) al momento non c'è. Per questo sono fondamentali le ECA (Export Credit Agencies), società pubbliche che assicurano i crediti vantati dalle aziende private grazie a garanzie statali. “Una delle più attive nel settore civile ucraino è sicuramente quella danese, soprattutto nel settore rinnovabili, ma c'è anche quella britannica”, fa notare una fonte del settore.
Eifo, la ECA danese, nel marzo 2023 ha istituito un programma di prestiti e garanzie dedicato all'Ucraina, con una disponibilità di 2,8 miliardi di corone, pari a circa 375 milioni di euro. Più esplicita la britannica UK Export Finance, che a luglio dell'anno scorso ha comunicato di aver messo a disposizione 26,3 milioni di sterline per garantire un prestito elargito da Citibank a due gruppi privati, Dogus e Onur, per ricostruire sei ponti nella zona di Kiev.
SACE, l'ECA italiana, finora ha comunicato solo di aver firmato tre protocolli d'intesa a sostegno dell’Ucraina, ma non ha mai fatto sapere di operazioni concrete già garantite. Cassa depositi e prestiti ha erogato invece nel 2022 un finanziamento di 200 milioni di euro al governo ucraino per garantire il pagamento degli stipendi del personale scolastico. A questo si è aggiunto, nel 2023, un cofinanziamento di altri 200 milioni erogato alla pari insieme alla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. Obiettivo: aiutare l’azienda pubblica ucraina dell’idroelettrico, Ukrhydroenergo, a ripristinare le infrastrutture energetiche compromesse dalla guerra.
A parte queste poche notizie, però, non ci sono informazioni sull'attività di aziende private italiane. Anzi, delle poche che erano state pubblicate si sono perse le tracce. Un esempio su tutti? Ad aprile del 2023 il gruppo WeBuild aveva firmato un protocollo d'intesa con Ukrhydroenergo per una “collaborazione finalizzata alla costruzione di centrali idroelettriche in Ucraina”. Da allora non se n'è saputo più nulla. Il protocollo si è trasformato in vero contratto? Contattata, WeBuild non ha risposto.
Akhmetov, l’acciaio e l’Italia
Di certo l'Italia ha un asso nella manica da giocarsi. Si chiama Akhmetov. Proprio lui: il proprietario di Dtek, gruppo ucraino dietro al quale girano al momento quasi tutti gli affari energetici per la ricostruzione. Con la sua Metinvest, che si occupa della produzione d'acciaio, è diventato di recente proprietario dell'acciaieria di Piombino, da anni in crisi. L'obiettivo del miliardario ucraino è produrre in Italia l'acciaio necessario per ricostruire l'Ucraina, visto che il suo impianto principale, l'acciaieria Azovstal di Mariupol, è stata distrutta nel frattempo dai russi.
L'accordo di programma tra Metinvest e il governo italiano è stato firmato lo scorso luglio a Roma durante la conferenza per la ricostruzione. L'esecutivo guidato da Giorgia Meloni è riuscito così a sbrogliare una grossa matassa che da anni gravava sulla siderurgia tricolore. Al contempo, la premier si è anche guadagnata un credito rilevante nei confronti di Akhmetov. Che, come detto, gioca il ruolo del playmaker nella ricostruzione. “Al momento c'è sicuramente un buon rapporto tra il ministro Urso e i vertici di Metinvest, e questo potrebbe portare buoni frutti per le imprese italiane interessate a lavorare in Ucraina”, dice a Materia Rinnovabile una fonte a conoscenza del dossier.
Di sicuro, visto da una prospettiva più economica che politica, il tema della ricostruzione viene trattato con estrema discrezione. Difficilissimo trovare un'azienda disposta a parlarne apertamente. E lo stesso vale per i governi. Alle nostre domande il ministero delle imprese italiano non ha voluto rispondere. Stesso atteggiamento da parte del ministero ucraino per la ricostruzione: ci aveva promesso una risposta, ma alla fine ha cambiato idea. Segno che la ricostruzione, così come la guerra, sembra un'operazione top secret.
In copertina: foto dall’account President Of Ukraine / Flickr
