Il Parlamento europeo ha approvato mercoledì 8 ottobre la sesta modifica della Politica agricola comune (PAC) dal 2021, aprendo la strada a un nuovo pacchetto di misure presentato come “semplificazione”, ma che per molti segna un pericoloso arretramento nelle tutele ambientali e sociali del settore agricolo.

La riforma, parte del cosiddetto pacchetto Omnibus, mira a ridurre gli oneri amministrativi e normativi a carico degli agricoltori e degli altri operatori agroalimentari e ad aumentare la flessibilità delle regole. Ma dietro il linguaggio tecnico si gioca una battaglia politica e culturale sul significato stesso di agricoltura sostenibile in Europa.

Le novità: più flessibilità, meno burocrazia

Con 492 voti favorevoli, 111 contrari e 39 astensioni, l’Europarlamento ha dato il via libera al mandato negoziale per avviare i colloqui con gli stati membri. Le principali novità riguardano una maggiore flessibilità nell’applicazione delle regole ambientali − le cosiddette BCAA, buone condizioni agronomiche e ambientali −, l’introduzione di pagamenti obbligatori in caso di crisi e un aumento dei massimali di sostegno ai piccoli agricoltori.

In particolare, le aziende agricole certificate biologiche, anche solo parzialmente, quelle situate in aree di conservazione speciale e quelle di dimensioni inferiori ai 50 ettari potranno essere considerate automaticamente conformi ad alcune regole ambientali. L’obiettivo dichiarato è ridurre la burocrazia per gli agricoltori, spesso sommersi da controlli e sanzioni.

Il relatore del Parlamento, André Rodrigues del S&D portoghese, ha presentato la riforma dichiarando: “Stiamo inviando un chiaro segnale a quasi nove milioni di agricoltori nell’UE: l’Europa ha ascoltato. Basta con il labirinto burocratico che devono affrontare: avranno regole più semplici, meno scartoffie e maggiore prevedibilità”.

Rodrigues ha parlato di “un accordo che funzioni nella pratica, elimini sanzioni sproporzionate e rispetti le specificità regionali, garantendo stabilità ai produttori europei", dichiarazione che sintetizza la posizione dei gruppi socialisti, popolari e liberali: dopo anni di crisi del settore e proteste in molti paesi, la PAC deve tornare a essere uno strumento di sostegno concreto, non un vincolo percepito come punitivo.

Le critiche: una deregolamentazione che fa male a tutti

Di tutt’altro avviso i Verdi e le forze ambientaliste, che denunciano la riforma come una “falsa semplificazione”. Cristina Guarda, eurodeputata di Verdi-AVS, ha votato contro il testo, parlando di “un far west che smantella la condizionalità, cioè l’idea che i soldi dei cittadini vadano spesi per garantire beni pubblici come la tutela del suolo, della natura e della salute”.

Secondo Verdi-AVS si tratta, infatti, di un arretramento che mette a rischio gli agricoltori stessi, perché “si cancellano regole minime di tutela ambientale e si riducono i controlli, lasciando campo libero a pratiche dannose”.

Trasformare regole obbligatorie in misure volontarie indebolisce l’intero impianto della PAC e penalizza proprio chi ha investito in pratiche sostenibili: “Ci lamentiamo dei danni da crisi climatica, ma intanto eliminiamo le misure che servivano a prevenirli”, ha aggiunto Guarda. “E ancora peggio, togliamo ulteriori fondi alla prevenzione per aggiungerli ai fondi per la gestione delle crisi: ancora non abbiamo capito che prevenire è meglio che curare?”

Il nodo ambientale e la fiducia nei dati

Mentre in aula si discute di regole, fuori dalle istituzioni proseguono altri dibattiti che sollevano dubbi sulla capacità dell’Unione di tradurre in pratica gli impegni ambientali. Sempre la scorsa settimana, infatti, tre organizzazioni − PAN Europe, IFOAM Organics Europe e Global 2000 − hanno presentato un reclamo formale allo European Ombudsman, un organo di mediazione interistituzionale dell’Unione europea accusando la Commissione di utilizzare un indicatore fuorviante per misurare l’uso dei pesticidi.

Secondo le ONG, l’attuale Harmonised Risk Indicator 1 (HRI-1) non riflette la reale tossicità dei pesticidi, in quanto attribuisce un rischio superiore dell'800% al bicarbonato di potassio (lievito in polvere, utilizzato nell'agricoltura biologica) rispetto al difenoconazolo, un fungicida sintetico segnalato come altamente tossico e persistente.

“L'indicatore HRI-1 porta a risultati assurdi e dà l'impressione errata che l'agricoltura biologica sia il problema, poiché si tratta principalmente di un indicatore basato sul volume che discrimina le sostanze naturali”, ha spiegato Eric Gall, vicedirettore di IFOAM Organics Europe. “Affidarsi a un indicatore fuorviante per misurare l'uso dei pesticidi è inefficace e ingiusto nei confronti degli agricoltori biologici, che si sforzano di applicare metodi agroecologici come alternative ai pesticidi sintetici tossici.”

Le organizzazioni chiedono alla Commissione di correggere gli errori e di adottare un sistema più trasparente, basato su criteri scientifici di tossicità e impatto ambientale. Il caso solleva interrogativi sul reale monitoraggio dei progressi verso la riduzione dei pesticidi, un obiettivo centrale del Green Deal europeo.

Tra Bruxelles e le campagne: due visioni di futuro

Dietro la disputa sulla PAC si nascondono due visioni opposte del futuro agricolo europeo. Da un lato chi chiede di alleggerire gli oneri e garantire reddito e stabilità agli agricoltori, dall’altro chi teme che la deregolamentazione cancelli anni di progressi verso un’agricoltura più sostenibile e resiliente.

La Commissione e una larga maggioranza dell’Europarlamento guardano alla “semplificazione” come a un “passo pragmatico per salvare gli agricoltori dal peso della burocrazia”. Ma per gli ambientalisti e molti ricercatori, la semplificazione rischia di trasformarsi in una licenza a inquinare, indebolendo la capacità dell’Unione di rispondere alla crisi climatica e alla perdita di biodiversità.

I negoziati con gli stati membri sono già iniziati lo scorso 9 ottobre, con l’obiettivo di approvare definitivamente il pacchetto nella sessione plenaria di novembre. Ma il clima politico resta teso: le proteste agricole, le pressioni delle lobby agroindustriali e la crescente sensibilità ambientale dell’opinione pubblica fanno della PAC uno dei dossier più sensibili del mandato europeo.

L’esito di questo confronto dirà molto non solo sul futuro dell’agricoltura europea, ma anche sulla credibilità del Green Deal: se resterà una bussola per la transizione ecologica o se, tra “semplificazioni” e compromessi, finirà per perdere la rotta.

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In copertina: André Rodrigues al dibattito sulla PAC fotografato da Alexis HAULOT © European Union 2025 - Source: EP