Investire nella natura conviene, anche economicamente. Oggi, infatti, circa metà del PIL mondiale dipende dal capitale naturale e il suo degrado rappresenta un rischio non solo per la sopravvivenza di numerose specie, ma anche per le imprese. In particolare, gli investimenti nel ripristino delle aree degradate creano da 4 a 38 euro di valore aggiunto per ogni euro speso.

A illustrare questi dati è il rapporto Verso un’economia Nature Positive, presentato a Roma mercoledì 17 settembre 2025 in occasione del convegno Restoration Economy: le imprese protagoniste della riqualificazione dei territori. L’evento, che ha visto la presenza di oltre 130 rappresentanti di aziende e altre realtà, è stato organizzato dal Nature Positive Network, la rete che riunisce le imprese interessate a realizzare iniziative di tutela e valorizzazione del capitale naturale, promossa dall’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po e dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile.

Un’economia nature positive conviene

Non è facile misurare quantitativamente i benefici del capitale naturale. Tuttavia, è certo che una crisi ecologica non ha solo un impatto sull’ambiente, ma anche sull’economia, e quindi sulla vita e la salute delle persone. Secondo le stime UE, lasciare inalterata l’attuale traiettoria di degrado ambientale significa perdere circa 57 miliardi di euro all’anno a livello comunitario e 2,2 miliardi per l’Italia. Un impatto destinato a salire, con un valore cumulato al 2050 di 1.700 miliardi per l’UE e circa 60 miliardi per l’Italia. Al contrario, investire nella Nature Restoration avrebbe un costo di 261 milioni e un ritorno di ben 2,4 miliardi di euro.

“La transizione verso l’obiettivo nature positive è molto impegnativa e necessita di un significativo cambiamento di approccio e di forti investimenti”, ha ricordato il presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile Edo Ronchi. “Ma è economicamente fattibile, con benefici superiori ai costi. Non muoversi rapidamente verso un modello produttivo in equilibrio con le capacità rigenerative del capitale naturale rischia di compromettere irreversibilmente le prospettive di sicurezza economica e di benessere sociale. Rigenerare la natura è un fattore imprescindibile per contrastare la crisi climatica ed ecologica che minaccia la stabilità della nostra economia.”

Anche Giuseppe Dodaro, coordinatore del Nature positive network, è intervenuto su questo tema. “Restaurare la natura ha un costo elevato e centrale sarà la questione dei finanziamenti. L’Unione Europea nel suo bilancio 2021-2027 prevede per la biodiversità 115 miliardi di euro, oltre a fondi dedicati. Per riuscire a centrare questo cambio di paradigma sarà necessario affiancare a queste risorse quelle nazionali, regionali e private, coinvolgendo anche il mondo produttivo e le comunità locali.”

Il rischio in Italia

Agire oggi è ancora più urgente in Italia a causa dei fenomeni di erosione e degrado delle aree naturali nella penisola. Come ha messo in luce di recente anche il 6° Rapporto sullo stato del capitale naturale in Italia, sono ben 58 gli ecosistemi attualmente in stato di conservazione sfavorevole nel paese. Inoltre, secondo i dati presentati al convegno, rielaborati dal Biodiversity Information System in Europe, poco meno della metà dell’intera superficie occupata da ecosistemi naturali nel territorio italiano (46,3%) è da considerarsi a rischio, con la situazione peggiore nell’ecoregione padana, dove il consumo di suolo è in continuo aumento. Anche la qualità delle acque mostra forti criticità: solo il 47% dei corpi idrici superficiali ha raggiunto infatti uno stato ecologico classificato come buono o elevato.

Su questo tema, è intervenuto Andrea Colombo, segretario generale facente funzione dell’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, notando che “la tutela e la gestione dell’acqua rappresenta una priorità da affrontare consapevolmente e da attuarsi in modo responsabile, solidale e collaborativo sia da parte dei soggetti pubblici sia da parte degli utilizzatori e stakeholder del distretto.”

Un nuovo modello di business

Mentre i modelli di business tradizionali si sono fondati sul presupposto che le risorse naturali siano gratuite e inesauribili, l’approccio oggi sta cambiando. Durante l’evento, imprese e organizzazioni industriali hanno avviato infatti una riflessione sulle implicazioni economicamente negative determinate dal degrado dei sistemi naturali e dalla perdita di alcuni servizi ecosistemici. Invece, avviare una strategia “nature-positive” può avere ritorni economici positivi e persino ampliare per le imprese le possibilità di accesso al credito. Quasi il 75% dei prestiti bancari a imprese nell’area dell’euro vengono infatti concessi ad aziende con un’elevata dipendenza da almeno un servizio ecosistemico. Intervenire per prevenirne il degrado, dunque, ha impatti positivi e sul lungo termine.

“Un’azione diffusa di tutela, gestione e ripristino degli ecosistemi è imprescindibile per contrastare in maniera efficace la crisi climatica”, ha concluso Dodaro. “Per le imprese investire nella natura significa garantirsi resilienza e competitività nell’immediato futuro. È fondamentale sfruttare collaborazioni propositive tra pubblico e privato. Passare da progetti isolati a interventi individuati con criteri scientifici rigorosi, nell’ambito del Piano nazionale e di strategie che lo attuano alla scala locale assicura risultati ecologici misurabili e più rilevanti”.