In Europa, il continente che si sta scaldando più in fretta, il problema di fronteggiare il caldo è sempre più urgente, soprattutto in città. Le temperature in aumento e le ondate di calore delle ultime settimane hanno contribuito ad accentuare il bisogno di cittadini e cittadine di trovare spazi freschi dove trascorrere le giornate estive.

Una possibile soluzione a questo problema sono i rifugi climatici, luoghi aperti al pubblico dove chi è accaldato può trovare un po’ di refrigerio. Biblioteche, musei, case di quartiere e parchi urbani sono alcuni esempi di rifugi climatici: più freschi rispetto ad altre zone della città, in queste aree sono spesso disponibili gratuitamente anche servizi igienici e acqua potabile.

A livello europeo, una delle prime città a sviluppare questo modello è stata Barcellona, dove se ne possono trovare più di quattrocento. Anche Parigi si è attrezzata in occasione dei giochi olimpici 2024, quando il comune ha predisposto un sistema di cool islands, cioè isole fredde, per offrire aree di frescura alle persone.

L’estate 2025 ha visto per la prima volta la nascita dei rifugi climatici in Italia, dove Firenze e Bologna sono in prima linea (anche se non mancano alcune criticità), seguite da iniziative simili in tutta la penisola, sorte grazie alla lungimiranza dei comuni o, talvolta, dall’impegno dei cittadini.

I rifugi climatici a Bologna

In Italia, il comune di Bologna è stato il primo a pubblicare sul proprio sito una mappa (in italiano e in inglese) per raggiungere quindici luoghi aperti alla cittadinanza. L’iniziativa è parte di Bologna missione clima, un percorso che punta a rendere la città climaticamente neutrale riducendo le emissioni, ma anche mitigando gli effetti dei cambiamenti climatici. “Chiamarli rifugi climatici per me è importante anche per sensibilizzare le persone al fatto che siamo in emergenza,” ci spiega Anna Lisa Boni, assessora ai fondi europei e al PNRR, alla transizione ecologica e alle relazioni internazionali del comune di Bologna. “Il clima si sta ribellando alle nostre azioni e quindi dobbiamo adattarci ed essere resilienti.”

Di questi rifugi, sette sono spazi interni, “tutti ad accesso libero, hanno l'aria condizionata, i servizi igienici e l'acqua potabile. Ci si può sedere tranquillamente senza dover consumare o utilizzare le altre funzioni di quel luogo e sono accessibili alle persone con disabilità”. Le otto aree esterne segnalate dalla mappa comprendono invece diversi parchi e giardini dotati di sedute ombreggiate e fontanelle pubbliche, oltre a una piazza coperta. 

Gli utenti variano. “Per esempio, i rifugi del centro storico, come la biblioteca Salaborsa o i Giardini Margherita, sono posti frequentati anche dai turisti, oltre che dalla cittadinanza,” specifica Boni, secondo cui cittadini e cittadine frequentano di più le case di quartiere, centri pubblici polifunzionali per favorire l’incontro di persone che abitano nella stessa area della città. “Ne esistono trentadue a Bologna: per ora abbiamo accordi per renderli rifugi climatici solo con due, ma stiamo lavorando per estendere il servizio.”

Parlando della rete dei rifugi, l’assessora aggiunge che il progetto è stato fatto “a costo zero, collaborando con luoghi che erano già equipaggiati, per esempio, con l’aria condizionata. Ci siamo messi d’accordo con chi li gestisce chiedendo la disponibilità ad accogliere la cittadinanza”. 

Per il momento, i rifugi climatici di Bologna non sono segnalati con pannelli indicativi fuori dagli edifici o dai luoghi preposti, ma sono indicati solo con sulla mappa online del comune. Una “mappatura che ha richiesto un po’ di tempo ma io volevo assolutamente che fosse pubblicata entro quest’estate,” chiarisce l’assessora. “L’idea però è preparare un logo da apporre all’esterno dei rifugi per renderli riconoscibili e, soprattutto, lavorare per ampliarne il numero.”

Selezionare i luoghi più adatti

Venerdì 4 luglio, Materia Rinnovabile ha visitato diversi rifugi climatici bolognesi (Salaborsa, Archiginnasio, MAMbo, Giardino Klemen, Parco 11 Settembre e Parco Montagnola). Le persone che lavorano in questi luoghi, però, hanno pareri contrastanti sulla loro efficacia. Il personale del museo d’arte moderna MAMbo (a nord della città) ha dato un riscontro positivo. “Alcuni hanno chiamato per chiedere informazioni, altri sono venuti anche di persona,” afferma una dipendente. “L’utenza media è varia, va dai ragazzi e i giovani studenti universitari che non trovano posto nelle aule studio alle persone più anziane, che sfruttano la presenza dell’aria climatizzata.” 

