Non solo le acque, ma anche la fauna selvatica che le abita è colpita dalla contaminazione da PFAS, le sostanze chimiche tossiche che per la loro persistenza sono note come “inquinanti eterni”. Infatti, i pesci presenti nelle acque europee presentano alti livelli di PFOS, una tipologia di PFAS: a dirlo è il nuovo report dello European Environmental Bureau (EEB) pubblicato il 9 settembre 2025.

I risultati dello studio sono allarmanti: quasi tutti i valori riportati superano i nuovi limiti di sicurezza proposti dall'UE. L’analisi dell’EEB, dal titolo Inquinanti eterni che avvelenano le acque e i pesci europei: la punta dell'iceberg dei PFAS, ha considerato dati raccolti tra il 2009 e il 2023 provenienti da Austria, Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna e Svezia.

Il report sottolinea che attualmente solo il 30% delle acque superficiali dell'UE raggiunge un buono stato chimico secondo l’Agenzia europea dell’ambiente (EEA), ma denuncia anche che questo dato non è aggiornato, perché si basa su un elenco di 45 inquinanti risalente al 2013, che include solo alcune tipologie di PFAS. Intanto, le proposte dell’Unione Europea per limitare questi contaminanti a oggi non sono ancora state concretizzate, mentre i governi spingono per ritardare la loro attuazione. Non mancano però le reazioni da parte della comunità scientifica e dalle organizzazioni pubbliche e private.

I risultati dello studio

Il rapporto dell’EEB si sofferma sulla presenza di PFOS, ovvero l’acido perfluoroottanoico solfonico, un inquinante persistente indicato come potenzialmente cancerogeno per l’essere umano ma che ha impatti notevoli anche sulle specie che vivono nelle acque contaminate. Secondo il briefing, la presenza di PFOS supera di circa 500 volte la soglia di sicurezza proposta dall’UE per il 24% dei valori in Svezia, il 19% in Francia, il 17% in Austria e il 15% Spagna. Peggiore la situazione per alcuni campioni raccolti in Svezia, Germania e Spagna, dove i valori superano lo standard UE fino a 10.000 volte.

Inoltre, il fatto che l’analisi si soffermi solo sul PFOS, fa notare lo studio, suggerisce che l'entità della contaminazione è probabilmente molto maggiore, con impatti negativi sulla biodiversità acquatica. A questo proposito Sara Johansson e Athénaïs Georges, coautrici dello studio, hanno sottolineato che “l'inquinamento da PFAS delle acque dell'UE e della sua fauna selvatica è diffuso, ma gravemente sottostimato. È urgente che gli stati membri assumano obblighi coerenti per limitare l'ulteriore inquinamento delle acque, ad esempio introducendo licenze di scarico più rigide per l'industria. Esortiamo le istituzioni dell'UE a smettere di ritardare l'adozione di misure e a adottare norme aggiornate in materia di inquinamento idrico, con l'obbligo vincolante per gli stati membri di includere nei prossimi piani di gestione delle acque provvedimenti volti a limitare l'ulteriore inquinamento da PFAS e altri contaminanti prioritari”.

Le norme UE per la tutela delle acque

Attualmente le acque europee sono sempre più inquinate dai PFAS, come hanno dimostrato già diversi studi. Nel 2022, l’Unione Europea ha proposto norme più severe in materia di qualità dell'acqua relative ai PFAS, che però non sono ancora state adottate. Nel frattempo, i governi stanno spingendo per ritardare la conformità di un altro decennio o più, anche a causa delle pressioni delle lobby industriali.

Di fronte ai dati inequivocabili, però, a febbraio 2025 oltre 450 scienziati e scienziate della Federazione europea per le scienze delle acque dolci (EFFS) hanno firmato un documento che invita l’UE ad aggiornare la Direttiva quadro sulle acque. L’obiettivo di questo testo è far sì che l’Unione adotti con urgenza nuove norme che riflettano lo stato attuale delle conoscenze scientifiche in materia di inquinamento chimico delle acque.

Ad aprile 2025, inoltre, una lettera aperta chiedeva con urgenza un intervento per mettere un freno all’inquinamento idrico in Europa. Firmata da 17 enti pubblici e privati, tra cui fornitori di servizi di acqua potabile e di trattamento delle acque reflue, organizzazioni della società civile, operatori sanitari, parti sociali, associazioni di pesca ricreativa, imprese e autorità locali, la lettera sottolinea la preoccupazione condivisa per la lentezza dei progressi dell’UE nell’azione di nuove norme.

Le reazioni al nuovo report dell’EEB

Anche questo studio ha provocato diverse reazioni da parte di alcune organizzazioni che si occupano di denunciare la tossicità dei PFAS, oltre a informare e sensibilizzare le persone che abitano nelle aree più inquinate. “Abbiamo bisogno di normative rigorose e di volontà politica per fermare l'accumulo di PFAS nel nostro ambiente”, ha dichiarato Kildine Le Proux de La Rivière, responsabile del settore scientifico e normativo dell’associazione francese Générations Futures. “Purtroppo, il PFOS è solo una delle tante sostanze PFAS che si accumulano nell'acqua, nel suolo e in tutta la catena alimentare con effetti preoccupanti sulla salute degli europei, che sono più esposti al cancro e alla tossicità del fegato. Anche altri PFAS, come il TFA, sono presenti in quantità significative e devono essere limitati il più rapidamente possibile.”

Forte anche la risposta dalla Spagna, uno dei paesi con i livelli più gravi di inquinamento secondo il report dell’EEB. Koldo Hernández Lozano e Kistiñe García, coordinatori dell’associazione Ecologistas en Acción, hanno infatti sottolineato che “l'alto livello di inquinamento da PFAS rilevato in Spagna, nonostante la ridotta quantità di punti di monitoraggio e il numero limitato di campioni analizzati, e malgrado sia stata valutata solo una sostanza PFAS, indica chiaramente che è necessario adottare misure urgenti per ridurre la contaminazione. Il rischio per la salute umana rappresentato da questo tipo di inquinamento non può essere ignorato; intraprendere azioni efficaci non è un'opzione, è un dovere”.

 

In copertina: immagine Envato