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Brasile, Vietnam, Colombia, Indonesia, Etiopia, India e molti altri ancora: parlare di caffè implica inevitabilmente parlare dei Paesi del Global South, che sono la culla degli oltre 3 miliardi di tazze di caffè consumati quotidianamente nel mondo. La produzione globale, che è per il 75% nelle mani di piccoli coltivatori locali, supera i 10 milioni di tonnellate l’anno, provenienti da più di 12 milioni di aziende agricole, che coltivano caffè su una superficie totale di 10,6 milioni di ettari.

Se le aree di coltivazione sono distanti centinaia di chilometri tra loro, numerosi Stati, tra cui il Kenya, secondo un’approfondita valutazione del Center for Circular Economy in Coffee (C4CEC), si trovano ad affrontare sfide simili: il calo delle rese, che mette in difficoltà i piccoli proprietari, l’acidificazione del suolo, che aumenta la dipendenza da costosi fertilizzanti chimici, e l’aumento dei costi, che erode i profitti e scoraggia i giovani agricoltori dall’entrare nel settore. Direttamente proporzionali sono anche le opportunità, come la promozione e l’integrazione di pratiche agroforestali e resilienti e la diversificazione dei prodotti.

In un contesto instabile a causa del cambiamento climatico, trasformare la filiera del caffè in un modello circolare rappresenta non solo una soluzione per ridurre gli impatti ambientali, ma anche un’occasione per sviluppare nuovi prodotti e flussi di reddito. Soprattutto considerando che il settore produce 40 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno.

Solo una porzione che va dall’1 al 5% della ciliegia del caffè arriva nelle nostre tazze, mentre il restante 95-99%, tra polpa, bucce, pergamino e fondi esausti, sottoprodotti della filiera, possiede un immenso potenziale per applicazioni a valore aggiunto in settori come la cosmesi, la produzione alimentare, il biochar e le energie rinnovabili. Un’opportunità soprattutto per l’Africa che genera il 72% degli scarti di caffè nelle regioni produttrici.

Beyond coffee: tra pratiche agricole e valorizzazione dei sottoprodotti

“Dobbiamo ripensare l'idea che il valore derivi solo dai chicchi di caffè – spiega Vanusia Nogueira, direttore esecutivo dell’Organizzazione internazionale del caffè (ICO) – Trasformando gli scarti in nuovi prodotti e fonti energetiche, si sbloccano significative opportunità di reddito e di lavoro, riducendo al contempo i costi”. Il recente rapporto dell’ICO, elaborato in collaborazione con il C4CEC, la Fondazione Lavazza, il Politecnico di Torino e l’International Trade Centre, intitolato Beyond Coffee: Towards a Circular Coffee Economy, si concentra proprio su questo potenziale non sfruttato, proponendo casi studio, dati concreti e raccomandazioni per rendere il settore future-proof anche attraverso l’integrazione dei principi dell’economia circolare e le pratiche agricole rigenerative.

Temi simili sono al centro del lavoro svolto da fine 2023 dal C4CEC, che, grazie alla collaborazione con esperti del settore, mondo accademico e partner strategici, ha raccolto best practices nella filiera del caffè oggi accessibili sui canali del centro.

Essendo una piattaforma pre-competitiva, il Centro mira a supportare l’intera comunità del caffè con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale e migliorare il reddito dei coltivatori, valorizzando quelli che oggi sono considerati rifiuti. È aperto a produttori, coltivatori locali e torrefattori, fino ad associazioni, istituzioni e centri di ricerca interessati a supportare progetti pilota circolari e sostenibili per rendere accessibile un network di conoscenza globale.

Cascara, funghi, biochar

In tale contesto, in linea con la Strategia di sviluppo e commercializzazione del caffè 2024-2029 del governo keniota, la Dedan Kimathi University of Technology (DeKUT) sta studiando quattro aree di valorizzazione dei sottoprodotti: alimentari, biocarburanti, biofertilizzanti e materiali. Tra le applicazioni più promettenti vi sono l’uso della cascara per farine, infusi, sciroppi e bevande, i substrati per la produzione di funghi, la realizzazione di materiali edili e per il packaging.

Tra le realtà emergenti spiccano la startup egiziana Cupmena, che utilizza i fondi di caffè per la coltivazione di funghi, e l’azienda colombiana Selvitas, che lavora per implementare pratiche agricole sostenibili nella filiera del caffè.

Uno dei sottoprodotti con un mercato già sviluppato è quello che vede la trasformazione delle bucce di caffè in pellet: si stima che il 70% delle bucce di caffè del Kenya sia già usato per la produzione di bricchette. Progetti all’avanguardia vedono gli scarti di caffè utilizzati per la produzione di biochar e per la creazione di materiali biobased assorbenti per il trattamento delle acque, dal momento che le bucce di caffè possono rimuovere dalle acque reflue sostanze inquinanti come metalli pesanti e coloranti.

Creare un mercato per i sottoprodotti del caffè

Se la costruzione di un’industria del caffè resiliente e sostenibile passa attraverso strategie olistiche basate su agroecologia e agricoltura rigenerativa (lo dimostrano realtà come Mountain Harvest in Uganda e Sabae Coffee in Etiopia), un altro passo fondamentale è lo sviluppo di un mercato per i sottoprodotti del caffè.

Lo spiega Katherine Oglietti, Coffee Guide Network Coordinator dell’International Trade Centre e rappresentante del C4CEC: “L’obiettivo è collaborare con startup e agricoltori nei Paesi produttori di caffè, con un focus sugli impatti economici e ambientali, incoraggiando il riutilizzo dei sottoprodotti a livello delle aziende agricole attraverso incentivi finanziari, sostenendo il collegamento con i mercati, facilitando il passaggio di questi sottoprodotti ad altre filiere produttive e integrandoli in settori alternativi come l’industria cosmetica”.

Il successo di tali strategie non può, tuttavia, prescindere da partnership con le istituzioni regionali, nazionali e internazionali. Facilmente replicabili in contesti diversi, tali soluzioni, insieme ai nuovi mercati ad esse collegati, non solo contribuiscono alla mitigazione del cambiamento climatico, ma permettono di chiudere sempre più il cerchio nel mondo del caffè e di creare nuove fonti di reddito per le comunità locali.

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In copertina: foto Lavazza