Il Consiglio europeo ha deciso di rinviare a gennaio il voto sull’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Mercosur, il mercato comune sudamericano che comprende Argentina, Bolivia, Brasile, Paraguay e Uruguay. La decisione arriva al termine di una settimana di forti tensioni politiche e sociali, culminate nelle proteste degli agricoltori a Bruxelles, e segna l’ennesimo rinvio di un trattato negoziato da oltre vent’anni, considerato strategico sul piano economico e geopolitico.

Perché l’accordo UE-Mercosur slitta ancora

Il rinvio è maturato durante uno dei Consigli europei più rilevanti degli ultimi anni, insieme al dossier sul sostegno finanziario all’Ucraina. Secondo quanto riportato da Associated Press, l’intesa sullo slittamento sarebbe stata raggiunta tra la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo António Costa e la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, a condizione che l’Italia esprima un voto favorevole a gennaio.

Un ruolo chiave lo ha avuto proprio l’Italia, dopo una telefonata tra Meloni e il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva. Meloni ha assicurato che l’accordo verrà firmato a gennaio e che nel frattempo lavorerà per rassicurare gli agricoltori italiani. Lula, che inizialmente aveva minacciato di ritirarsi dall’intesa in caso di mancato voto, ha poi adottato toni più concilianti, spiegando di aver concesso “una settimana, dieci giorni, al massimo un mese di tempo” all’Italia.

Resta invece ferma la posizione della Francia, principale paese contrario all’accordo. Il presidente Emmanuel Macron ha ribadito che l’intesa “non può essere firmata”, un elemento decisivo considerando che, per l’approvazione, serve una maggioranza qualificata: almeno 15 stati membri che rappresentino il 65% della popolazione UE e l’assenza di una minoranza di blocco pari al 35%.

Le proteste degli agricoltori e il nodo della concorrenza

Il rinvio è avvenuto mentre a Bruxelles migliaia di agricoltori protestavano contro l’accordo. Secondo la polizia di Bruxelles Capitale, circa mille trattori e ottomila persone hanno manifestato il 18 dicembre. Le richieste principali riguardano una politica agricola comune “forte e ben finanziata dopo il 2027”, un “commercio equo e trasparente” e una reale semplificazione normativa.

Sul banco degli imputati non c’è solo il Mercosur, ma anche il prossimo Quadro finanziario pluriennale 2028-2034, che secondo le organizzazioni agricole ridurrebbe le risorse destinate al comparto. Coldiretti denuncia un taglio complessivo di 90 miliardi di euro alla PAC, di cui 9 miliardi a carico dell’Italia. Numeri che pesano su un settore che, secondo l’organizzazione, vale 707 miliardi di euro lungo l’intera filiera, impiega 4 milioni di persone e ha raggiunto nel 2025 un record di esportazioni pari a 73 miliardi di euro.

Al centro delle proteste c’è il principio di reciprocità. Gli agricoltori europei temono una concorrenza ritenuta sleale, soprattutto nel settore della carne, da parte dei paesi del Mercosur, dove i costi di produzione sono più bassi e gli standard sanitari e ambientali meno stringenti rispetto a quelli europei.

Un accordo strategico ma politicamente fragile

L’accordo UE-Mercosur, una volta ratificato, coinvolgerebbe un mercato di circa 780 milioni di persone e un quarto del PIL globale, prevedendo l’eliminazione graduale di quasi tutti i dazi doganali. L’UE punta ad aumentare l’export di beni industriali, automobili e vino, oltre a garantirsi l’accesso a materie prime strategiche come il litio. I paesi sudamericani, invece, mirano a rafforzare le esportazioni agroalimentari verso l’Europa.

Secondo diversi analisti, il nuovo rinvio rischia di indebolire la credibilità negoziale dell’Unione Europea in un contesto globale segnato dalle tensioni commerciali con Stati Uniti e Cina. Intanto, tra trattative diplomatiche e proteste di piazza, il destino dell’accordo resta appeso a un equilibrio politico ancora fragile.

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In copertina: proteste degli agricoltori a Bruxelles a giugno 2024, foto di Bogdan Hoyaux © European Union, 2024