Dopo mesi di duri negoziati con gli stati dell'UE, Bruxelles ha annunciato che si atterrà all'obiettivo annunciato lo scorso anno di ridurre le emissioni del 90% entro il 2040, rispetto ai livelli del 1990.

Il caldo estremo che ha avvolto gran parte dell’Europa è stato propizio per confermare gli obiettivi climatici del continente. Secondo gli scienziati, infatti, queste ondate saranno sempre più intense, frequenti e impattanti a causa dei cambiamenti climatici indotti dall'uomo.

L'obiettivo del 2040 − che ora dovrà essere approvato dagli stati membri e dal Parlamento dell'Unione Europea − è una pietra miliare verso l'obiettivo del blocco di diventare neutrale dal punto di vista delle emissioni di carbonio entro il 2050 e costituirà il caposaldo del nuovo NDC, il contributo di riduzione delle emissioni, all’interno dell’Accordo di Parigi e dei negoziati per il clima.

Per convincere i più restii, la Commissione europea ha proposto che, a partire dal 2036, i 27 paesi del blocco possano conteggiare i crediti di carbonio acquistati finanziando progetti al di fuori dell'Europa, fino al 3% dei loro tagli alle emissioni. Poi sarà possibile l'utilizzo degli assorbimenti permanenti nazionali nel sistema di scambio delle quote di emissione dell'UE (EU ETS), ad esempio stoccando la CO₂ nel sottosuolo. Infine, i paesi membri godranno di meccanismi flessibili per spostare i tagli alle emissioni tra settori, quindi andando a compensare ad esempio i ritardi nelle aree più critiche da decarbonizzare – come i trasporti o l’agricoltura – con altri settori, come la produzione da rinnovabili o l’efficientamento energetico.

Una soluzione che non ha convinto il blocco ambientalista. Secondo Mathieu Mal, policy officer per agricoltura e clima dell’associazione European Environmental Bureau, “queste cosiddette 'flessibilità' sono solo scappatoie per ritardare un'azione reale. Sappiamo che prima riduciamo le emissioni maggiori saranno i benefici e minori i danni. Di fronte a una guerra o a un virus, i politici agiscono in fretta e i fondi sono disponibili. Perché non per il clima?".

La soluzione ideale sarebbe stata quella di avere tre obiettivi distinti: per la riduzione delle emissioni lorde, per l'assorbimento industriale e per il sequestro in natura (ad esempio con la piantumazione di nuove foreste), per garantire chiarezza e trasparenza. Più controversa la questione dei carbon offset. Sebbene sarebbe ideale che la neutralità climatica si raggiungesse solo attraverso azioni su suolo domestico, sostenere i paesi terzi nella riduzione delle emissioni con carbon credits di alta qualità potrebbe avere un ruolo importante, spiegano vari intervistati del settore carbon market, favorendo la cooperazione e il trasferimento tecnologico, nel quadro dell’Articolo 6.

Importante è però anche tenere alta l’attenzione sui settori non semplici da decarbonizzare. Secondo Federico Terreni, climate policy manager di Transport & Environment, "per il settore dei trasporti europeo − che, nel 2030, si stima possa rappresentare da solo il 45% delle emissioni dell'UE − è fondamentale adottare un obiettivo forte. Per raggiungere l'obiettivo del 90%, l'UE deve resistere alle pressioni che vogliono indebolire l'obiettivo 2035 per le auto a emissioni zero e mantenere il meccanismo di prezzamento del carbonio sui combustibili fossili (ETS2). Dovrà inoltre introdurre misure specifiche per l'elettrificazione delle flotte aziendali, tassare debitamente il settore dell'aviazione, fissare obiettivi di CO2 per mezzi stradali pesanti e obiettivi per l'adozione di carburante pulito per navi e aerei".

Paolo Viganò e Salvatore Coco, rispettivamente fondatore e Origination & Portfolio Management di Rete Clima, ente non profit che da oltre dieci anni supporta le aziende nello sviluppo di progetti ESG, si dicono “consapevoli delle criticità legate ai progetti del carbonio”, ma altrettanto convinti che possono ancora rappresentare uno strumento prezioso per la lotta al cambiamento climatico, se utilizzati nel modo corretto. […] Questo meccanismo ha attivato importanti investimenti [...] e risponde a un principio fondante della lotta al cambiamento climatico: di fronte a risorse economiche limitate, bisogna agire dove è più vantaggioso farlo. In altre parole, la lotta al cambiamento climatico non può essere un mero esercizio teorico: una volta definiti gli obiettivi da raggiungere bisogna fare i conti con i costi per l’implementazione delle azioni necessarie per il loro raggiungimento e individuare le strategie più efficaci e più convenienti”.

Questo, aggiungono Viganò e Coco, “non deve essere visto come un espediente per ritardare o alleggerire misure di riduzione all’interno dell’Europa da parte dei soggetti emettitori, che sono e devono anzi rimanere prioritarie, bensì come uno strumento integrativo che può stimolare progetti sostenibili anche tramite un mercato con un grande potenziale”. Perciò reputano “corretto che la Commissione abbia previsto un limite all’utilizzo di tale strumento del 3% rispetto ai livelli del 1990”, auspicando che ora “la Commissioni attui con serietà e responsabilità tutta una serie di regole operative in grado di garantire qualità, integrità ed efficacia dei progetti del carbonio”.

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In copertina: Ursula von der Leyen fotografata da Dati Bendo © European Union