Cordialità, raccomandazioni reciproche, e un appello al pragmatismo. È iniziato e finito esattamente come ci si aspettava il summit fra Unione Europea e Cina, tenutosi il 24 giugno a Pechino in occasione del 50° anniversario delle relazioni diplomatiche fra le due potenze.

Cerchiamo di “fare le giuste scelte strategiche” e di “gestire adeguatamente le divergenze”, ha dichiarato il presidente cinese Xi Jinping, accogliendo nella Grande Sala del Popolo la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa.

Insomma, un appello a comportarsi come i due adulti della situazione, “the 2 big guys”, come riporta il South China Morning Post, in una scena internazionale che, fra guerre commerciali e conflitti militari, si fa ogni giorno più complicata e instabile.

Quanto alle iniziative concrete, a parte una dichiarazione congiunta per ribadire l’impegno climatico in vista della COP30, il vertice non ha portato a grandi risultati. Ma visto che l’asticella delle aspettative era piuttosto bassa (e il meeting è stato addirittura accorciato di un giorno), in questo caso si può a ragione dire che “nessuna nuova, è buona nuova”.

Clima: Cina e UE insieme verso la COP30

Partiamo dunque dall’unico vero risultato, per quanto simbolico, del summit di Pechino: la dichiarazione congiunta sul clima.

Il documento, a dieci anni dall’adozione dell’Accordo di Parigi, ribadisce l’impegno di Unione Europea e Cina a raggiungerne gli obiettivi e a rafforzare la loro cooperazione per l’azione climatica, soprattutto in un momento in cui è venuto a mancare l’appoggio degli Stati Uniti. E anzi, lo statement congiunto si spinge fino a dire che non solo la transizione green è una parte fondamentale dei rapporti bilaterali fra Cina e UE, ma il verde è proprio il colore che definisce la cooperazione fra le due potenze.

Partendo da questi presupposti, si elencano dunque una serie di impegni congiunti, come la presentazione dei propri NDC per il 2035 prima della COP30 di Belem e la promozione di risultati ambiziosi alla Conferenza sul clima. I pledge più generici riguardano poi l’accelerazione della diffusione globale delle energie rinnovabili, facilitando l’accesso alle tecnologie verdi anche per i paesi in via di sviluppo, il supporto all’adattamento climatico sia locale che globale, e la cooperazione bilaterale in settori quali i mercati del carbonio, le tecnologie verdi e a basse emissioni, il controllo delle emissioni di metano.
Su quest’ultimo punto, in particolare, l’Unione Europea ha invitato la Cina ad aderire al Global Methane Pledge, ma sul documento finale non se ne fa menzione. Così come, nota Carbon Brief, non si accenna neanche a un’eventuale “uscita dal carbone” per la Repubblica Popolare.

Se non è certo un trionfo, la dichiarazione sul clima di Pechino è comunque una rassicurazione importante in vista della prossima COP, e la maggior parte degli osservatori internazionali concordano su questo giudizio. “Nonostante le profonde divergenze su gran parte dell'agenda bilaterale più ampia, una dichiarazione congiunta sul clima di Bruxelles e Pechino offre una modesta ma significativa fonte di sollievo – ha dichiarato Li Shou, direttore del China Climate Hub presso l’Asia Society Policy Institute – In assenza di una decisa azione climatica da parte degli Stati Uniti, l'UE e la Cina riconoscono ancora l'imperativo di collaborare per affrontare una minaccia esistenziale condivisa”.

Status quo ed equilibrismi

Sul resto dell’agenda non si può dire che l’accordo sia stato così ampio come sul clima. Se si sprecano gli appelli al multilateralismo e alla responsabilità per la pace globale, sul piano dei rapporti commerciali o delle azioni concrete per la stabilità internazionale non si sono fatti veri passi avanti.

Xi Jinping ha subito messo le mani avanti, facendo notare, nel suo discorso di benvenuto, come “le attuali sfide che l’Unione Europea si trova ad affrontare non provengano dalla Cina” e che “non sussistono conflitti di interesse fondamentali o contraddizioni geopolitiche tra Cina e UE”. Il presidente cinese si è dunque augurato che “l'UE rispetti il percorso e il sistema scelti dal popolo cinese, e ne riconosca gli interessi fondamentali e le principali preoccupazioni” (leggasi Taiwan), tenendo sempre presente che “le relazioni Cina-UE non sono subordinate o controllate da terze parti” (leggasi dagli Stati Uniti o dalla Russia). Ha aggiunto infine che bisogna imparare a gestire le divergenze in modo corretto e che “se la Cina viene giudicata in base alla prospettiva occidentale, la percezione sarà inevitabilmente distorta” (e qui non si può dargli torto).

L’Unione Europea, da parte sua, ha ribadito la richiesta di non fornire materiali di supporto militare e industriale alla Russia e ha chiesto alla Cina di usare la sua influenza “per sostenere una pace giusta e duratura in Ucraina, basata sui principi della Carta delle Nazioni Unite”. Ha accennato alle “preoccupazioni per i diritti umani in Xinjiang e in Tibet”, ma ha confermato l’appoggio alla politica di “Una sola Cina”, chiarendo però – con un capolavoro di equilibrismo – che “si oppone all’uso della forza o della coercizione per modificare lo status quo”.

La bilancia dei rapporti commerciali

Se il percorso a ostacoli delle tensioni geopolitiche è stato superato con una gimkana, senza sostanzialmente spostare lo status quo, sui rapporti commerciali l’Unione Europea ha provato a essere più diretta.

“L'UE è il principale partner commerciale della Cina e la Cina è il terzo dell'UE. Il nostro scambio bilaterale di merci supera ormai i 2 miliardi di euro al giorno – ha esordito von der Leyen – L'Europa sostiene lo sviluppo economico della Cina da decenni e continua a farlo. Ma con l'approfondirsi della nostra cooperazione, sono aumentati anche gli squilibri”. Nel 2024, si legge nel comunicato ufficiale della Commissione europea, il valore delle relazioni commerciali bilaterali fra Cina e UE è stato di 730 miliardi di euro. Relazioni che sono però fortemente sbilanciate verso Oriente, con un l’Europa che sconta un deficit commerciale di 305 miliardi di euro.

L’Unione ha perciò chiesto a Xi Jinping e ai suoi Ministri di riequilibrare la bilancia degli scambi, partendo innanzitutto dall’annosa questione dell’accesso al mercato cinese da parte delle aziende europee. A questo proposito, è stato chiesto in particolare che la Cina adotti misure concrete per l'accesso in settori prioritari come carne, cosmetici e prodotti farmaceutici, mettendo inoltre fine “a misure di difesa commerciale ingiustificate e ritorsive sulle esportazioni UE di brandy, carne di maiale e latticini”.  In mancanza di un dialogo costruttivo, l’Unione Europea si è dichiarata pronta ad adottare “misure proporzionate e conformi alla legge per tutelare i propri legittimi interessi”.

I rappresentanti UE hanno infine sottolineato “l'impatto negativo dei controlli sulle esportazioni di terre rare e magneti permanenti introdotti dalla Cina, esortandola a revocare tali restrizioni”.

Detto questo, l’Unione Europea ha però assicurato alla controparte cinese che non intende “interrompere le catene di approvvigionamento” dalla Cina e che anzi accoglie sempre con favore le imprese cinesi che vengono a investire in Europa.

 

In copertina: foto delle delegazioni cinese ed europea a colloquio, Raul Ariano © European Union, 2025