Da New York - “Il cambiamento climatico è la più grande truffa mai perpetrata”. “Le rinnovabili sono una buffonata, non funzionano”. “L’energia eolica è patetica, le pale eoliche arrugginiscono e marciscono, sono la fonte energetica più cara, il governo deve sussidiare e sono prodotte quasi tutte in Cina”. La maratona oratoria di Donald Trump all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, durata 55 minuti (contro i 15 concessi ad ogni capo di stato) ha sconvolto delegati e osservatori per la posa negazionista, l’assalto continuo contro l’Europa (“il vostro paese sta andando all’inferno”) e il totale disprezzo delle Nazioni Unite come organizzazione (“non funzionano nemmeno le vostre scale mobili”).
Dopo aver snocciolato una serie di dati poco accurati sullo stato di salute dell’economia americana, ha speso una parte preponderante del suo speech per attaccare la sfida ai cambiamenti climatici e la transizione economica, in particolare prendendo come bersaglio l’Europa (“messa in ginocchio dalle energie pulite e dall’immigrazione”). Ha elogiato il gas, il petrolio e persino il carbone americano (lo ha chiamato con la sua solita terminologia superlativa “il bellissimo carbone pulito”, beautiful clean coal), che “avrebbero abbassato le bollette degli americani”. Contrariamente a questa affermazione, le bollette elettriche delle famiglie statunitensi sono aumentate del 10% a livello nazionale da quando Trump è entrato in carica e sono destinate a salire ulteriormente, secondo una nota stampa di GSCC Network, un’organizzazione specializzata sulla comunicazione climatica.
“Ci mancava un discorso negazionista nel 2025”, ha commentato torvo un delegato all’uscita del Palazzo di Vetro, chiedendo però di non pubblicare il proprio nome. Qualcuno in sala stampa è stato avvistato alzare velocemente il dito medio verso gli schermi che trasmettevano la diretta del discorso presidenziale.
Definire il discorso di Trump ‘negazionista’ è quasi riduttivo. Una delle linee più memorabili è stata “la carbon footprint è una bufala inventata da persone con intenzioni malvagie”, affermazione peraltro parzialmente vera, ironizza in una nota il portavoce di GSCC, Nicola Flamini, essendo il concetto creato dall’azienda petrolifera British Petroleum. Subito dopo il Presidente americano ha ricordato, sempre agli europei, che “l’atmosfera è uno spazio libero” e ora l’impronta carbonica arriva tutta dalla Cina (sono gli Stati Uniti la nazione con la quota più alta di emissioni cumulative, ndr).
Un discorso che è stato criticato da più parti, ma dal quale il governo italiano non si è dissociato. A metà mattina la stampa italiana ha incrociato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni per un incontro durato meno di quattro minuti. La premier, sollecitata da un cronista sul tema clima, ha ribadito che condivide molte delle cose dette da Trump sul Green Deal. Purtroppo, non c’è stato modo di elaborare l’affermazione, vista la brevissima disponibilità data alla stampa presente a New York.
Lula: stoccata a Trump
Di tutt’altro stile il discorso di apertura del presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva. “In tutto il mondo, le forze antidemocratiche stanno cercando di soggiogare le istituzioni e soffocare le libertà. Adorano la violenza, glorificano l'ignoranza, agiscono come milizie fisiche e digitali e limitano la stampa", ha detto Lula. Ha richiamato l’urgenza di avere leader che portino una nuova visione contro l’autoritarismo, il degrado ambientale e l’esclusione. Una stoccata nemmeno troppo sottile al presidente Usa, ripicca per le ingerenze sul caso Bolsonaro e per gli esosissimi dazi imposti.
Interessante il passaggio dove il presidente brasiliano ha richiamato la necessità di riportare la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento climatico (UNFCCC) nel cuore dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, un nuovo consiglio all’interno dell’Assemblea stessa, con il potere di monitorare la coerenza dell’implementazione dell’Accordo di Parigi, una “riforma fondamentale” e da lungo attesa, per delineare il prossimo passo del multilateralismo climatico quando sarà finita la parentesi revanscista delle destre populiste.
