Quasi un quarto del territorio italiano (il 23%) è a rischio frane. E a peggiorare la situazione è il fatto che la superficie è aumentata in appena quattro anni del 15%, passando dai 55.400 km² del 2021 ai 69.500 km² del 2024. Il dato è contenuto nel quarto rapporto ISPRA sul Dissesto idrogeologico in Italia, che fa riferimento al triennio 2022-2024. Un’opera fondamentale, non solo per avere cognizione degli eventi franosi ma per poter intervenire in modo efficace nelle opere di contrasto.

“Un’approfondita e dettagliata conoscenza dei fenomeni di dissesto, in termini di distribuzione territoriale e di pericolosità, è infatti un’azione fondamentale per programmare adeguate politiche di mitigazione del rischio”, commenta Stefano Laporta, presidente di ISPRA e del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA).

Frane, in aumento frequenza e intensità

Gli ultimi tre anni sono stati caratterizzati da eventi idro-meteorologici di eccezionale intensità: le esondazioni diffuse lungo le aste fluviali principali e secondarie nelle Marche del settembre 2022, le colate rapide di fango e detriti nell’isola di Ischia nel novembre 2022 con 12 morti, le alluvioni in Emilia-Romagna nel maggio 2023, con danni stimati in 8,6 miliardi di euro, le intense precipitazioni in Valle d’Aosta e Piemonte settentrionale nel giugno 2024, con effetti significativi in termini di esondazioni e colate detritiche.

Come si legge nel rapporto, “i cambiamenti climatici stanno determinando un incremento della frequenza delle piogge intense e concentrate, con conseguente aumento delle frane superficiali, delle colate rapide di fango e detriti, delle alluvioni, incluse le flash flood (piene rapide e improvvise), amplificando il rischio con impatti anche su territori storicamente meno esposti”.

Italia tra i paesi UE più esposti

L’Italia non parte certo avvantaggiata rispetto al rischio frane. Risulta infatti tra i paesi europei più esposti al pericolo. Secondo i dati aggiornati dell’Inventario dei fenomeni franosi in Italia (IFFI), sono oltre 636.000 le frane censite sul territorio nazionale. Un dato importante, se si considera che circa il 28% di questi fenomeni è caratterizzato da una dinamica estremamente rapida e da un elevato potenziale distruttivo, con conseguenze spesso drammatiche, inclusa la perdita di vite umane.

Per quanto riguarda il pericolo frane, gli incrementi più significativi dell’ultimo quadriennio si rilevano in provincia autonoma di Bolzano (+61,2%), Toscana (+52,8%), Sardegna (+29,4%), Sicilia (+20,2%) e sono dovuti principalmente a studi di maggior dettaglio effettuati dalle autorità di bacino distrettuali e dalle province autonome. Le aree classificate a maggiore pericolosità (elevata P3 e molto elevata P4) dall’8,7% passano al 9,5% del territorio nazionale.

“L’Italia è un paese in cui le caratteristiche morfologiche, geologiche, idrologiche, meteo-climatiche e sismiche determinano una vulnerabilità strutturale del territorio ai fenomeni naturali, aggravata dai cambiamenti climatici e dalle pressioni antropiche, con un incremento delle superfici artificiali dal 2,7% negli anni Cinquanta al 7,16% del 2023″, si legge nel rapporto.

Quasi il 10% degli italiani vive nelle aree più a rischio frane

Il rischio frane coinvolge attualmente circa 5,7 milioni di cittadini italiani, ovvero poco meno del 10% della popolazione nazionale. Di questi, 1,28 milioni sono residenti nelle aree a maggiore pericolosità (quelle cioè classificate da ISPRA con P3 e P4). Oltre 582.000 famiglie, 742.000 edifici, quasi 75.000 unità locali di impresa e 14.000 beni culturali sono esposti a rischio nelle aree a maggiore pericolosità da frana.

Sul fronte delle valanghe, la superficie potenzialmente coinvolta è di 9.283 km², pari al 13,8% del territorio montano sopra gli 800 metri di quota. Per mappare il fenomeno, ISPRA ha realizzato per la prima volta una cartografia armonizzata nazionale, grazie al contributo di AINEVA (Associazione per il monitoraggio e la prevenzione di neve e valanghe), del Servizio Meteomont dei Carabinieri, delle regioni e delle ARPA competenti.

Erosione costiera, le opere di protezione invertono la tendenza

A dimostrazione di quanto siano importanti le azioni di contrasto dei fenomeni di dissesto, il rapporto ISPRA sottolinea il dato relativo all’erosione costiera. Un fenomeno che negli anni sta coinvolgendo sempre più tratti di costa. E che però è possibile contrastare. Tra il 2006 e il 2020, spiegano gli analisti di ISPRA, oltre 1.890 chilometri di spiagge, pari al 23% dell’intera costa italiana e al 56% delle sole spiagge, hanno subìto cambiamenti significativi. Hanno cioè subìto alterazioni dell’assetto della linea di riva superiori a 5 metri. Di questi tratti di costa, 934 km risultano in erosione mentre 965 km risultano in avanzamento.

Un’inversione di rotta rispetto al passato, con una prevalenza della lunghezza dei tratti di costa in avanzamento su quelli in erosione di circa 30 km. Il motivo? “Seppur non riscontrabile in tutte le regioni, è da considerarsi quale probabile effetto dei numerosi e continui sforzi compiuti negli anni per mitigare il dissesto costiero con interventi di ripascimento e opere di protezione.”

Pianificazione territoriale e pratiche sostenibili

Il quadro complessivo sul dissesto idrogeologico in Italia evidenzia la necessità di un aggiornamento continuo degli strumenti di conoscenza e pianificazione, del monitoraggio e presidio del territorio e di interventi di mitigazione del rischio. Costruire una strategia efficace, sottolinea Laporta, “vuol dire mettere in campo una serie di azioni sinergiche tra cui, oltre alla conoscenza del territorio, una corretta pianificazione territoriale, gli interventi strutturali, le reti di monitoraggio e i sistemi di allertamento, la gestione dei corsi d’acqua, la manutenzione del territorio e le pratiche sostenibili in campo agricolo e forestale, la comunicazione e diffusione delle informazioni”.

A supporto delle politiche di prevenzione e intervento, ISPRA gestisce due strumenti chiave: IdroGEO, la piattaforma nazionale sul dissesto idrogeologico, e ReNDiS, il Repertorio nazionale degli interventi per la difesa del suolo.

La prima è una applicazione web open source, open data, multilingua e accessibile da smartphone. Grazie a essa, qualsiasi utente può gestire, consultare, condividere e scaricare i dati e le mappe dell’Inventario dei fenomeni franosi in Italia (IFFI), delle Mosaicature nazionali di pericolosità per frane e alluvioni, degli indicatori di rischio e dell’Anagrafe nazionale dei sistemi di monitoraggio in situ delle frane. Inoltre il nuovo assistente virtuale di IdroGEO, basato sull’intelligenza artificiale, dialoga con l’utente, fornendo informazioni e rispondendo a domande sul dissesto idrogeologico.

Il Repertorio ReNDIS invece acquisisce, gestisce e rende disponibili alla consultazione le informazioni relative agli interventi finanziati per la mitigazione del rischio idrogeologico in Italia. Nell’area monitoraggio della piattaforma risultano censiti, al dicembre 2024, quasi 26.000 interventi per un importo complessivo finanziato, negli ultimi 25 anni, pari a 19,2 miliardi di euro.

 

Questo articolo è stato originariamente pubblicato su resoilfoundation.org

 

In copertina: foto di Colin Lloyd, Unsplash