La legge di Bilancio approdata al Senato porta il segno di una gestione convulsa: annunci contraddetti, emendamenti ritirati all'ultimo, zero dialogo parlamentare. Il primo via libera di Palazzo Madama sigilla un testo che arriverà alla Camera blindato dalla fiducia, senza margini per modifiche.
Quello votato è, di fatto, il documento definitivo. E sul fronte della transizione ecologica ed energetica, la Manovra racconta una storia di emergenze tamponate, risorse spostate e strumenti che faticano a decollare.
Il pasticcio Transizione 4.0 e 5.0: quando le toppe creano nuovi buchi
La prima urgenza che il governo ha tentato di sanare riguarda il collasso improvviso degli incentivi per le imprese. A metà novembre è successo quello che nessuno si aspettava: gli incentivi alle imprese sono andati in tilt.
Il 7 novembre si sono esauriti i 2,5 miliardi di Transizione 5.0 (già ridotti dalla sesta revisione del PNRR). Quattro giorni dopo, l'11 novembre, è toccato anche a Transizione 4.0: i 2,2 miliardi disponibili sono finiti, complice la corsa delle aziende che dal primo meccanismo si sono spostate in massa sul secondo. Il decreto legge 175/2025 ha cercato di tamponare l'emergenza imponendo alle imprese una scelta secca tra i due strumenti e anticipando la scadenza per Transizione 5.0 dal 31 dicembre al 27 novembre. Sul fronte economico, però, lo stanziamento aggiuntivo è stato modesto: 250 milioni per il Piano 5.0, con la previsione che chi rimaneva escluso potesse spostarsi su Transizione 4.0 − ammesso che ci fosse ancora capienza.
Ora, la Manovra 2026 mette sul piatto 1,3 miliardi per Transizione 4.0, da utilizzare solo attraverso compensazione in F24 durante l'anno prossimo. Questi fondi dovrebbero coprire due fronti: le richieste ancora pendenti su 4.0 (si può prenotare fino al 31 dicembre) e i progetti già realizzati ma rimasti senza copertura su Transizione 5.0.
Quest'ultima voce pesa oltre 1,8 miliardi, numero che potrebbe salire visto che le comunicazioni di completamento al GSE possono arrivare fino a fine febbraio 2026. Il punto dolente è che chi aveva puntato sugli incentivi più generosi ora dovrà accontentarsi di molto meno. Transizione 5.0 poteva arrivare al 45% per chi raggiungeva i target massimi di efficienza energetica. Transizione 4.0 si ferma al 20% (fino a 2,5 milioni di investimento), scende al 10% (tra 2,5 e 10 milioni) e precipita al 5% (oltre i 10 milioni, con tetto a 20). Per le aziende che avevano costruito business plan su altre cifre, è una doccia fredda.
La ragione di questa scelta ha una doppia natura. La prima è ovvia: incentivi più bassi costano meno alle casse pubbliche. La seconda è contabile e riguarda le regole Eurostat. I crediti d'imposta del Piano 5.0 pesano interamente sul deficit dell'anno in cui avviene l'investimento. Quelli di Transizione 4.0, introdotti prima delle nuove disposizioni europee, beneficiano di una deroga che distribuisce l'impatto sui conti pubblici in più esercizi. Tradotto: meglio per i saldi di bilancio, peggio per l'efficacia della misura. Nel frattempo circolano voci di economie per circa 200 milioni su Transizione 4.0, ma sono briciole rispetto alle richieste inevase.
Turismo sostenibile, la lunga attesa delle regole
Sul versante del turismo, la Manovra 2026 cerca di sbloccare un percorso iniziato l'anno scorso ma mai davvero partito. Vengono autorizzati 50 milioni annui per il triennio 2026-2028, destinati a contributi a fondo perduto per incentivare investimenti privati nel settore e sostenere la filiera. Di questi, almeno l'1% è riservato alla copertura degli oneri di gestione, dalla ricezione delle domande fino ai controlli, attività che potranno essere delegate a Invitalia, eventualmente in collaborazione con Enit.
La norma interviene sul comma 502 della Manovra 2025, che aveva già previsto agevolazioni per lo sviluppo dell'offerta turistica nazionale: destagionalizzazione dei flussi, digitalizzazione dell'ecosistema, investimenti legati ai criteri ESG, supporto al turismo sostenibile. Quella disposizione affidava a un decreto del Ministero del turismo, in concerto con il MEF e dopo intesa con regioni e province autonome, la definizione delle modalità operative. Un decreto che non ha mai visto la luce.
La Manovra 2026 prova a semplificare l'iter eliminando l'obbligo di consultare le organizzazioni sindacali del settore e trasformando il provvedimento da regolamentare a semplice decreto interministeriale, da adottarsi entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della Legge di bilancio, sentita la Conferenza stato-regioni. Vedremo se stavolta l'iter sarà più rapido.
