Due mesi di pioggia in due ore. Tutta insieme, in un unico territorio già fragile. La conseguenza è raccontata dalle cronache: un’intera collina è franata su Cormons, piccolo centro della provincia di Gorizia, trecento persone evacuate, tre vittime − l’ultima, un’anziana donna di 82 anni, è stata recuperata nella mattina di oggi, martedì 18 novembre, dopo una notte di ricerche −, mille gli ettari di terreni coltivati a ortaggi e cerali finiti sott’acqua.
Ieri sera, invece, era stato trovato il corpo di Quirin Kuhnert, trentaduenne tedesco, che aveva cercato di prestare soccorso ad altre persone, venendo travolto dal fango. E poi l’onda si è propagata e la pioggia ha sferzato altri comuni friulani: Udine, Palmanova, Trivignano e Manzano. Ai vigili del fuoco regionali si sono aggiunti quelli veneti e lombardi, e oggi quelli dall’Emilia-Romagna, in una corsa contro il tempo, mentre la pioggia batteva i record di caduta in poche ore. “Siamo abituati al maltempo, ma non a questo”: chi c’era, ed è scappato sopravvivendo, apre le braccia e commenta così nei video rilanciati anche dai profili istituzionali.
Antonia Klugmann è una chef e l’altra sera si trovava nel suo ristorante che, ironia della sorte, si chiama l’Argine, a Vencò. Le sue parole affidate ai giornalisti sono significative: “A un certo punto c’era il salotto coperto di acqua e dalle pareti si è sentito un rumore cupo dentro le mura. Sono spesse, è un edificio del 1650. Avvertivo come un ribollire, come se il muro avesse trattenuto tutta la sua forza e poi l’avesse espressa. Ho assistito all’inondazione come in un film”. Quel ribollire era la spinta del fiume di fango che poco dopo avrebbe inondato l’edificio, fino al primo piano. “Ho fatto tutto quello che dovevo e che potevo come privato, ma la pioggia così violenta ha messo in ginocchio un territorio comunque abituato alla pioggia. È chiaro che di fronte a questi eventi la politica regionale e nazionale deve prendere la situazione in mano. La tutela del paesaggio e dei territori va messa davanti a tutto. Bisogna affrontare la realtà delle fragilità strutturali.”
I meteorologi ci avvertono che il “maltempo” si sta spostando verso sud, con temperature in picchiata. Liguria e Toscana, già messe in ginocchio nelle scorse ore, tremano, chiudono le scuole, i parchi, i cimiteri, invitano a non passare sotto i viadotti, diramano allerte arancioni e sperano che non ci siano vittime, mentre si preparano comunque a contare i danni.
Dall’inizio dell’anno sono oltre 2.600 gli eventi estremi che si sono abbattuti sull’Italia, ricorda Coldiretti su dati ESWD, aggravando una situazione che vede oggi quasi un quinto del territorio classificato come ad alto rischio di frane e alluvioni. Su una superficie nazionale di circa 300.000 chilometri quadrati, 56.000 sono classificati tra le aree a maggiore pericolosità di frane e alluvioni, dove risiedono quasi tre milioni e mezzo di famiglie, secondo l’ISPRA. Un fenomeno, denuncia Coldiretti, spinto dall’erosione di terra fertile e dalla copertura artificiale del suolo che fa sparire in Italia due terreni agricoli al giorno.
Quella che ha colpito Cormons è definita comunemente una “bomba d’acqua”: 300 millimetri di pioggia precipitati al suolo, che non è riuscito ad assorbirla. D’altro canto, nessun suolo avrebbe potuto farlo. Una situazione che ha sorpreso anche i sistemi di prevenzione, che avevano diramato solo l’allerta gialla. Con il trascorrere dei minuti, la situazione è diventata drammatica. Lo stesso Quirin, la giovane vittima di Cormon, di origine tedesca ma da qualche anno goriziano, dopo che aveva rilevato un’attività enogastronomica, aveva postato sui social un video che ritraeva la scalinata della chiesa, adiacente al fabbricato che aveva acquistato da poco, trasformata in una sorta di torrente.
Dopo una notte insonne e con il fiato sospeso, Quirin e la moglie erano usciti di casa, insospettiti dal rumore che proveniva dalla collina retrostante. Si sentiva distintamente − hanno riferito testimoni che hanno parlato con i superstiti − una sorta di boato, mentre il cancello dell’ultima casa della schiera, composta da tre distinte abitazioni, sembrava cedere sotto la pressione dell’acqua e del fango. Lasciata la consorte al sicuro, Quirin e un altro uomo, residente nella porzione di casa posta sulla strada, sono accorsi per avvisare i vicini e metterli in salvo. Ce l’hanno fatta con una donna che risiede nella casa centrale − scappata scalza e in pigiama appena è stata svegliata di soprassalto − ma quando hanno raggiunto il portoncino dell’anziana, la colata di fango li ha centrati.
Quirin è stato letteralmente ingoiato − pare si trovasse in cima a una scala per raggiungere la finestra del primo piano − mentre l’uomo che si trovava con lui è stato scaraventato a terra dall’onda d’urto e trascinato per metri. È stato estratto dalle macerie molti minuti dopo con schiacciamento del bacino e frattura di un femore: la sua generosità è però servita a salvare almeno una delle sue vicine. Si trova in ospedale, sotto choc, ma non è in pericolo di vita.
Per recuperare il corpo di Quirin, invece, sono servite ben 12 ore: la mobilitazione di Vigili del fuoco, giunti con equipaggi specializzati da tutto il Nord Italia, e Protezione civile, assieme a tutte le altre forze dell’ordine, con il supporto di un elicottero e di unità cinofile, ha permesso di scoprire la salma sotto un enorme cumulo di detriti. “Alla famiglia della vittima vanno le mie più sincere condoglianze”, sono le parole del presidente di regione Massimiliano Fedriga. “È ancora più doloroso che una vita venga spezzata nel tentativo di proteggerne un’altra.”
Il Friuli-Venezia Giulia ha dichiarato lo stato di emergenza regionale e Fedriga ha stanziato un milione per i primi interventi urgenti. Il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, ha firmato la mobilitazione nazionale che permetterà alle altre regioni di supportare il Friuli-Venezia Giulia.
La notte che nel Goriziano difficilmente dimenticheranno ha mandato sott’acqua vari paesi: Versa, comunità di poco più di 300 abitanti, è stata evacuata precauzionalmente a causa degli allagamenti diffusi e del blackout che ha interessato l’area.
Nel frattempo, il “maltempo” – anzi, sarebbe meglio dire “crisi climatica” o “emergenza climatica”, così da raccordare il pensiero alle cause di tanta violenza meteorologica − si è abbattuto anche su altre zone d’Italia. In Versilia una grossa frana ha coinvolto una casa nel comune di Pietrasanta, in provincia di Lucca: sotto la colata di fango sono rimaste intrappolate alcune vetture ma nessuna persona. Ma nel mentre anche la Protezione civile regionale della Campania aveva emanato un avviso di allerta meteo di livello giallo, chiudendo a Napoli parchi, spiagge e il pontile nord di Bagnoli.
Quello che ISPRA, Coldiretti, Protezione civile, enti locali e associazioni ambientaliste chiedono da anni è un “Piano Marshall” per la cura del territorio e un sistema di allerta e di comunicazione del rischio condiviso e conosciuto per prevenire il più possibile vittime e danni. La crisi climatica e la violenza con la quale ci ricorda che l’Italia è un hotspot nel Mediterraneo ci dicono che non c’è più tempo, bisogna agire.
In copertina: foto Vigili del fuoco
