Dalle bucce d’arancia, dai gusci delle nocciole, dai silverskin del caffè, dalle vinacce che si trasformano in nuovi materiali sostenibili, prende forma un’innovazione tutta italiana. Krill Design, PMI attiva nel settore dei biomateriali, trasforma i residui naturali delle filiere agroalimentari in REKRILL, polimeri che incarnano i princìpi dell’economia circolare. Ogni tonnellata di questo biopolimero evita oltre 1,8 tonnellate di CO₂, un risparmio ambientale paragonabile alle emissioni di un volo andata e ritorno Milano-New York per due persone.
In questo periodo, grazie a due novità strategiche, l’azienda rafforza la propria posizione nel settore dei biomateriali: l’apertura di un laboratorio tecnico interno presso il nuovo sito produttivo di Paderno Dugnano e la destinazione del 50% dei futuri investimenti in attività di ricerca e sviluppo.
Per scoprire come le bucce d’arancia, e non solo, diventano un materiale versatile, utilizzabile nell’arredo, nel mondo della moda, nel packaging e persino nei giocattoli, Materia Rinnovabile ha parlato con Ivan Calimani, founder e CEO di Krill Design.
Qual è la visione di lungo periodo di Krill Design riguardo alla filiera dei materiali?
L'obiettivo di lungo periodo è quello di sostituire potenzialmente le plastiche petrolchimiche e utilizzare solo materiali compatibili con l'ambiente naturale, quindi biodegradabili o compostabili, derivati da materie prime naturali riciclate. Quest’ultimo punto permette di non interferire con la filiera del cibo, ma di valorizzarne i residui in un'ottica di sostenibilità e filiera circolare.
Quali sono i materiali principali d’origine che utilizzate e come funziona la filiera di approvvigionamento?
La nostra filiera, oggi interamente italiana, valorizza diversi tipi di residuo: in prevalenza quelli provenienti dalla spremitura di agrumi, ma anche dalla lavorazione del caffè, vinacce, gusci di nocciole e crusca. Oltre ai materiali standard presenti nel nostro catalogo, abbiamo realizzato versioni da residui di finocchio o di pomodoro, ma queste sono soluzioni specifiche sviluppate per le aziende che desiderano valorizzare un proprio particolare scarto. Inoltre, cerchiamo di ridurre al minimo la distanza tra la nostra sede e i siti di trasformazione della biomassa e produzione. Con Illy, ad esempio, prendiamo il materiale dallo stabilimento di Rho: quindi siamo praticamente a chilometro zero. Le arance sono invece il sottoprodotto che arriva da più lontano, perché provengono dalla Sicilia.
In quali settori questi materiali trovano maggiore impiego e dove vedete il potenziale di crescita più significativo?
Essendo un materiale con caratteristiche plastiche, il suo utilizzo è trasversale a molti settori. Si rivela particolarmente interessante per le aziende che puntano a soluzioni sostenibili e a prodotti distintivi e caratterizzati. Gli esperimenti più interessanti sono, ad esempio, nel mondo del design e dell’arredo. In questo ambito l'esigenza non è quella di replicare la plastica tradizionale, ma al contrario di trovare soluzioni che mantengano la matericità e, in alcuni casi, persino l'aroma dell'alimento utilizzato, esaltando l'origine naturale del materiale. Inoltre, stiamo collaborando con i settori del packaging e della cosmesi. Infine, vediamo un grande potenziale nei settori dei giocattoli e del fashion. Visto che produciamo un polimero rigido, per la moda c’è tutto il mercato degli accessori, come bottoni, fibbie, manici di borse e, in particolare, l’occhialeria, dove lanceremo a breve una lastra per l’intaglio degli occhiali. Nel segmento dei giocattoli, il fatto di non derivare il materiale dal petrolio rappresenta un importante elemento di sicurezza per i genitori. Si tratta però di un mercato dove il tema del prezzo è molto rilevante, motivo per cui stiamo conducendo sperimentazioni per valutare il reale interesse dei consumatori.
Da un punto di vista industriale, i vostri materiali sono scalabili e possono essere utilizzati negli stessi impianti delle plastiche tradizionali?
Assolutamente sì. Questo è un punto fondamentale del nostro sviluppo: abbiamo messo a punto una formulazione che può essere lavorata negli stessi macchinari e impianti di stampaggio a iniezione ed estrusione che utilizzano le plastiche tradizionali. Questo facilita notevolmente l'adozione da parte delle aziende, poiché possono semplicemente sostituire il materiale, utilizzando gli stessi stampi e riducendo al minimo l'investimento. Stiamo continuamente lavorando per rendere il processo di lavorazione completamente identico.
Qual è il fine vita dei vostri prodotti?
Il materiale offre un doppio fine vita. Innanzitutto, di base è riciclabile: può essere raccolto, granulato e riutilizzato più volte, mantenendo performance in linea con le plastiche tradizionali. Inoltre, una lieve perdita di performance nel tempo può essere facilmente compensata aggiungendo una percentuale di materiale vergine.
È anche potenzialmente biodegradabile e compostabile, sebbene noi preferiamo parlare di compostabilità. Questo perché la nostra attenzione è rivolta soprattutto ai prodotti durevoli come giocattoli, elettronica, arredo, dove gli spessori tendono a superare i limiti richiesti per la certificazione di biodegradabilità. La nostra priorità strategica è proporre un’alternativa sostenibile nel mercato dei beni durevoli, un ambito in cui le soluzioni che sostituiscono le plastiche petrolchimiche sono ancora poco diffuse.
Avete recentemente inaugurato un nuovo laboratorio tecnico. Quali sono gli obiettivi futuri dell'azienda che questo investimento supporta?
Il laboratorio di Paderno Dugnano è un elemento cruciale nel nostro piano di sviluppo perché ci permette di attuare rapidamente soluzioni innovative, sia su richiesta sia su nostra iniziativa. Abbiamo infatti constatato che essere in grado di rispondere in modo mirato a esigenze molto specifiche rappresenta un vantaggio competitivo. Stiamo sviluppando, ad esempio, un materiale morbido per il settore dei giocattoli, lavorando su una soluzione per una sedia monopezzo che richiede altissime performance meccaniche, e persino alternative al PVC per le tubazioni industriali. La capacità di fornire una soluzione concreta al bisogno in tempi rapidi è fondamentale, soprattutto per i trasformatori che lavorano con scadenze dettate dai loro brand clienti.
Avete riscontrato delle barriere nella diffusione dei vostri prodotti?
A livello di normativa, l'ultima direttiva europea, pur con l'intento di incentivare il riciclo delle plastiche petrolchimiche, sta in qualche modo penalizzando l’utilizzo dei materiali bio-based. La direttiva premia la plastica riciclata, ma senza fare lo stesso, o in modo maggiore, con le alternative bio-based. Questo spinge molte aziende a preferire l'uso di plastiche riciclate, dimenticando che la plastica petrolchimica, seppur riciclata, resta plastica con tutti i problemi connessi al rilascio di microplastiche e all'impatto ambientale. Speriamo che questa discrepanza venga sistemata al più presto.
In copertina: Ivan Calimani