Cambia anche la struttura del Fondo unico nazionale per il turismo (FUNT), istituito dalla Manovra 2022 e articolato in due sezioni: parte corrente e conto capitale. La nuova legge di Bilancio lo rifinanzia con 37,5 milioni per ciascuno degli anni 2026-2028, ma ne modifica la missione. Per la parte corrente, viene eliminato il riferimento al sostegno agli operatori e al rilancio produttivo e occupazionale in coerenza con il PNRR, restringendo l'obiettivo alla sola razionalizzazione degli interventi per attrattività e promozione turistica.
Fondo sociale per il clima: le risorse ci sono, ora serve farle arrivare
La vera novità strutturale della Manovra 2026 riguarda l'attuazione del Fondo sociale per il clima, strumento europeo nato nell'ambito del pacchetto Fit for 55 per sostenere famiglie e microimprese più colpite dai costi della transizione ecologica, in particolare nei settori dell'edilizia e dei trasporti. Il Fondo combina contributi degli stati membri e proventi del nuovo sistema di scambio di quote di emissione per la combustione di CO₂ in edifici, trasporto su strada e altri settori (ETS2). Il regolamento europeo 2023/955 prevede una dotazione complessiva di 65 miliardi per il periodo 2026-2032, di cui 7 miliardi destinati all'Italia.
Per accedervi, ogni paese deve presentare un Piano sociale per il clima con un cofinanziamento nazionale pari al 25% delle risorse totali. La scadenza per l'invio dei piani a Bruxelles era fissata al 30 giugno 2025, ma finora solo Svezia e Lettonia hanno formalizzato la presentazione. La maggior parte degli stati membri, Italia inclusa, ha condiviso solo bozze, spingendo la Commissione a pubblicare guide successive per orientare la redazione dei documenti.
La Manovra 2026 delinea due filoni di intervento per il Piano sociale clima italiano. Il primo riguarda il contrasto al disagio abitativo e il sostegno all'edilizia sociale. Vengono autorizzati 50 milioni per il 2027 e altri 50 per il 2028, destinati a sperimentare modelli innovativi di edilizia residenziale pubblica e sociale. Le linee di attività includono il recupero del patrimonio immobiliare esistente e la riconversione di edifici pubblici dismessi, la destinazione a edilizia sociale di unità abitative private rimaste invendute (in accordo con i proprietari) e la realizzazione di progetti attraverso operazioni di partenariato pubblico-privato.
Parte di queste risorse potrà confluire anche nel Piano casa Italia, previsto dalla Manovra 2025 con una dotazione di 560 milioni (150 milioni per il 2028, 180 per il 2029, 230 per il 2030). Si tratta di uno strumento programmatico che dovrebbe riorganizzare l'offerta abitativa in sinergia con gli enti territoriali, fornendo risposte ai nuovi fabbisogni emergenti e integrando i programmi di edilizia residenziale e sociale, con particolare attenzione a giovani, giovani coppie, genitori separati e anziani.
Il Piano Casa Italia sarà implementato con un decreto attuativo che dovrà individuare modelli innovativi di governance e finanziamento, razionalizzando l'utilizzo dell'offerta disponibile e favorendo la complementarità con i programmi nazionali e regionali dei fondi strutturali europei 2021-2027.
Il secondo filone di interventi finanziati dal Piano sociale per il clima riguarda la mobilità sostenibile e riprende le finalità del Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile del 2017. Si tratta anzitutto del rinnovo del parco autobus dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale, con l'obiettivo di promuovere il miglioramento della qualità dell'aria attraverso tecnologie innovative.
Ma il Piano strategico prevede anche un programma di sostegno agli investimenti produttivi delle imprese della filiera dei mezzi di trasporto pubblico su gomma e dei sistemi intelligenti per il trasporto, con particolare riferimento a ricerca e sviluppo di modalità di alimentazione alternativa.
Il monitoraggio avverrà attraverso il sistema informativo nazionale ReGiS, con particolare attenzione non solo al rispetto dei cronoprogrammi per il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali, ma anche a eventuali casi di frode, corruzione, conflitto di interessi e duplicazione dei finanziamenti.
Una Manovra che insegue l’emergenza
La legge di Bilancio 2026 sul fronte ambientale ed energetico mostra i limiti di una programmazione che procede per rattoppi successivi. Il caos su Transizione 4.0 e 5.0 racconta di una sottovalutazione iniziale della domanda da parte delle imprese e di una gestione delle risorse che ha privilegiato la sostenibilità dei conti pubblici rispetto all’efficacia degli strumenti. Le imprese si trovano ora con progetti da finanziare a condizioni molto meno vantaggiose di quelle inizialmente previste.
Tra le note positive spicca non una norma che è contemplata nella Manovra ma una che non c’è: quella sul condono, che ha rischiato di aprire di nuovo le maglie come nel 2003. Dopo polemiche e contrasti, è stata cancellata e trasformata in un ordine del giorno. La transizione ecologica, insomma, continua a procedere a singhiozzo, tra risorse che arrivano in ritardo, strumenti che cambiano in corsa e una governance che fatica a tenere il passo con le urgenze del territorio e delle imprese.
In copertina: Giancarlo Giorgetti © Palazzo Chigi
