La lunga marcia europea verso la limitazione delle sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS) compie un nuovo passo. L’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) ha aggiornato la proposta di restrizione presentata nel gennaio 2023 da Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia.
Le autorità dei cinque stati membri, che agiscono congiuntamente come proponenti, hanno concluso l’analisi delle oltre 5.600 osservazioni scientifiche e tecniche ricevute durante la consultazione pubblica del 2023 e hanno rivisto la documentazione di base alla luce delle nuove evidenze raccolte, si legge in un comunicato dell’ECHA datato 20 agosto.
Il documento aggiornato, che potrà ancora essere modificato a seguito della valutazione in corso da parte dei comitati scientifici dell’Agenzia, rappresenta il fondamento su cui si baseranno i pareri del Comitato per la valutazione dei rischi (RAC) e del Comitato per l’analisi socioeconomica (SEAC). È importante ricordare che la discussione europea sui PFAS si inserisce in un quadro globale di crescente attenzione verso queste sostanze, definite “forever chemicals” per la loro persistenza nell’ambiente e negli organismi viventi.
Più settori sotto la lente e alternative al divieto totale
Rispetto alla proposta iniziale, i cinque paesi hanno ampliato il perimetro delle applicazioni analizzate, includendo otto comparti non esplicitamente menzionati nel 2023. Si tratta di applicazioni di stampa, sistemi di tenuta, utilizzi in macchinari, usi medici (come imballaggi immediati ed eccipienti farmaceutici), applicazioni militari, esplosivi, tessili tecnici e un insieme di usi industriali più ampi, ad esempio come solventi e catalizzatori.
Un’altra novità significativa riguarda la considerazione di scenari alternativi rispetto al bando assoluto o al divieto con deroghe temporanee. Le autorità hanno analizzato modelli di restrizione che consentano la fabbricazione, l’immissione sul mercato o l’uso di PFAS in condizioni specifiche, laddove i rischi possano essere adeguatamente controllati.
Queste valutazioni hanno riguardato in particolare i settori della produzione di PFAS, il trasporto, l’elettronica e i semiconduttori, l’energia, oltre a sigillanti, macchinari e tessili tecnici. L’obiettivo finale resta comunque un’eliminazione quasi totale, con deroghe limitate nel tempo soltanto per applicazioni considerate essenziali nei settori della sanità, della difesa e dell’alta tecnologia, dove al momento non esistono alternative praticabili.
La decisione finale alla Commissione europea
Ora la palla passa ai due comitati scientifici di ECHA. Il RAC, formato da esperti indipendenti degli stati membri, valuterà i rischi sanitari e ambientali associati alle diverse opzioni di restrizione. Il SEAC, invece, analizzerà gli impatti economici e sociali delle misure, ponendo particolare attenzione alla sostenibilità per imprese e cittadini. L’ECHA ha ribadito l’impegno a fornire alla Commissione europea un parere trasparente, indipendente e di alta qualità, sottolineando che la complessità del dossier richiederà tempi di valutazione non brevi.
Come previsto dal regolamento REACH, la decisione ultima spetterà alla Commissione europea, che dovrà deliberare in stretta consultazione con gli stati membri. Se adottata, la restrizione rappresenterà uno dei più ampi divieti mai introdotti a livello europeo in materia di sostanze chimiche, con potenziali ricadute significative sull’industria e sul mercato interno. Un momento cruciale sarà rappresentato dalla revisione più ampia del regolamento REACH, attesa nell’ultimo trimestre 2025, quando la Commissione presenterà una proposta legislativa formale, appartenente ai pacchetti di “semplificazione”, destinata a definire il corso della politica europea sulle sostanze chimiche per i decenni a venire, PFAS inclusi.
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In copertina: la sede dell’ECHA