
Il negoziato per il clima compie il suo 30° anniversario, con l’inizio oggi, lunedì 10 novembre, dei lavori alla COP di Belém, in Brasile. Per la prima volta dopo anni seguirò un summit UNFCCC da remoto coordinando un gruppo di colleghi e colleghe e seguendo in dettaglio alcuni temi chiave dei lavori, come adattamento, carbon market e finanza climatica.
La domanda che attanaglia tutti è: sarà una COP di svolta o ricalcherà il momento di stanca che sta attraversando gran parte del mondo occidentale? Certo, COP30 sarà il primo negoziato in cui si parlerà principalmente di implementazione dell’Accordo di Parigi: a che punto siamo con i piani nazionali di riduzione delle emissioni (NDC), come procediamo sulla roadmap della finanza climatica per mobilitare 1.300 miliardi entro il 2035, come riformare la governance globale sul clima, speranzosamente includendo i negoziati su biodiversità e desertificazione.
Sempre di più entriamo in una fase in cui gli incontri devono essere seguiti da ministri delle finanze e degli esteri, non solo dai dicasteri ambientali: la posta in gioco è sempre più alta e complessa, in un territorio completamente non tracciato. Le COP saranno sempre più luoghi di confronto sul successo di iniziative e tecnologie (CCS, climate bond, carbon market, biocarburanti, agroecologia, water), di forum multistakeholder, di confronto politico, geopolitico e commerciale. E allora che COP30 abbia inizio! Ecco alcuni dei temi da seguire.
Il Brasile
Luogo simbolico e assolutamente inadatto per un negoziato, la caotica Belém, alle porte della foresta amazonica, incarna perfettamente lo stile non lineare di Lula e del presidente di COP30 André Corrêa do Lago. Fin dall'inizio, il Brasile ha profuso un ampio sforzo diplomatico per utilizzare l'evento al fine di stringere legami e promuovere reti climatiche, attingendo al concetto brasiliano di mutirão.
Adattato dalla pratica indigena, mutirão "si riferisce a una comunità che si riunisce per lavorare a un compito condiviso, che si tratti di raccogliere, costruire o sostenersi a vicenda", ha affermato André Corrêa do Lago. "Condividendo questa preziosa saggezza ancestrale e tecnologia sociale, la presidenza entrante della COP30 invita la comunità internazionale a unirsi al Brasile in un mutirão globale contro il cambiamento climatico, uno sforzo globale di cooperazione tra i popoli per il progresso dell'umanità".
Che do Lago e Lula volessero sparigliare le carte si era già capito al Climate Summit di New York, con una serie di proposte di riforma della diplomazia climatica stessa. Se saranno effettivamente riprese o spariranno nella fittissima trama di iniziative da discutere è tutto da capire. Nell’agenda dei lavori ha già fatto capolino l’Integrated Forum on Climate Change and Trade (IFCCT), che mira a creare una piattaforma unificata nell'ambito del WTO per discutere le interconnessioni tra questi temi, in particolare sul temuto CBAM europeo, tema su cui − c’è da scommettere − si battaglierà non poco.
Da tenere da conto anche la pugnace ministra dell’ambiente Marina Silva, che ha ribadito l’importanza della just transition, lanciando un'iniziativa denominata Global Ethical Stocktake (GES), che perseguirà la giustizia climatica e che vedrà un ruolo rilevante delle comunità indigene, dei gruppi emarginati, dei lavoratori, delle persone più vulnerabili. "Questa iniziativa mira semplicemente a integrare la dimensione etica, per rafforzare le decisioni politiche e le misure tecniche", ha affermato al Guardian. "Possediamo già praticamente tutte le soluzioni tecniche per affrontare il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e persino le questioni sociali più urgenti. Ciò che serve è l'impegno etico ad applicare le nostre capacità tecniche e ad accelerare le nostre decisioni politiche, assicurandoci di rispettare gli impegni che abbiamo già assunto."
