C’è un momento preciso in cui le parole smettono di descrivere la realtà e iniziano a modellarla. In Campania è successo quando qualcuno ha deciso di chiamare “Registro Tumori 2025” un documento che racconta il 2021. Non è un errore di battitura, non è pigrizia burocratica. Ha tutta l’aria di essere l’architettura di un’operazione che ha l’ambizione di riscrivere la storia di una delle tragedie ambientali più gravi d’Europa.

La Terra dei Fuochi sta subendo una metamorfosi lessicale: da territorio devastato dall’interramento criminale di rifiuti tossici a semplice emergenza-roghi. I tumori − cioè i dati sull’emergenza tumori e la necessità di screening accurati − stanno sparendo dai radar istituzionali con la stessa metodicità con cui i rifiuti speciali sono stati nascosti sottoterra per decenni. Quattro anni senza dati epidemiologici aggiornati, proprio quando è stata emessa la sentenza CEDU che ha condannato l’Italia per trent’anni di omissioni e inefficienza. Quattro anni di silenzio sui numeri che contano, mentre le proiezioni statistiche prendono il posto della realtà.

L’operazione-verità sui numeri fantasma

Antonio Casaccio è il giovane direttore della redazione di Informare che dal 2002 indaga il business criminale dei rifiuti nel casertano. È stata la rivista online a smascherare l’operazione. “Qualcuno, fugacemente, ha esultato: finalmente la regione Campania ha pubblicato il Registro Tumori 2025. No: è l’ennesima giocata politica che nulla ha a che vedere con un aggiornamento di quei dati che abbiamo già da quattro anni”.

Il documento spacciato per “2025” utilizza proiezioni e stime basate sui vecchi dati 2010-2021. “Nelle tavole per singolo tumore il documento mostra serie storiche con calcolo dell’APC (Annual Percent Change) sull’intervallo 2010-2019 e, in grafico, un prolungamento della tendenza evidenziato fino al 2025. Questo tratto finale è, a tutti gli effetti, una stima proiettata e non un’osservazione empirica. Questa opacità metodologica rende controverso l’uso delle proiezioni al 2025 come se fossero fotografie aggiornate.”

Casaccio lo definisce “un radicale cambio di paradigma nell’approccio e nella visione scientifica del fenomeno e i suoi effetti”. Una strategia che sembra essere esplicitata dalle parole pronunciate in una riunione l’11 settembre scorso a Caivano dal capo dipartimento della Protezione civile, Fabio Ciciliano: “I tumori nascono in tanti anni quindi l’analisi che va fatta deve andare molto dietro nel tempo e non può essere utilizzata per le analisi acute. Mentre le patologie respiratorie sono un esempio di quelle situazioni in cui si può agevolmente vedere quella che è la correlazione eventuale tra il fuoco e l’aumento delle patologie respiratorie”.

Traduzione: la Terra dei fuochi oggi è solo un problema di roghi e di conseguenze respiratorie annesse. Punto. “La strategia è quella di circoscrivere la Terra dei fuochi ai roghi di cumuli e, in parallelo, ridimensionare le conseguenze sanitarie restringendole alle sole patologie respiratorie, e non quelle tumorali”, analizza Casaccio.

Un’impostazione che contrasta clamorosamente con la realtà del territorio. “La storia ambientale di queste province non è fatta solo di incendi: per decenni si sono interrati o stoccati in modo illecito milioni di metri cubi di rifiuti speciali fra Caserta e Napoli. E abbiamo bonificato solo il 4-5% dei siti di cui abbiamo contezza.”

La post-verità dell’emergenza ambientale

Il meccanismo è perverso quanto efficace. Si privilegia la “verità emotiva” dei roghi − immediata, spettacolare, televisiva − rispetto alla verità scientifica più scomoda: quella che lega l’interramento di rifiuti speciali alle patologie oncologiche. “Se l’agenda pubblica si modella sull’emozione del fumo e non sulla storia profonda dell’inquinamento, la risposta sarà necessariamente miope”, osserva Casaccio.

La riunione di Caivano, con 10 milioni di euro destinati a rimozioni, videosorveglianza e presidio su strada, ne è la prima applicazione concreta. “La priorità è spegnere i cumuli, installare telecamere e potenziare i controlli, mentre diventano secondari sia l’analisi degli effetti oncologici sulla popolazione esposta a interramenti storici di rifiuti speciali, sia i controlli robusti sui siti di stoccaggio che continuano a bruciare senza che si identifichino i responsabili.”

Parallelamente allo stallo del registro tumori, c’è stato “il dietrofront sul biomonitoraggio delle popolazioni esposte, confermato anche a livello locale dall’ASL di Caserta”. Senza questi strumenti la dimensione reale dell’impatto sanitario, iniziato negli anni Ottanta e ancora alimentato da filiere criminali, resta opaca.

Il decreto insufficiente e gli emendamenti pericolosi

Mentre si consuma questa operazione di revisione storica, al Senato si discute il testo di conversione del Decreto legge Terra dei fuochi che dovrebbe rappresentare la risposta istituzionale all’emergenza. Ma anche qui la sproporzione tra il problema e le soluzioni proposte è evidente. La legge è in commissione Giustizia ancora questa settimana, dove sono stati presentati 123 emendamenti, segno che il decreto nella sua forma originale viene percepito come inadeguato. L’ANCI ha espresso “parere sospeso” in Conferenza unificata, sottolineando che “la tutela penale non può assicurare ai comuni un effettivo deterrente per combattere il degrado da abbandono ed errato conferimento dei rifiuti nelle città”.

Ma il vero paradosso emerge da alcuni emendamenti che rischiano di indebolire ulteriormente gli strumenti di contrasto. Ad esempio Forza Italia ha proposto la soppressione dell’articolo 5, quello che estende l’amministrazione giudiziaria alle aziende sospettate di reati ambientali. In pratica, si vorrebbe eliminare uno degli strumenti più efficaci per colpire le imprese che utilizzano i loro mezzi per smaltimenti illeciti di rifiuti. È il completamento di un disegno: si nascondono i dati sui tumori, si riduce la Terra dei fuochi a emergenza-roghi e, quando si legifera, si evita di toccare davvero le strutture economiche che alimentano il sistema criminale.

Una terra che non si arrende

Eppure, in mezzo a questo scenario sconfortante, qualcosa si muove. Come abbiamo raccontato su Materia Rinnovabile, la nascita del Comitato per l’attuazione della sentenza CEDU ha segnato un passaggio storico: per la prima volta società civile e istituzioni siedono allo stesso tavolo non come antagonisti ma come alleati. Come aveva spiegato Enzo Tosti, coordinatore di Stop Biocidio, si è passati “dalla protesta alla proposta”.

Il dottor Luigi Costanzo, medico di base di Frattamaggiore e presidente del Comitato, fotografa con drammatica precisione la situazione: «Nel mio studio medico sono arrivato a undici nuovi casi di tumore dall’inizio dell’anno, quando la media attesa è di 8-9 casi annui». Numeri che parlano da soli e che rendono ancora più grottesca la pubblicazione di registri tumori basati su proiezioni anziché su dati reali.

Leggi anche: Terra dei fuochi, l’inquinamento persiste nel tempo e si propaga lontano dai roghi tossici

 

In copertina: Hush Naidoo Jade Photography