L’inquinamento provocato da centinaia di allevamenti intensivi di suini e avicoli in Galizia, nel Nord-Ovest della Spagna, ha violato i diritti umani delle circa 20.000 persone che vi abitano vicino. A stabilirlo è stato il Tribunale superiore di giustizia della Galizia, che venerdì 11 luglio 2025 ha condannato il governo regionale e l’ente nazionale che sovrintende la gestione delle acque dei fiumi Miño e Sil, a causa dell’elevata contaminazione del bacino idrico.
È una sentenza storica perché è la prima al mondo che collega in modo diretto l’inquinamento provocato dagli allevamenti intensivi alla lesione dei diritti costituzionali e umani. Secondo il tribunale galiziano, le autorità spagnole hanno infatti fallito nel proprio dovere di tutela e protezione della salute dei cittadini del comune di A Limia, dove l’aria era diventata irrespirabile e l’acqua inutilizzabile per le alte concentrazioni di nitrati.
Il caso era stato portato in tribunale a fine marzo 2025 da sette residenti insieme all’associazione locale As Conchas, un’organizzazione di consumatori e utenti, con il sostegno delle ONG ambientaliste ClientEarth e Amigas de la Tierra España. Il verdetto apre ora un importante precedente a livello globale.
Gli allevamenti intensivi in Spagna
Secondo i dati della FAO relativi al 2023, a livello globale vengono macellati in media 1,5 miliardi di maiali ogni anno per la produzione di carne. La Cina è il maggiore allevatore di maiali al mondo, mentre la Spagna occupa il quinto posto (l’Italia è al diciannovesimo). Inoltre, spiega a Materia Rinnovabile Martina Pluda, direttrice per l'Italia di Humane World for Animals, “con 2.580 allevamenti da ingrasso e 821 da riproduzione, la Spagna è oggi il paese con il maggior numero di allevamenti intensivi di suini in Europa, diventando il principale produttore di carne suina del continente”.
L’impatto di questi numeri in crescita si traduce in contaminazione e inquinamento ambientale. In particolare, in Galizia è stata rilevata la presenza di batteri resistenti agli antibiotici e di nitrati (composti usati nei processi di conservazione della carne, che in grandi quantità hanno impatti negativi sulla salute umana) in una concentrazione fino a 1.000 volte oltre la norma. Questi dati, presentati durante le udienze dagli esperti chiamati a verificare i livelli di inquinamento, sono stati una prova determinante per l’esito del processo.
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L’impatto legale della sentenza
La corte galiziana ha dichiarato che l’inquinamento ha leso i diritti fondamentali alla vita umana, rendendo l’acqua dei pozzi inutilizzabile e l’ambiente malsano. Colpevole la mancata azione delle amministrazioni pubbliche, che secondo il tribunale “nonostante fossero a conoscenza della situazione e fossero legalmente obbligate ad agire, non sono state in grado di porvi rimedio”. L’inquinamento provocato dagli allevamenti intensivi ha violato anche l'articolo 45 della Costituzione spagnola, volto a sanzionare chi danneggia l’ambiente e risarcire la comunità per i danni subìti.
Ora, dunque, il governo regionale e l’ente che sovrintende la gestione delle acque dovranno adottare al più presto misure per porre fine agli odori e al degrado ambientale del bacino e delle aree circostanti. Inoltre, dovranno risarcire ogni residente “con un importo mensile di mille euro fino a un massimo di 30.000 euro” fino a quando la grave situazione ambientale non sarà corretta. Tuttavia, le parti condannate hanno ancora la possibilità di fare ricorso in cassazione. Inoltre, sebbene la causa giudiziaria fosse diretta anche contro cinque consigli comunali della regione (Bande, Os Blancos, Trasmiras Lobeiras e Muiños), il tribunale non ha esteso la condanna alle amministrazioni locali.
“Questa storica sentenza ci rende più forti,” ha commentato Pablo Álvarez Veloso, presidente dell’associazione locale che ha portato il caso in tribunale. “Non ci fermeremo finché il bacino non tornerà a essere un luogo di vita, dove poter camminare, nuotare e bere acqua senza paura. Continueremo a fare pressione affinché le autorità si assumano le proprie responsabilità e mettano in atto soluzioni reali, non vuote promesse."
I precedenti legali e i diritti animali
Benché si tratti della prima sentenza di questo tipo, Martina Pluda spiega a Materia Rinnovabile che esistono alcuni precedenti, con alcune differenze. “Un caso simile è rappresentato da una recente causa intentata da Greenpeace ai Paesi Bassi: a gennaio 2025 il Tribunale distrettuale dell'Aia ha ordinato al governo di attuare misure per ridurre entro il 2030 l'inquinamento da azoto, fortemente correlato all’agricoltura intensiva (soprattutto agli allevamenti).” In quel caso, la sentenza si basava sulle violazioni della direttiva UE sui nitrati.
A livello europeo, secondo la direttrice per l'Italia di Humane World for Animals, “le attuali normative non sono più al passo con i tempi, con le ultime evidenze scientifiche, con la sensibilità dei cittadini e delle cittadine dell’UE, con le richieste di maggior considerazione per gli aspetti etici, ambientali e di salute legati all’allevamento. La Commissione europea ha miseramente mancato il suo impegno, annunciato con la strategia Farm to Fork dell’UE, di rivedere completamente e ampliare l’ambito applicativo dell’attuale legislazione europea sul benessere animale”.
La strategia Farm to Fork, parte del Green Deal europeo, aveva l’obiettivo di sostenere una transizione giusta in campo agricolo e nelle politiche della pesca, ma nel tempo sono emerse molte criticità.
Il caso della Galizia, invece, agisce contro gli allevamenti intensivi a livello giudiziario, sottolineando il legame inscindibile tra ambiente e diritti umani e puntando indirettamente l’attenzione anche su quelli animali. “La sentenza galiziana (e quella nederlandese) non tratta direttamente i diritti animali,” precisa Pluda. “Tuttavia, il riconoscimento legale del danno ambientale da pratiche di allevamento intensive può aprire la porta ad azioni giuridiche future anche in termini di diritti animali, soprattutto dove l'impatto su animali e ambiente è interconnesso.”
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