La Commissione europea punta a un taglio “flessibile” del 90% delle emissioni di gas serra entro il 2040, aprendo all’uso dei crediti di carbonio per centrare l’obiettivo. Ma il comitato scientifico indipendente dell’UE boccia la proposta e avverte: c’è il rischio di dirottare gli investimenti diretti alla decarbonizzazione nazionale di ciascun paese.
Le discussioni sull’obiettivo climatico europeo del 2040
Sono settimane importanti per il futuro climatico e industriale europeo. Il prossimo 2 luglio il Commissario europeo per il Clima Wopke Hoekstra presenterà ufficialmente il nuovo obiettivo climatico intermedio da raggiungere entro il 2040, essenziale, tra le altre cose, per calibrare gli NDCs (Nationally Determined Contributions) da inviare all’ONU entro settembre.
Nonostante l’appello degli scienziati, le raccomandazioni e le promesse dei funzionari di Bruxelles, i negoziati con gli stati membri potrebbero portare anche a un indebolimento del target più ambizioso, ovvero un taglio delle emissioni di gas serra del 90% rispetto ai livelli del 1990 che lo European Scientific Advisory Board On Climate Change (ESCABCC) “ritiene fattibile e nell’interesse strategico dell’Europa.
“Fissare un obiettivo meno ambizioso non solo metterebbe a repentaglio i progressi europei verso la neutralità carbonica, ma ne comprometterebbe la competitività a lungo termine e la sicurezza energetica in un periodo di incertezza geopolitica”, avverte il comitato scientifico indipendente in una nota.
Tuttavia, alcuni stati membri − tra cui Italia, Polonia, e Ungheria − pressati dal malcontento dell’industria pesante e agricola, continuano a fare muro, ritenendo troppo ambizioso l’obiettivo. Così l’esecutivo UE ha scelto di ritardare di qualche mese la presentazione della proposta, valutando altre opzioni che potrebbero raccogliere maggior consenso. Per esempio attraverso misure di flessibilità come l’utilizzo di crediti di carbonio.
Le critiche sui crediti di carbonio
L’idea è che sulla base di un nuovo quadro normativo ONU (con le metodologie ancora in definizione) concordato lo scorso anno alla COP29 di Baku, i crediti di carbonio acquistabili sul mercato internazionale rappresentino una soluzione più conveniente di una decarbonizzazione domestica.
Per esempio, come ha fatto la Svizzera a gennaio 2024, un governo europeo potrebbe finanziare la produzione di autobus elettrici in Thailandia come sostituti ai veicoli a benzina. Le emissioni di CO₂ evitate verrebbero registrate come crediti di carbonio e sottratte dal bilancio emissivo nazionale.
“Ritardare l’azione climatica o affidarsi ai crediti di carbonio internazionali significherebbe perdere un’opportunità vitale per modernizzare l’economia europea, creare posti di lavoro di qualità e rafforzare la nostra posizione da leader delle tecnologie pulite”, ha dichiarato Jette Bredahl Jacobsen, vicepresidente del comitato scientifico ESCABCC.
Sebbene molti esperti ritengano che il nuovo quadro normativo promosso dalle Nazioni Unite ne rafforzerà la credibilità, in passato i sistemi di scambio di crediti non sono sempre riusciti a generare riduzioni verificabili delle emissioni, compromettendo così l’integrità dei mercati.
Inoltre, secondo l’ESCABCC, è molto più difficile per l'UE monitorare progetti climatici condotti all'estero. Un portavoce della Commissione ha dichiarato al giornale Politico che l’esecutivo “accoglie con favore il contributo” del comitato, definendolo un input importante per ulteriori riflessioni e consultazioni.
"Non apriamo il vaso di Pandora dei crediti internazionali in questa fase prematura e concentriamo invece i nostri sforzi politici e la nostra potenza di fuoco economica su come creare un’Europa sicura e competitiva e un percorso verso un futuro climaticamente neutro e resiliente", commenta Jens Mattias Clausen del think tank danese Concito.
Il target climatico UE 2040 è anche una questione industriale
Il ritardo nell'approvare l’obiettivo climatico per il 2040 rischia di posticipare anche la pubblicazione degli NDC per il 2035, che le Nazioni Unite si aspettano entro settembre.
Ma questa incertezza non influisce solo sul futuro climatico globale, visto che i 27 paesi combinati risultano tra i maggiori responsabili del surriscaldamento globale. Anche gli investimenti sulle tecnologie green richiedono segnali politici forti.
“Non possiamo fingere che questo ritardo darà respiro alle aziende. È esattamente l'opposto”, spiega Neil Makaroff del think tank belga Strategic Perspectives. "Lascerà solo alla Cina un ruolo ancora più dominante nella corsa industriale verso le net zero emissions. L'obiettivo climatico per il 2040, se supportato da un solido pacchetto industriale, potrà realizzare il programma di reindustrializzazione che alcuni paesi stanno sostenendo.”
Secondo Strategic Perspectives, tutti gli occhi sono puntati su Europa e Cina in vista della COP30 a Belem, in Brasile. “Il tempo stringe. Il mercato delle tecnologie ammonterà a 2.000 miliardi di dollari e c’è una gara in corso tra i leader climatici che puntano a ottenere quote più consistenti di questo mercato”, commenta Linda Kalcher, direttrice esecutiva di Strategic Perspectives.
L’appello degli scienziati italiani
Martedì 3 giugno oltre venticinque tra i più autorevoli scienziati ed esperti di clima in Italia, incluso il Premio Nobel Giorgio Parisi, hanno chiesto al governo italiano di sostenere l'obiettivo europeo di ridurre del 90% le emissioni di gas serra entro il 2040.
“Ormai è chiaro a tutti: i cambiamenti climatici non sono una minaccia astratta, ma una realtà concreta fatta di ondate di calore letali, precipitazione più estreme e ghiacciai in rapido ritiro. Sono una crisi che amplifica altre emergenze esistenti”, ha dichiarato Antonello Pasini, fisico del clima al CNR.
Secondo Stefano Caserini, docente di mitigazione dei cambiamenti climatici all’Università di Parma, puntare a una riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040 non è solo una necessità ambientale, è un’opportunità strategica per l’Europa. “Significa rafforzare la sicurezza energetica, ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, migliorare la salute pubblica e creare occupazione nei settori più innovativi. Ma soprattutto, serve un segnale chiaro e coerente a imprese e investitori: senza una traiettoria climatica definita e basata sulla scienza, rischiamo di frenare la transizione e perdere competitività proprio mentre il mondo accelera.”
La lettera sottolinea i gravi impatti climatici già visibili in Italia, così come le opportunità legate a una decarbonizzazione ambiziosa e coerente. “Chiediamo al Governo un atto di responsabilità verso le future generazioni”, si legge nella conclusione dell’appello.
In copertina: immagine Envato