Un formato non certo semplice, dato che “avrebbe come prima implicazione il superare la modalità di consenso, un seggio un voto, ora vigente, dato che in UNGA le decisioni passano o a maggioranza semplice o di due terzi”, ha commentato Luca Bergamaschi, co-fondatore di Ecco. Non solo: Lula ha rilanciato il rafforzamento – anzi una vera rifondazione – della WTO, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, contro le misure commerciali unilaterali e protezionistiche, una proposta che conferma la svolta social-liberista del presidente brasiliano.
Ora bisognerà ascoltare i discorsi dei capi di Stato nell’evento Speciale di alto livello sull’Azione climatica per capire se il vento anti-decarbonizzazione spira ancora forte. In vista della COP30 in Brasile, tutte le Parti dell'Accordo di Parigi devono presentare nuovi piani nazionali per il clima (Nationally Determined Contributions, NDC) che riflettano i piani d’azione per il prossimo decennio. Se l’Europa ribadirà quando già approvato in Consiglio dei ministri dell’Ambiente (un obiettivo intermedio europeo di riduzione emissioni tra il 66,25% e il 72,50% nel 2035 rispetto al 1990), bisognerà ascoltare da vicino cosa proporrà la Cina. Importanti messaggi arriveranno anche riguardo la necessaria riforma dell’UNFCCC e in generale delle Nazioni Unite. Messaggi in gergo onusiano che serviranno per arrivare al 15 ottobre quando il Segretario Generale Guterres presenterà nei dettaglio l’attesa proposta di riforme e ridefinizione del budget Onu, basata sul documento Shifting Paradigms: United to Deliver.
A New York la Climate Week NYC 2025
Intanto in attesa del summit di alto livello sul clima di oggi, dove si dovrebbe capire definitivamente che aria tirerà a Belem per COP30, in città c’è fermento per la Climate Week NYC 2025. Sono oltre 1.000 gli eventi in programma attraverso i cinque borough newyorkesi. Dato il numero di partecipanti ed iniziative, si caratterizza come la più grande kermesse americana sulla transizione di sempre, con presentazioni, tavole rotonde, mostre, eventi di networking e molto altro, con la partecipazione di organizzazioni no profit, aziende, filantropi e attiviste, tutti intenzionati a promuovere l'azione per il clima in qualsiasi settore dell’economia e della società. Un calendario fittissimo, messo alla prova dalla logistica rallentata dal traffico impazzito.
Uno degli eventi più seguiti è The Nest Climate Campus 2025, ovvero la piattaforma ufficiale e sede centrale delle attività della Climate Week NYC, pensata come campus climatico che riunisce sotto un unico tetto verde eventi, talk, workshop, esperienze immersive e networking. Dal 23 al 25 settembre 2025, presso il Javits Center di New York, The Nest ospita il Main Stage con talk di ogni tipo, organizzati da soggetti esterni ma collocati nel campus, e la sezione Climate Collective con eventi esperienziali “che vogliono stimolare riflessioni, innovazione e collaborazione”.
Altro evento degno di menzione è la presentazione della Climate-related Financial and Macroeconomic Risk Initiative (CFMRI), una piattaforma di ricerca collaborativa dedicata all'analisi dei rischi che il cambiamento climatico pone agli obiettivi finanziari e macroeconomici globali coordinata dal Salata Institute for Climate and Sustainability presso la Harvard University e il think tank di Washington Resources for the Future (RFF). Innumerevoli gli eventi sia corporate che delle varie comunità della città e dei collettivi creativi.
Un segnale importante in una New York più viva che mai, che risponde al suo stesso presidente ricordando perché rimane fondamentale agire per trasformare l’economia.
In copertina: UN Photo/Evan Schneider