Alla biblioteca dell’Archiginnasio, però, in centro città, il personale ha sollevato alcune perplessità sull’idoneità di questo luogo come rifugio climatico. Si tratta infatti di una biblioteca di consultazione, frequentata prevalentemente da accademici, in cui bisogna mantenere un rigoroso silenzio e non è possibile portare con sé né borse, né zaini, e neppure cibo e acqua.

Anna Lisa Boni ha confermato che talvolta la tutela del patrimonio culturale si può scontrare con le necessità pratiche di contrasto all’emergenza climatica e quindi serve “lavorare con la sovraintendenza e trovare un equilibrio” per offrire servizi adeguati anche in centro storico, sottolineando però che in quell’area si trova anche Salaborsa, un’altra biblioteca che anche il personale dell’Archiginnasio ha indicato come più idonea a essere un rifugio climatico.  

Salaborsa, infatti, dispone anche di un’area break e di una vasta sala che può accogliere anche chi non desidera necessariamente fermarsi in biblioteca. Tuttavia, alcune bibliotecarie hanno dichiarato di non aver notato un particolare cambio nel bacino di utenza, anche perché si tratta di un luogo già ampiamente frequentato.

Abbiamo chiesto un chiarimento all’assessora, che ha detto di aver riscontrato, oltre a molte reazioni positive, anche “qualche perplessità di fronte al fatto che si tratta di luoghi che esistevano già. Per noi è un discorso di mappatura e diffusione dell’informazione, per segnalare alle persone che sono a casa senza condizionatore che, anziché andare al centro commerciale, possono venire in questi luoghi per rinfrescarsi. È anche un discorso di giustizia ambientale: questi rifugi infatti sono rivolti soprattutto a chi non può permettersi un condizionatore”. Inoltre, la mappatura permette ad alcune persone di scoprire posti che non conosceva o magari “conoscevano già ma non avevano immaginato a questo scopo”, conclude Boni.

La situazione nel Nord e Centro Italia

Nel 2025 sono sorti rifugi climatici in diverse parti d’Italia. Già a fine giugno Firenze aveva messo a disposizione una lista con un totale di sette biblioteche e trentasette giardini e parchi. Sul proprio sito web, il comune spiega che “il lavoro di mappatura è iniziato con la definizione di criteri di idoneità degli spazi, sulla base dell’analisi di quelli utilizzati da altre città europee, che ha portato a una definizione di una prima lista di rifugi climatici dove si può sostare e trovare sollievo durante le ondate di calore”.

La città di Milano, invece, non prevede una mappa dei rifugi, ma mette a disposizione della cittadinanza più di cinquanta punti di distribuzione di acqua fresca accessibili a chi abbia con sé la tessera sanitaria. Il comune di Roma, che dispone già di alcune strategie per ridurre l’impatto del caldo nei quartieri, sta lavorando a una mappatura dei rifugi climatici, che sarà pronta nel 2026.

Anche Torino, pur non avendo una rete di rifugi, prevede diverse azioni di contrasto al caldo. L’assessore alla cura della città, servizio anagrafe e protezione civile Francesco Tresso spiega a Materia Rinnovabile che “grazie ai fondi europei abbiamo realizzato cinque nuove aree infrastrutturate con giochi d’acqua, molto utilizzate dalla cittadinanza”, rivolte soprattutto alle famiglie che passano l’estate in città. Inoltre, “grazie alla collaborazione con la protezione civile, stiamo sperimentando un’attività pilota con le strutture ospedaliere della città, che mettono a disposizione personale medico che in maniera itinerante si dispone in gazebi in prossimità dei centri anziani e delle case popolari, per offrire gratuitamente visite mediche alle persone”.

Oltre a questi servizi, nel capoluogo piemontese anche i musei diventano rifugi climatici. La Fondazione Torino Musei ha infatti previsto dal 5 al 13 luglio una promozione speciale per le persone over 65, che garantisce loro l’ingresso gratuito alle collezioni permanenti e un biglietto ridotto per quelle temporanee. Previsto anche l’ingresso gratuito per bambini fino a dodici anni in tutti i musei della fondazione.

I rifugi climatici di Napoli

Nell’Italia meridionale, anche Napoli offre il servizio di rifugi climatici, mappati in modo indipendente dall’associazione Cleanap, che si è ispirata proprio al comune di Bologna. “Abbiamo scelto di non aspettare e di proporre una soluzione dal basso, concreta e immediata”, spiegano a Materia Rinnovabile Emiliana Mellone, Nicola De Innocentis e Cristiano May, tra i soci di Cleanap.

