Due giorni intensi, quelli appena passati a Bruxelles, con l’incontro dei ministri dell’energia e dell’ambiente. Sulla scrivania i dossier del gas russo, il piano di rilancio del nucleare, il target emissioni climalteranti 2040 e l’accordo sui materiali riciclati nel settore automotive.

Sul bando al gas russo, lunedì 16 giugno, il commissario UE all'energia Dan Jørgensen ha ricevuto il "no" di Slovacchia e Ungheria, fallendo così nel trovare un accordo unanime su un documento con un chiaro riferimento al taglio delle forniture da Mosca.

Ma, nonostante ciò, oggi la Commissione ha confermato lo stop al gas russo e ha lanciato la sua stretta in tre fasi per porre fine alle importazioni entro la fine del 2027. Dal primo gennaio 2026 sarà vietato firmare nuovi contratti, gli accordi a breve termine già in corso dovranno terminare entro il 17 giugno 2026, mentre quelli a lungo termine entro il 31 dicembre 2027.

Ramoscello di olivo dall’Austria che ha comunque chiesto di rivedere gli accordi qualora si ponga fine all’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca. I due governi iperconservatori di Ungheria e Slovacchia hanno ottenuto una deroga in quanto “paesi senza accesso al mare” e potranno continuare a importare gas russo fino a fine 2027.

La spinta sul nucleare

Oltre il gas si è parlato tantissimo di energia atomica, tema spinto al massimo dall’Italia. Il ministro del MASE, Gilberto Pichetto Fratin, ha dato annuncio lunedì dell’adesione ufficiale di Roma all’Alleanza europea sul nucleare, dopo avervi partecipato finora soltanto come osservatore.

"L'Italia ha deciso di perseguire una strategia nazionale che in maniera trasparente e graduale promuove una rivalutazione pragmatica del ruolo dell'energia nucleare come fonte di energia decarbonizzata, affidabile e programmabile […]. Ben vengano queste iniziative che ci trovano pronti a un confronto aperto per un futuro competitivo dell'Europa rispetto agli altri paesi.”

L’Italia si allinea così a Francia, Belgio, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Paesi Bassi, Romania, Slovacchia, Slovenia e Svezia nel piano di rilancio dell’atomo in Europa. In un momento in cui la decarbonizzazione e la competitività industriale stanno diventando priorità convergenti, la Commissione europea ha pubblicato il 12 giugno la nuova edizione del Programma nucleare (PINC), stimando investimenti per 241 miliardi di euro entro il 2050 necessari per garantire l'estensione della vita operativa dei reattori esistenti e per costruirne di nuovi su larga scala.

Il documento, previsto dal Trattato Euratom, sottolinea come il nucleare continui a essere una leva strategica per alcuni stati membri, accanto alle fonti rinnovabili. Una scelta per molti inevitabile se si vuole che oltre il 90% dell'elettricità europea provenga da fonti decarbonizzate entro il 2040.

La capacità nucleare installata è destinata ad aumentare da 98 a circa 109 GW nei prossimi anni. Non un proprio salto in avanti, date le tempistiche di sviluppo dei cosiddetti reattori modulari, in particolare i piccoli reattori modulari (SMR), i reattori modulari avanzati (AMR) e i microreattori.

Goal clima 2040 a rischio

A inizio luglio la Commissione europea pubblicherà il nuovo obiettivo climatico – una riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040 rispetto la baseline del 1990 – definendo così la traiettoria economica del blocco per i prossimi 15 anni, e rilanciando la lotta al riscaldamento globale.

Dall’incontro dei ministri non arrivano però indicazioni positive: la maggior parte vorrebbe ridurre il target. “Sull’obiettivo 2040, ribadisco che non è accettabile separare il negoziato sul livello di ambizione del target da quello sulla flessibilità e sulle condizioni abilitanti. Ed è essenziale conoscere con chiarezza gli strumenti di cui potremo disporre per dare attuazione a tale impegno”, ha dichiarato ai media Pichetto Fratin, uno dei ministri più critici al riguardo.

L’Italia, insieme alla Repubblica Ceca e alla Polonia, rifiuta di nominare il target -90% emissioni di CO₂ (serve  accompagnare il target con adeguate flessibilità sia rispetto al suo valore che all’anno di raggiungimento, afferma il ministro in una nota) e chiede d’identificare l’obiettivo di decarbonizzazione quale unico target dell’Unione e degli stati membri, eliminando ogni sotto target e lasciando il massimo di flessibilità agli stati per il suo raggiungimento.

Ben nove governi, inclusi Francia, Italia e Germania, hanno espresso il proprio sostegno all'utilizzo di crediti di carbonio internazionali per raggiungere l'obiettivo del 2040, una misura controversa che vedrebbe l'UE esternalizzare parte dei suoi sforzi per il clima ai paesi più poveri. La proposta definitiva della Commissione arriverà il 2 luglio prossimo.

Economia circolare nel settore automotive

Il Consiglio europeo ha trovato l’intesa tra i governi dei Ventisette per introdurre l’uso obbligatorio di plastica riciclata nella produzione di veicoli nuovi. Il compromesso, frutto di lunghe trattative tra istituzioni europee e industria automobilistica, prevede un’applicazione graduale degli obblighi, con obiettivi intermedi più flessibili rispetto alla proposta iniziale della Commissione europea.

Nel dettaglio, il testo in discussione stabilisce tre tappe per l’integrazione della plastica riciclata: 15% entro sei anni dall’entrata in vigore della normativa, 20% entro otto anni e 25% entro dieci anni. La proposta originaria della Commissione, più ambiziosa, fissava invece un unico obiettivo del 25% entro sei anni. Tuttavia, le resistenze del settore industriale hanno spinto i legislatori a rivedere i tempi, al fine di garantire una transizione più gestibile.

In futuro dovranno anche essere stabiliti target similari per l'acciaio riciclato, l'alluminio e le materie prime critiche. Indebolito invece l’EPR per i veicoli: è stato modificato per offrire agli stati membri una maggiore flessibilità per adattarsi alle proprie specifiche circostanze (ad esempio nelle regioni periferiche) o alla legislazione preesistente.

Il compromesso rappresenta un delicato equilibrio tra le esigenze ambientali e le richieste dell’industria, che ha chiesto maggiore flessibilità per adattarsi ai nuovi requisiti produttivi.

 

In copertina: © European Union