L’Italia arriva a Belém avendo fatto i compiti a casa. Più che i compiti, a dire la verità, i conti. E su questo punta il ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin per rivendicare un ruolo da protagonista alla COP30 sui cambiamenti climatici: ai numeri, ai soldi.
Lo ha raccontato ieri, lunedì 10 novembre, in un’affollatissima conferenza stampa presso la sede dell’associazione stampa estera a Palazzo Grazioli, a Roma, e in collegamento con il Padiglione Italia a Belém in Brasile, dove era presente Federica Fricano, la capo delegazione italiana “tecnica” − come è stata presentata da Roma − e lo special envoy italiano per il clima, professor Francesco Corvaro, che, con grande enfasi, ha esordito così: “Il ministro ha detto una cosa importantissima e scientificamente inoppugnabile: il cambiamento climatico non ha confini”.
Subito dopo il sottosegretario Claudio Barbaro ha parlato di accordi su sport e azione per il clima che sta stringendo in varie città del mondo “perché le azioni globali devono essere calate capillarmente”, mentre al tavolo erano seduti il DG del MASE Alessandro Guerri, l’amministratore delegato di Ferrovie dello stato Gianpiero Strisciuglio e il direttore Italia di Enel Nicola Lanzetta, tra i sostenitori del Padiglione Italia e parte integrante della buona novella portata dal ministro.
Perché, nonostante le premesse, e soprattutto la rumorosa assenza della premier Giorgia Meloni nelle giornate brasiliane con i leader politici, la notizia vera è arrivata: 3,44 miliardi di euro di finanza climatica mobilitata dall’Italia nel 2024. Un dato che rappresenta un salto notevole rispetto agli 838 milioni del 2023 − un incremento del 325% − e che colloca il paese tra i protagonisti della finanza climatica internazionale, passando dal settimo al quarto posto tra i paesi membri UE.
La cifra è composta da due macro compartimenti: 1,67 miliardi di risorse pubbliche e 1,77 miliardi di fondi privati mobilitati attraverso strumenti pubblici. Come ha spiegato Guerri, “nell’ultimo quinquennio la finanza pubblica per il clima per le misure di adattamento si attesta mediamente al 49,5%”. Tra gli strumenti principali figurano il Fondo italiano per il clima, nell’ambito del Piano Mattei per l’Africa, e il coinvolgimento diretto di SACE e Simest in progetti dedicati alla transizione ecologica globale.
Un risultato che il ministro Pichetto ha voluto sottolineare: “Alla COP29 abbiamo fatto una lunga battaglia e abbiamo chiuso molte ore dopo la chiusura ufficiale con l’accordo sui 300 miliardi di obiettivo a livello mondiale. L’Italia, nel solo 2024, ha comunque superato i 3 miliardi. Questo significa che crediamo in tutte le azioni di adattamento da portare avanti”.
Il ruolo dei privati è cruciale e lo si è visto anche dalla composizione stessa del tavolo dei relatori. Accanto al ministro e ai vertici del MASE c’erano infatti due delle tre aziende (l’altra è BF International) che hanno “contribuito all’allestimento del padiglione Italia”. Finanziariamente, si intende.
E per presentare l’intervento del direttore Italia di Enel, Nicola Lanzetta, gli è stato chiesto: “Come sta andando la transizione energetica in Italia?”. Una domanda che sarebbe forse più appropriata rivolgere proprio al ministro dell’ambiente, in queste ore, oltretutto, impegnato nella revisione degli ultimi aspetti del DL Energia che arriverà in CDM nei prossimi giorni, forse proprio domani. Ma tant’è: la partnership pubblico-privato − mantra della conferenza − si è estesa anche alla narrazione della transizione.
Lanzetta ha ovviamente risposto con i numeri di Enel: “Il gruppo gestisce una capacità installata di 81 GW, di cui circa 66 GW da fonti rinnovabili e nel 2024 ha portato la quota di elettricità prodotta senza emissioni a oltre l’83%, confermando l’obiettivo di raggiungere net zero entro il 2040”. Del Piano industriale di Enel Italia, oltre 22 miliardi di investimenti complessivi, 16 sono destinati alla rete di distribuzione e 6 al business integrato.
In una assonanza di ottimismo, mentre a Roma si celebravano i successi della finanza climatica italiana, a Belém i negoziati iniziavano con il piede giusto. “Oggi è l’apertura ufficiale della COP30, ma il negoziato è cominciato nella nottata con una discussione abbastanza animata che ha portato a un accordo sull’adozione dell’agenda alle 2 di notte”, ha raccontato Federica Fricano in collegamento dal Brasile. È il periodo dell’anno in cui la capo delegazione italiana colleziona più nottate in bianco, ma almeno questa prima è stata fruttuosa.
