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L’Oblio della morte è una vertigine che respingiamo tutta la vita. Ma se, nel De senectute, Cicerone riflette su come gli uomini devono accettare lo scorrere inesorabile del tempo, da qualche anno una crescente schiera di medici, biohacker, economisti, nutrizionisti, esperti di benessere hanno dichiarato guerra all’obsolescenza del corpo (e della mente).

Dalla medicina genetica agli organi artificiali, dalla robotica assistiva ai chip per monitorare il bioritmo corporeo, fino a interventi quasi fantascientifici come la criogenizzazione e gli impianti neurali, i saperi e dispositivi per la longevità e l’invecchiamento sano stanno rivoluzionando l’economia, l’ambiente e soprattutto l’assetto demografico planetario.

A fine secolo l’aspettativa di vita media globale arriverà a 83,7 anni per le donne (era di 48,4 nel 1959) e a 79,8 anni per gli uomini (era di 44,8), con picchi di oltre 100 anni in alcuni dei paesi più ricchi e sviluppati. In Cina e Giappone addirittura la media si assesterà intorno ai 95 anni, superando l’Europa meridionale (92,07) e il Nord America (89,45).

Capire quali dispositivi e saperi saranno alla base di questa longevità sana (vivere più a lungo stando bene è l’assioma) e di come estenderla ben oltre gli attuali limiti genetici (circa 120 anni) è la riflessione alla base di questo numero di Materia Rinnovabile. In queste pagine esploreremo quali sono le tecnologie per l’invecchiamento (age tech), per il benessere evergreen (health tech) e per il miglioramento della qualità della vita (human tech).

Abbiamo indagato come si stanno sviluppando le tecnologie per la conservazione criogenica con il CEO della Alcor Foundation James Arrowood, le ricerche sull’emulazione del cervello con il neuroscienziato Randal A. Koene, l’economia della longevità con il direttore del NICA Nicola Palmarini, la medicina genetica, gli esoscheletri da lavoro e assistivi con leader di mercato come Comau e Hypershell, la stampa degli organi 3D e la biofabbricazione, i chip neurali per aiutare persone diversamente abili o con mere finalità operative (un chip per pagare impiantato nella mano?).

Abbiamo persino analizzato la medicina nello spazio, come tecnologia di innovazione ma anche come strumento di comprensione del comportamento del corpo umano in condizioni estreme, in un’epoca dove si torna a parlare di esplorazioni su Marte. Il mondo farmaceutico e nutraceutico apriva tantissime opzioni di studio e riflessione, ma abbiamo voluto concentrarci sui farmaci più discussi degli ultimi anni, quelli a base di semaglutide come Oxempic e WeGovy e presto la pillola anti-obesità a base di orforglipron.

Ogni porta che si apre svela un mondo affascinante e dinamico, ma che spesso non ha nemmeno iniziato a studiare gli impatti ambientali, economici e sociali di queste tecnologie. Dal punto di vista dell’economia sostenibile ciò significherà che ogni singolo umano avrà un’impronta ecologica sempre più estesa. Sia per la maggiore durata di vita, sia per l’introduzione di sempre nuove health tech, come esoscheletri, chip neurali, robot per l’assistenza, weareable di ogni tipo. Avremo abbastanza materie prime critiche per offrire un accesso democratico a questi sistemi? Si riuscirà a industrializzare e ottimizzare le tecnologie per un beneficio diffuso o rimarrà un privilegio delle classi più abbienti, creando meccanismi di longevità classisti? E, ancora, quali nuove tecnologie, farmaci e processi potremo inventare grazie ad AI, space tech, neuroscienze, medicina genetica, gerontomedicina?

Certo, dovremmo innanzitutto ricordare il principio One Health: la prima cosa per stare in buona salute è un rapporto positivo con l’ambiente circostante. Invece che devastare boschi e foreste, estrarre fonti fossili climalteranti, fare guerre genocide e tossiche, inquinare aria e acqua, consumare a dismisura, oltraggiare le montagne e i mari con l’overtourism, forse dovremmo partire dalla salute degli ecosistemi, fondamento della nostra longevità e benessere. Diventare ultracentenari in grado di correre su un pianeta desertificato, senza biodiversità e dal clima invivibile non è la prospettiva che desideriamo per noi e per tutte le generazioni che verranno.

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In copertina: immagine dal De humani corporis fabrica di Andreas Vesalius (1543)