Partiamo da quello che potremmo definire un caso scuola: il 29 luglio 2025, con un decreto ministeriale quasi passato inosservato, l’Italia ha finalmente perimetrato l’Area vasta di Giugliano, ultimo dei Siti di Interesse Nazionale, a cinque anni dalla sua istituzione. Cinque lunghi anni solo per stabilire i confini geografici di un territorio da bonificare, un’operazione che in altri Paesi europei si conclude in pochi mesi. Un ritardo che racconta più di mille analisi.
I Siti di Interesse Nazionale rappresentano le ferite più profonde del territorio italiano: 42 aree che si estendono su 170.000 ettari a terra e 78.000 ettari a mare, pari al 6 per mille dell’intero territorio nazionale. Sono porzioni di Paese compromesse da decenni di industrializzazione selvaggia, individuate per legge a partire dal 1998 in base a caratteristiche che comportano “un elevato rischio sanitario ed ecologico” e un “rilevante impatto socio-economico”. Sono in sostanza i buchi neri del Paese, dove ambiente e salute risultano compromessi. Zone di sacrificio dell’industria, che ora presentano il conto, ai cittadini e alle amministrazioni.
L'iter per il risanamento
L’iter per risanarle è complesso ma chiaro: prima il Sin viene istituito con decreto ministeriale, sentiti gli enti locali, poi, in coordinamento con la regione, avviene la perimetrazione, quindi si entra nella parte più tecnica, con la caratterizzazione delle contaminazioni, l’approvazione del progetto di bonifica, la certificazione dell’avvenuta bonifica. Un percorso che coinvolge il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), l’Istituto Superiore di Sanità, la società in house del Mase, cioè la Sogesid, regioni ed enti locali. Un viavai complicato di carte protocollate e, prima ancora, di dibattiti sul territorio che a volte possono essere rallentati da un’elezione in corso, o alle porte, da un cambio di maggioranza o anche soltanto da un sindaco meno reattivo e sensibile.
Ma i SIN sono solo la punta dell’iceberg dell’inquinamento dell’Italia. Nell’ombra languono 38.556 Siti di Interesse Regionale: 16.365 con procedimenti ancora in corso, 22.191 formalmente conclusi. Un universo parallelo di contaminazioni che testimonia l’ampiezza del problema. Secondo l’ultimo rapporto di ISPRA, per bonificare tutto serviranno 30 miliardi di euro, di cui 10 solo per i Siti di Interesse Nazionale.
Di fronte a questa emergenza ambientale, la risposta dello Stato è stata timida: 3 miliardi di euro all’anno. Con questo ritmo, occorrerebbero dieci anni solo per i siti più critici, lasciando nell’abbandono migliaia di altre aree contaminate. Un approccio che contrasta anche con le potenzialità economiche: secondo un recente dossier della CGIL, investire 10 miliardi nelle bonifiche dei SIN potrebbe generare 200.000 nuovi posti di lavoro e maggiori entrate fiscali per 4,7 miliardi.
Il caso dell’Area vasta di Giugliano
L’Area vasta di Giugliano, dicevamo, è l’ultimo ed emblematico caso, e siamo in piena Terra dei Fuochi. Il percorso è iniziato il 25 settembre 2020, quando il ministro Sergio Costa ha avviato la procedura con una nota protocollata. La macchina amministrativa si è quindi messa in moto: Conferenze dei Servizi, pareri degli enti locali, cartografie da verificare. L’ultima Conferenza viene convocata l’8 maggio 2025, gli esiti approvati il 12 giugno scorso. Quasi cinque anni per dire “dove” intervenire, senza ancora aver toccato terra con una ruspa.
Una volta superati gli ostacoli burocratici e di coordinamento, parte materialmente la bonifica. Eurostat stima che nel 2023 i Paesi dell’UE abbiano investito circa 67 miliardi di euro in attività essenziali per fornire servizi di protezione ambientale. Questi servizi includevano impianti di trattamento delle acque reflue, veicoli per il trasporto dei rifiuti, acquisizioni di terreni per creare una riserva naturale o tecnologie più pulite per la produzione.
La maggior parte degli investimenti ha riguardato i servizi di gestione delle acque reflue e dei rifiuti, che nel 2023 hanno rappresentato rispettivamente il 41,6 % e il 26,6 % degli investimenti totali per la protezione dell’ambiente. La protezione della qualità dell’aria ha rappresentato il 10,4% degli investimenti, e fanalino di coda è la protezione del suolo e delle acque sotterranee, che hanno inciso sono per il 5,6% (la riduzione dell’inquinamento acustico per il restante 1,1%). Il programma LIFE ha stanziato 5,4 miliardi per il periodo 2021-2027, affiancati dai fondi FESR e di Coesione. Comunque, secondo fonti Sogesid, la quota degli investimenti, a livello EU, per la protezione dell’ambiente sul totale degli investimenti delle imprese è relativamente bassa. Nel 2023 è stata pari all’1,7 % ed è abbastanza stabile nell’intero periodo. La quota equivalente per le amministrazioni pubbliche è stata pari al 4,5 % nel 2023.
Per accelerare le procedure, la normativa prevede la nomina di “facilitatori”, commissari ad acta con poteri straordinari, ma l’efficacia di questo strumento resta controversa. Il caso di Crotone-Cassano-Cerchiara è spesso citato nei convegni, e non per la sua efficacia: il generale Emilio Errigo, nominato commissario straordinario nel 2023, ha visto la sua prima e unica ordinanza sospesa dal TAR di Catanzaro il 4 aprile 2025. Un segnale che i poteri speciali, anziché semplificare, possono trasformarsi in un ulteriore terreno di conflitto istituzionale. In questo contesto, la proposta del governo di affidare ai laboratori privati le analisi ambientali – contenuta nel decreto-legge 153 del 2024 – aggiunge un ulteriore elemento di criticità: il rischio che l’esternalizzazione prevalga sull’investimento pubblico, con possibili conflitti di interesse difficili da governare.
All'estero un volano economico
Mentre l’Italia si impantana nella burocrazia, Francia, Germania e Stati Uniti hanno trasformato le bonifiche in volano economico. Il SuperFund americano, il fondo da 40 miliardi che dal 1980 ha bonificato 1.800 siti creando un’industria nazionale delle bonifiche, le linee guida tedesche che standardizzano le procedure riducendo i tempi a 18 mesi mentre investono 2 miliardi annui in ricerca, il programma francese “Sites et Sols Pollués” che con 1,5 miliardi pubblici ha attirato 4 miliardi di investimenti privati trasformando 3.000 brownfield: esempi concreti di come si possa coniugare tutela ambientale e sviluppo economico.
La perimetrazione di Giugliano segna la fine di una fase ma anche l’inizio di un’altra sfida. Ora inizia la caratterizzazione, poi l’approvazione del progetto, infine la bonifica vera e propria. Con gli attuali ritmi, i cittadini campani dovranno aspettare almeno altri dieci anni per vedere bonificate le loro terre.
In copertina: immagine Envato