L'Unione Europea è sempre più preoccupata per la sicurezza alimentare, come ci ha ricordato la presidente von der Leyen nella sua Dichiarazione a nome dell'Unione Europea. Ma per inquadrare correttamente questa preoccupazione europea serve chiarezza: la sicurezza alimentare ha molto più a che fare con la distribuzione e l'accessibilità che con la produzione.

L'Europa produce cibo a sufficienza per tutti, gran parte del quale viene esportato, eppure ne spreca 59 milioni di tonnellate all'anno. La soluzione per contrastare l'insicurezza alimentare non è aumentare la produzione, ma piuttosto promuovere un'alimentazione più sostenibile e a km zero, ambienti alimentari più sani e una maggiore democrazia alimentare.

Tre quarti dei 2,33 miliardi di persone che soffrono di insicurezza alimentare nel mondo vivono in aree urbane e periurbane: un dato che ci ricorda come le città siano al centro della sfida globale della sicurezza alimentare. Ma questo significa anche che hanno le chiavi per il cambiamento.

È quanto dimostra ICLEI Europa nel suo position paper Sicurezza e resilienza alimentari urbane, che fornisce non solo una roadmap verso la sostenibilità, ma anche, forte della sua vasta esperienza sul campo con le città, un elenco di 10 raccomandazioni concrete.

Le città possono innanzitutto rafforzare la sicurezza alimentare sostenendo iniziative guidate dalla comunità. L'area metropolitana di Lisbona, ad esempio, attraverso la sua Strategia per la transizione alimentare e il progetto FoodCLIC, sovvenziona i cosiddetti "cestini alimentari" (in portoghese "cabazes alimentares") destinati ai residenti in difficoltà economica, distribuiti in oltre sessanta punti, alcuni dei quali sono spazi di agricoltura sostenuta dalla comunità (CSA).

In linea con la seconda raccomandazione di ICLEI di espandere l'agricoltura urbana, la città di Cork gestisce 29 orti urbani con il supporto del progetto FEAST, rafforzando notevolmente il senso di comunità in quei quartieri con scarse opportunità di aggregazione sociale e creando ambienti alimentari più salutari.

Diverse città come Friburgo, Ghent, Berlino e Barcellona hanno poi investito nella democrazia alimentare decidendo di istituire consigli di politica alimentare, piattaforme che riuniscono diversi portatori di interesse per affrontare insieme le sfide alimentari locali.

Che sia attraverso un consiglio di politica alimentare o un assessorato comunale, un numero crescente di città si è inoltre impegnato a sviluppare strategie alimentari integrate, cioè piani d'azione adottati a livello locale per affrontare le problematiche del sistema alimentare, collegati agli obiettivi di sostenibilità cittadini e integrati con altre aree di policy. Lille Metropole, ad esempio, ha sviluppato una strategia agricola e alimentare olistica, in linea con gli obiettivi di sostenibilità, per risanare i suoli inquinati, sostenere gli agricoltori locali e promuovere la produzione sostenibile.

Spesso, parte della strategia alimentare prevede l'impegno a sfruttare il potere degli appalti pubblici. Le città, così come i loro cittadini, possono acquistare cibo in modo strategico per sostenere i piccoli produttori alimentari sostenibili e promuovere la salute pubblica. È quanto hanno fatto la città di Vienna e la città di Orduña, che hanno entrambe sviluppato linee guida nutrizionali e si riforniscono da produttori biologici e agroecologici (come si vede dalla mappa di Buy Better Food).

La sesta raccomandazione di ICLEI è promuovere l'educazione alimentare e abitudini alimentari sane come componenti essenziali della sicurezza alimentare. Le basi dell'alfabetizzazione alimentare possono essere gettate fin dalla tenera età, come dimostrano le 37 città che collaborano localmente con un totale di 3.797 scuole nell'ambito del progetto SchoolFood4Change per sviluppare programmi di educazione alimentare e pasti scolastici sani.

Un altro modo per promuovere la sicurezza e la resilienza alimentare urbana è investire in infrastrutture chiave che rafforzano i collegamenti tra città e campagna. La città di Lovanio ha deciso di creare Kortom Leuven, un hub logistico alimentare per portare i prodotti degli agricoltori in città. Un altro modo è investire nei mercati alimentari locali, come ha fatto la città di Brașov in Romania, dove gli agricoltori locali beneficiano dell'assegnazione diretta di bancarelle secondo il principio del “primo arrivato primo servito”, sostenendo così i mercati contadini.

All'altro capo della filiera alimentare, le città decidono di poi di ridurre gli sprechi alimentari e potenziare il recupero del cibo per rafforzare la sicurezza alimentare urbana. Londra, ad esempio, ha investito in una formazione approfondita per i ristoranti volta a ridurre gli sprechi alimentari, mentre la città di Milano, tramite il progetto finanziato da Horizon Europe CULTIVATE, ha investito in cargo-bike per la sua attività locale di recupero e redistribuzione delle eccedenze alimentari.

Molte città hanno anche capito di avere gli strumenti per regolamentare l'ambiente alimentare, attraverso normative urbanistiche, incentivi fiscali e misure tecniche per influenzarlo. È il caso, ad esempio, di Baltimora a New York, dove sono attivi incentivi fiscali a sostegno dell'apertura di negozi di alimentari e punti vendita di cibo sano nei quartieri mal serviti, o di Amsterdam, che ha sviluppato uno strumento di misurazione dell'ambiente alimentare per affrontare il problema degli ambienti alimentari malsani in città.

Implementare queste azioni può sembrare impegnativo, ma nessuna città deve agire da sola. Entrare a far parte di una rete come il programma CityFood di ICLEI consente agli enti locali di attingere a competenze condivise, buone pratiche e supporto tra pari per rafforzare i propri sistemi alimentari urbani.

 

In copertina: immagine Envato