Lunedì 7 luglio il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha rinviato al 1° agosto l’entrata in vigore dei dazi inizialmente prevista per il 9 luglio, alzando a tariffe particolarmente svantaggiose quelli per paesi ritenuti non abbastanza collaborativi. Lo ha annunciato tramite delle lettere indirizzate ad alcuni governi stranieri e pubblicate sul proprio social Truth.
Che si tratti di tweet, lettere o dichiarazioni in conferenza stampa, da mesi Trump minaccia oltre 90 paesi con l’imposizione di dazi sui prodotti statunitensi. Dazi che sono diventati di fatto “reciproci”, vista la reazione di molti governi che hanno introdotto tariffe analoghe: una guerra commerciale che non sembra destinata a finire presto.
Le lettere inviate da Trump
Se con Regno Unito e Vietnam la Casa Bianca ha dialogato, trovato accordi commerciali e ottenuto concessioni secondo Trump vantaggiose, 14 paesi hanno ricevuto tramite queste lettere una sorta di ultimatum. A Giappone, Corea del Sud, Malesia e Kazakistan sono stati infatti annunciati dazi al 25% se non trovano un accordo con gli Stati Uniti entro il 1° agosto; al 40% per Myanmar e Laos e al 30% per il Sudafrica. Nel corso della giornata si sono aggiunti all’elenco Tunisia, Bosnia-Erzegovina (che dovrebbe raggiungere una tariffa del 30%), Indonesia, Bangladesh, Serbia, Cambogia e Thailandia.
Il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba ha dichiarato che in questi mesi sono stati compiuti alcuni progressi per evitare l'aumento dei dazi fino al 35%, suggerito di recente da Trump. La Corea del Sud invece ha fatto sapere che intende intensificare i colloqui, precisando che qualsiasi accordo dovrà prevedere esenzioni o riduzioni delle tariffe su auto e acciaio.
Perché Trump ha rinviato la scadenza dei dazi
Le lettere di Trump aprono alla possibilità di attenuare o eliminare i dazi in cambio di concessioni, ma anche ad aumentarli nel caso questi governi dovessero applicare ritorsioni. La Casa Bianca parla impropriamente di “trade deficit” e dazi reciproci, termini che usati in questo contesto non hanno nessuna base economica, vista la molteplicità di fattori da considerare nelle relazioni commerciali tra paesi. Inoltre, tecnicamente i dazi statunitensi sono pagati solo da consumatori e aziende statunitensi e non dai governi a cui sono indirizzati.
Sin dall’insediamento dell’amministrazione repubblicana, la guerra commerciale avviata dal Tycoon è stata presentata come una ritorsione contro quella che Trump considera una posizione di svantaggio fiscale degli USA nei confronti dei paesi esteri, mai però davvero dimostrata.
E finora la tattica di minacciare conseguenze economiche terribili per ottenere in cambio qualcosa, come il permesso per gli studenti cinesi di continuare a frequentare le università statunitensi, ha più che altro sconvolto i mercati finanziari internazionali. Per esempio, tre mesi fa Trump dovette sospendere per 90 giorni la maggior parte dei dazi in seguito a un crollo delle borse internazionali che cancellò migliaia di miliardi di dollari.
Con questo rinvio al 1° agosto che sa di ultimatum, Trump vuole prendere tempo, per capire se c’è ancora margine per trovare accordi commerciali più favorevoli ed evitare che le sue tariffe penalizzino il meno possibile le aziende statunitensi coinvolte.
L’incertezza dei negoziati con l’Unione Europea
Affronti e continui retromarcia hanno caratterizzato anche i rapporti commerciali con Unione Europea e Cina. Secondo fonti interne intervistate da Politico, gli Stati Uniti avrebbero proposto a Bruxelles un accordo che manterrebbe una tariffa di base del 10% su tutti i beni europei importati negli USA.
Attualmente gli Stati Uniti applicano dazi del 25% sulle automobili europee, del 50% su acciaio e alluminio e del 10% su tutte le altre importazioni. Il presidente della commissione per il commercio del Parlamento, l'eurodeputato tedesco Bernd Lange, ha dichiarato alla stampa che sono in corso negoziati per la rimozione dei dazi sulle auto, con una posta in gioco elevata per l'industria automobilistica tedesca, fortemente esposta al commercio con gli Stati Uniti. "Si stima già che fino a 50.000 posti di lavoro potrebbero essere a rischio", ha aggiunto Lange.
Ma al momento Washington non ha dato alcuna indicazione di voler esentare settori industriali sensibili come quello automobilistico, siderurgico e dell'alluminio o farmaceutico, come richiesto dal braccio esecutivo UE, rappresentato nelle negoziazioni dal commissario per le relazioni commerciali Maroš Šefčovič.
Intanto scadono il 14 luglio le contromisure su 21 miliardi di prodotti USA decise dall’UE in risposta ai dazi statunitensi su acciaio e alluminio. Ed è pronta, ma non ancora approvata, la lista di altri prodotti USA per 95 miliardi da colpire in caso di mancato accordo.
Germania, Italia e Irlanda sono i paesi europei più economicamente esposti ai dazi di Trump. Secondo il ministro degli esteri italiano Antonio Tajani è difficile fare previsioni, ma il 10% non sarebbe un dazio insopportabile per l’economia nazionale.
La Cina minaccia ritorsioni
Anche sui negoziati con la Cina ci sono più ombre che luci. Dopo la pausa di 90 giorni sui dazi reciproci che prevedeva tariffe del 30% sui prodotti provenienti dalla Cina in USA e al 10% su quelli di provenienza statunitense in Cina, l’ultimo vertice di Londra dell’11 giugno fra il vicepremier cinese He Lifeng e il segretario del tesoro americano Scott Bessent sembra abbia riportato i dazi sui prodotti cinesi al 55%.
Pechino ha tempo fino al 12 agosto per raggiungere un accordo con la Casa Bianca e impedire a Trump di ripristinare ulteriori restrizioni, nonostante la via del dialogo si faccia sempre più complessa. La Repubblica popolare cinese infatti ha minacciato di attuare ritorsioni contro i paesi che stipulano accordi con gli Stati Uniti, nel caso dovessero penalizzare le catene di approvvigionamento cinesi. Un esempio è la riduzione tariffaria dal 46% al 20% che il Vietnam ha ottenuto dagli USA, dovendo però ora pagare a Pechino un’imposta del 40% per un tipo di merci che solitamente proviene dalla Cina.
Bessent ha dichiarato di aspettarsi diversi annunci di risposta nelle prossime ore e per adesso le borse internazionali viaggiano caute, senza particolari scossoni, ma l’epilogo di questa guerra commerciale voluta da Trump sembra ancora lontano.
In copertina: Donald Trump, foto ufficiale della Casa Bianca di Daniel Torok via Flickr