“Siamo un’associazione con una passione per le mappe partecipative – in passato abbiamo realizzato una mappatura collettiva delle fontanelle pubbliche – e tra i nostri fondatori abbiamo la fortuna di annoverare Nicola De Innocentis, esperto di GIS [Geographic Information System, una tecnologia usata per mappare i dati, ndr]. Così, ci siamo messi all’opera. Nel giro di pochi giorni abbiamo pubblicato la nostra prima versione della mappa, che includeva venticinque rifugi climatici selezionati in città. Appena pubblicata la mappa l’abbiamo subito inviata ai due assessorati competenti, del verde e del welfare, come contributo spontaneo, proponendone l’inserimento nella sezione dedicata al Piano caldo 2025 del comune. Al momento non abbiamo ricevuto una risposta ufficiale, ma il progetto è stato citato e ringraziato in consiglio comunale dal consigliere di Alleanza Verdi e Sinistra Luigi Carbone: un gesto che per noi ha avuto grande valore simbolico. Purtroppo a Napoli manca un assessorato specifico su clima e ambiente, e questa frammentazione istituzionale rende più complesso ogni percorso di collaborazione.”

La mappa digitale comprende viali alberati, porticati con panchine, biblioteche, parchi urbani o aule studio per offrire ombra e frescura. “Non abbiamo ancora raccolto dati precisi sugli utenti, ma la mappa ha superato le 1.500 visualizzazioni in pochi giorni, segno che c’è curiosità e interesse diffuso. È un buon punto di partenza,” riportano. “La risposta mediatica e social è stata sorprendente. Abbiamo ricevuto tantissimi messaggi di apprezzamento e condivisioni, e ciò ci fa pensare che il tema abbia toccato un nervo scoperto. Il nostro obiettivo, almeno in questa fase, era proprio quello di sensibilizzare sia l’amministrazione sia i cittadini sulla necessità di pensare l’adattamento climatico come una questione concreta, urbana e quotidiana. E la mappa ha funzionato molto bene in tal senso.”

I rifugi climatici di Barcellona

Un esempio di città europea modello dal punto di vista della diffusione e frequenza d’uso dei rifugi climatici è Barcellona, che dispone di una fitta rete di biblioteche, scuole, centri civici e parchi mappati sul territorio. L’iniziativa è nata nel 2020 dopo che la città ha dichiarato ufficialmente lo stato di emergenza climatica, una proclamazione formale accompagnata da un documento di pianificazione che illustra non solo i problemi dati dalla crisi climatica, ma anche le proposte per risolverli.

“È da quel momento che il comune di Barcellona decide di investire in parallelo su diversi ambiti, tra cui anche le superilles [aree urbane dove le auto non possono circolare, ndr], un tema complementare a quello del rifugio climatico”, spiega a Materia Rinnovabile Francesco Cocco, consulente senior in accessibilità, design universale e longevità per amministrazioni pubbliche (tra cui il comune di Barcellona, in cui vive) e private. “Anche se il governo è cambiato, l’idea dei rifugi climatici si è mantenuta tra un’amministrazione e l’altra. A fare la differenza è stato il fatto che oltre al manifesto è stato stanziato un budget, che ha permesso di dare il via ai progetti.”

“A Barcellona, i luoghi sono stati adattati per diventare rifugi climatici, per esempio inserendo delle piante, o migliorando la parte di condizionamento interno”, aggiunge Cocco. “In alcuni casi, le scuole restano aperte alla cittadinanza anche durante il fine settimana nei mesi estivi, così che le persone possano usufruire di questi spazi anche in orari in cui di solito sono chiusi.”

In questo modo, spiega Cocco, i rifugi climatici “contribuiscono a contrastare gli effetti della povertà energetica”, ovvero la condizione di chi non dispone di sistemi di raffreddamento a casa propria, ma sono anche “uno strumento di longevità, perché aiutano ad adattarsi al cambiamento climatico che stiamo affrontando”.

Inoltre, il comune si è occupato di comunicare questa iniziativa in modo massiccio, affinché tutti potessero conoscere e usufruire della rete di rifugi. “Ne parlano i canali istituzionali e c’è un logo specifico che viene posizionato su un cartellone fuori da ogni rifugio climatico, così che chiunque possa individuarli subito. La comunicazione è avvenuta quasi sempre in catalano e castigliano, quindi è rivolta più alla cittadinanza che ai turisti, ma sono iniziative visibili e accessibili a tutti.”

A questo proposito, “serve non solo aprire i rifugi climatici ma anche adattarli, farne di nuovi”, conclude Cocco. “Non solo mapparli, ma anche fare tanta comunicazione istituzionale e promozione. Bisogna avere alle spalle una visione, un pensiero, una pianificazione. L’iniziativa deve essere accompagnata da una programmazione per farne una struttura radicata sul territorio. Questa, secondo me, è la chiave di volta per le amministrazioni.”

 

In copertina: cartello di segnalazione di un rifugio climatico a Barcellona, foto gentilmente concessa da Francesco Cocco