Il confronto notturno si è concentrato sulle proposte di inserire nuovi temi in agenda: le misure unilaterali dei paesi che hanno effetto sul commercio internazionale (con particolare riferimento alla Regolamentazione europea sulla deforestazione, nel mirino dei paesi del Sud Globale), l’impegno dei paesi per la finanza climatica e l’obbligo di trasferimento dai paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo, rapporti di sintesi sullo stato degli obiettivi e sistemi di trasparenza. L’intesa ha previsto però che questi temi non siano inseriti in agenda ma siano per ora solo oggetto di consultazione.
Una mediazione che disinnesca un conflitto oggi e potrebbe esacerbarlo nei prossimi giorni. Come spesso accade alla COP, il bicchiere può essere visto mezzo pieno o mezzo vuoto. Federica Fricano ha sostenuto che la strategia usata è stata vincente e, data la sua pluriennale esperienza, il suo ottimismo è incoraggiante.
I 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035 concordati alla COP29 di Baku − il triplo dell’obiettivo precedente ma quattro volte meno di quanto richiesto dai paesi poveri − restano un nodo irrisolto. A Belém si chiederanno maggiori dettagli, soprattutto sulla natura di questi fondi: saranno risorse pubbliche o prestiti? Il rischio è che si finisca per aggravare il debito dei paesi più vulnerabili.
Nonostante Pichetto abbia più volte detto “nessun passo indietro rispetto a Parigi”, l’Italia ha di fatto disertato il vertice dei leader che ha preceduto l’apertura ufficiale della COP30. La premier Giorgia Meloni non ha partecipato alle giornate con i capi di stato e di governo né ha annunciato l’intenzione di recarsi a Belém nel corso della conferenza, “per motivi di agenda”, ha risposto il ministro incalzato da un cronista, e per la concomitanza di due cruciali elezioni regionali, ma questa assenza sembra stridere con il ruolo da “protagonista” rivendicato dal ministro Pichetto e con i 3,44 miliardi messi sul tavolo. Evidentemente, si pensa che i numeri parlino da soli, o almeno così si spera.
Tornando al partenariato pubblico-privato italiano, il padiglione è articolato in due spazi complementari: lo spazio istituzionale nella Blue Zone, che ospiterà oltre 50 eventi tematici e un’installazione interattiva che racconta i progetti dell’Italia per la transizione energetica, e AquaPraça, una piazza galleggiante progettata da Carlo Ratti Associati che esplora “una nuova simbiosi tra architettura e ambiente, sfruttando l’intelligenza naturale e le tecnologie reattive per adattarsi all'innalzamento del livello dell’acqua”.
Sul fronte delle soluzioni innovative, l’Italia punta sui biocarburanti e ha collaborato con la presidenza brasiliana al lancio del Belém 4X Pledge on Sustainable Fuels per quadruplicare l’uso globale dei carburanti sostenibili entro il 2035. L’iniziativa italiana 3DEN (con UNEP e IEA), finalizzata a premiare soluzioni innovative per l’efficientamento energetico con tecnologia digitale, è stata selezionata dall’UNFCCC come best practice da presentare al padiglione ufficiale della COP30.
La vera prova d’impegno, però, si inizierà a misurare oggi a Belém, nella Giornata dell’Africa organizzata dalla Commissione dell’Unione Africana. Il continente chiede impegni vincolanti: almeno il 30% dei finanziamenti per il clima destinati a iniziative africane e la triplicazione dei fondi per l’adattamento, che costa 70 miliardi di dollari all’anno ma per il quale l’Africa ha ricevuto solo 14,8 miliardi nel 2023. L’Italia si presenta con il Piano Mattei e il Fondo italiano per il clima come strumenti concreti. I 3,44 miliardi messi sul tavolo − di cui una parte significativa destinata proprio all’Africa − rappresentano un impegno tangibile.
In un contesto internazionale frammentato, con gli Stati Uniti fuori dall’Accordo di Parigi e molti paesi sviluppati ancora restii a mettere mano al portafoglio, il contributo italiano alla finanza climatica è un dato positivo. Resta da vedere se i soldi arriveranno davvero dove servono, se saranno sotto forma di doni o prestiti, se contribuiranno all’adattamento o graveranno sul debito dei paesi più vulnerabili. Ma almeno, stavolta, i conti sono stati fatti. E forse non è poco, in tempi in cui anche fare i compiti a casa sembra un’impresa.
In copertina: Christophe Viseux / Photo by COP28
