Un nuovo rapporto di Oxfam, Fair Finance International e 11.11.11 denuncia come principali banche e investitori europei riversino quasi otto miliardi di euro l’anno in società minerarie attive nell’estrazione di minerali critici, materiali fondamentali per la transizione energetica, ma spesso associati a gravi violazioni dei diritti umani e danni ambientali.

Il documento, pubblicato in vista della EU Raw Materials Week, mette in luce un paradosso: mentre l’Europa cerca di affermarsi come leader della sostenibilità e dell’energia pulita, le sue stesse istituzioni finanziarie contribuiscono a pratiche che minano queste ambizioni.

Il rapporto Financing Critical Minerals but Failing Critical Safeguards analizza il periodo 2016-2024, rivelando che le banche europee hanno erogato 64 miliardi di euro in prestiti e servizi finanziari a società minerarie che estraggono litio, rame, nichel e cobalto, mentre gli investitori dell’UE detengono circa 15 miliardi in azioni e obbligazioni legate a queste stesse compagnie. Tali materiali, largamente utilizzati in batterie, turbine e veicoli elettrici, sono definiti strategici per la transizione ecologica, ma il rapporto sottolinea come la ricerca di approvvigionamenti sicuri stia alimentando conflitti sociali, sfratti forzati e inquinamento ambientale.

In totale, quasi 8 miliardi l’anno finiscono in un’industria che la Commissione europea definisce “strategica”, ma che si regge su una catena di approvvigionamento segnata da conflitti sociali, sfratti forzati e disastri ambientali.

I grandi nomi della finanza sotto accusa

Gli autori del rapporto hanno valutato le politiche ambientali e sociali degli otto maggiori finanziatori europei nel settore: tra essi figurano BNP Paribas, Crédit Agricole, Société Générale, ING, Banco Santander, la spagnola BBVA, Allianz e il fondo pensione olandese ABP.

Il giudizio sulle loro misure di tutela è impietoso: i punteggi oscillano tra 2,6 e 4 su 10, a indicare che le regole interne risultano insufficienti rispetto agli standard internazionali di due diligence. Perfino ABP, considerato il migliore tra i grandi investitori, ottiene solo un 4. Crédit Agricole, il principale investitore europeo nel comparto minerario, e Allianz, il secondo, non superano quota 3.

“Non si tratta di poche mele marce, ma piuttosto di un sistema che permette ai finanziatori europei di cavarsela perché le regole sono troppo deboli”, racconta Kees Kodde, responsabile del progetto Oxfam-Fair Finance International. “La corsa ai minerali critici è spesso vista come la base per l'energia verde, ma le loro catene di approvvigionamento sono piene di inquinamento e conflitti sociali.”

L’analisi, precisa Kodde, evidenzia come la debolezza delle regole europee esponga le banche a rischi finanziari e reputazionali, perché conflitti comunitari, proteste e danni ambientali possono ritardare o fermare le operazioni minerarie, con conseguenze economiche dirette.

Dalla Repubblica Democratica del Congo al Brasile

Il rapporto documenta quattro casi emblematici. Nella Repubblica Democratica del Congo, Allianz, BNP Paribas e Crédit Agricole hanno finanziato la miniera di Kamoa-Kakula, una delle più grandi al mondo per rame e cobalto. Le comunità locali denunciano espropri di terre, inquinamento delle acque e insediamenti di persone sfollate privi di acqua potabile e terreni coltivabili. Nel 2025, una protesta pacifica è stata repressa con due morti e decine di arresti arbitrari e violenze, secondo quanto riferiscono organizzazioni locali.

In Mozambico, la miniera di Balama, che produce grafite per batterie elettriche, ha costretto le comunità locali a lasciare case e terreni senza compensazioni adeguate, mentre l’inquinamento delle fonti idriche compromette salute e agricoltura.

In Perù, la miniera di rame Antapaccay, operata da Glencore, riceve finanziamenti da Allianz, Deutsche Bank e ING. I residenti segnalano problemi respiratori, moria di bestiame e contaminazione di acqua e suolo da metalli tossici, confermata dall’agenzia ambientale statale. La gestione dell’espansione mineraria, spesso segreta e basata su accordi individuali, ha generato conflitti con le comunità locali, che si sentono ignorate e marginalizzate.

In Brasile, BNP Paribas detiene quote di Sigma Lithium, che si autodefinisce pioniera del litio verde. I residenti locali riferiscono che l’azienda ha deviato la loro unica fonte d’acqua senza consenso, imposto divieti all’uso e provocato danni strutturali alle abitazioni a causa di esplosioni minerarie, con conseguenze sulla salute respiratoria e sulla sicurezza domestica.

L’insostenibile transizione verde

Yovana Mamani, membro dell’organizzazione peruviana CooperAcción, sintetizza il quadro: “Le comunità delle Ande peruviane sono private delle proprie terre, soffrono di problemi di salute e vedono violati i propri diritti a causa dell'espansione dei progetti minerari finanziati da banche e investitori europei. Queste istituzioni stanno investendo denaro in aziende che non hanno mantenuto le proprie promesse, inquinano l'acqua e ignorano i diritti umani delle popolazioni indigene”. Il rapporto mette in relazione questi abusi con la debolezza delle norme europee sulla sostenibilità, evidenziando come la transizione ecologica europea, pur finanziata come priorità strategica, si stia svolgendo a scapito della tutela dei diritti e dell’ambiente.

I risultati del rapporto arrivano in un momento in cui l'Europa sta investendo maggiormente per garantire l'approvvigionamento di materie prime fondamentali a sostegno della transizione verde, ridimensionando al contempo le proprie norme in materia di sostenibilità, come la Corporate Sustainability Due Diligence dell'UE, attraverso le proposte Omnibus.

Secondo Femmy Thewissen di 11.11.11, “ignorare i diritti umani non è solo ingiusto ma anche dannoso per gli affari. I disordini sociali possono causare la chiusura delle miniere, interrompere le forniture e rendere più costosa la transizione energetica dell'Europa. La transizione verde richiede finanziamenti responsabili, non investimenti ciechi”.

La presentazione all’EU Raw Materials Week

Il rapporto sarà al centro di un evento pubblico, organizzato da Oxfam, Fair Finance International and 11.11.11, il prossimo 20 novembre a Bruxelles, durante l’EU Raw Materials Week, che si terrà dal 17 al 21 novembre, con la partecipazione degli autori e della Commissione europea, e fornirà una piattaforma di confronto sul futuro della finanza sostenibile legata ai minerali critici.

Oltre alla denuncia dei rischi e degli abusi, il documento contiene raccomandazioni operative per le banche, gli investitori e le istituzioni europee, proponendo strumenti concreti per una finanza realmente responsabile, capace di conciliare transizione energetica, tutela dei diritti e sostenibilità ambientale.

In particolare, le organizzazioni della società civile chiedono all’UE di non annacquare le norme sulla sostenibilità e la due diligence, di rendere le banche e gli investitori responsabili per i progetti che finanziano e di introdurre il principio di Free, Prior and Informed Consent (FPIC) nelle leggi europee sui minerali critici. Il FPIC, riconosciuto dal diritto internazionale, obbligherebbe a ottenere il consenso delle comunità locali interessate prima di qualsiasi attività mineraria. Secondo i promotori del rapporto, rispettare questi diritti non rallenterebbe la transizione energetica, ma la renderebbe più sostenibile e sicura per tutti gli attori coinvolti.

 

In copertina: foto di Shubham Nayak, Unsplash