Il nodo americano e l’incognita cinese
Gli USA sono il nuovo pària climatico. Hanno presentato i propri NDC e resistono alcune delle politiche di Joe Biden dell'IRA, ma tutto ciò è una mera nuance alla luce del loro 32% di emissioni cumulative in atmosfera e della mancanza di sostegno attivo a un piano di riduzione delle emissioni. "Trump è contro l'umanità. La sua assenza qui lo dimostra", ha affermato senza mezzi termini il presidente Gustavo Petro, contro il quale il mese scorso sono state imposte sanzioni da parte degli Stati Uniti.
Con decine di miliardi di dollari di aiuti alla cooperazione ambientale eliminati, Washington si è bruciata anni di softpower e di duro lavoro per nascondere l’incapacità di decarbonizzare la propria economia. A COP30 saranno presenti governatori, senatori, capitani d’impresa, ONG statunitensi, nel tentativo di tamponare l’emorragia. Sono emblematiche le parole di Gina McCarthy, ex consigliera nazionale per il clima della Casa Bianca e dell'EPA, l’Agenzia per la protezione ambientale USA: "L’America è pronta a dare il massimo e si presenterà in forze a Belem. Insieme, la nostra missione è mostrare al mondo che l'amministrazione Trump non riflette i valori né le opportunità disponibili oggi negli Stati Uniti. Negli Stati Uniti, governatori, sindaci e aziende sono impegnati a rispettare l'Accordo di Parigi e stiamo lottando per costruire un futuro fondato sull’energia pulita per tutti i nostri figli e nipoti. I governatori della U.S. Climate Alliance stanno riducendo le emissioni e al contempo rafforzando l’economia e riducendo i costi energetici. 24 stati [democratici, nda] hanno ridotto le emissioni di gas serra del 24% rispetto ai livelli del 2005, aumentando al contempo il PIL collettivo del 34%”. Certo, non è ancora il momento di mandare i caschi verdi a Washington, ma nonostante le iniziative DEM, gli USA hanno un track record davvero pessimo in mitigazione e climate finance.
Non si attendono sorprese. Così la Cina terrà un basso profilo seguendo le proposte brasiliane, ma senza sbilanciarsi in assenza della controparte statunitense. Barra dritta sulla finanza climatica sostenuta dai paesi occidentali, grande attenzione alle discussioni commerciali e supporto a tutte le iniziative di decarbonizzazione dell’economia, elettrificazione in primis.
Adattamento
La partita è nota da tempo, ma ora va giocata seriamente. Uno dei pesi con cui valutare il successo di COP30 è l’avanzamento dell'Obiettivo globale sull'adattamento (GGA, Global Goal on Adaptation), compreso l'accordo fondamentale sulla lista ristretta di indicatori di adattamento e il lancio del primo report di valutazione globale sull'adattamento.
Uno dei temi chiave sarà anche la finanza per l’adattamento, con l’obiettivo di triplicare le risorse attuali. Allineare tempestivamente i portafogli a questi indicatori può aiutare le istituzioni a dimostrare leadership, trasparenza e responsabilità man mano che emergono standard globali per il finanziamento dell'adattamento.
L’importanza l’ha ribadita l’ex segretario ONU Ban Ki Moon in un editoriale su politico.eu: “Ogni dollaro investito nell'adattamento può generare benefici pari a oltre dieci volte tale importo grazie alle perdite evitate e ai benefici economici, sociali e ambientali indotti. Ogni dollaro investito nella ricerca e nello sviluppo agricolo genera rendimenti simili anche per i piccoli agricoltori, le comunità vulnerabili e gli ecosistemi”. Così a Belém i leader dovranno colmare il divario finanziario in materia di adattamento per sostenere strategie nazionali di resilienza, replicare iniziative di successo e porre il tema al centro delle decisioni finanziarie.
In copertina: foto di Aline Massuca/COP30
