Fra tutte le filiere dell’economia circolare, quella degli imballaggi in legno è una delle più naturalmente vocate alla sostenibilità: il legno è un materiale biogenico (cioè una biomassa che fissa carbonio), è biodegradabile, non rilascia sostanze dannose e non inquina l’ambiente. Eppure la sua effettiva circolarità si trova oggi di fronte a varie sfide normative e di sistema che si potranno risolvere solo attraverso un costruttivo confronto fra tutti gli attori – produttori, utilizzatori, istituzioni – della filiera.

Tale confronto è stato al centro del convegno organizzato da Assoimballaggi di FederlegnoArredo a Ecomondo, la più importante fiera italiana della sostenibilità in corso fino al 7 novembre a Rimini.

Un anno di cambiamenti

“Il 2025 segna un momento cruciale per la filiera degli imballaggi in legno”, ha esordito Andrea Gava, presidente di Assoimballaggi. “È un periodo di grandi cambiamenti, con nuove normative che si affacciano sulla scena europea: l’EUDR (European Union Deforestation Regulation), l’EPR e naturalmente il PPWR, il regolamento sui rifiuti da imballaggio, oggi in fase di revisione a Bruxelles e destinato a entrare in vigore nell’estate 2026. Serve dunque immaginare nuovi scenari per la nostra filiera, per trasformare i cambiamenti in opportunità.”

Come ha sottolineato anche Gennaro Buonauro, responsabile di Assoimballaggi, è necessario che i nuovi requisiti europei riconoscano la specificità di una filiera che già oggi opera secondo un modello circolare consolidato, trasformando gli imballaggi dismessi in materia prima per la produzione di pannelli da arredamento. Per questo è fondamentale un confronto che evidenzi potenzialità e criticità delle norme in arrivo.

Punti di forza

Sul lato delle potenzialità bisogna sicuramente partire dalla natura del legno, che, come ha ricordato Giacomo Goli dell’Università di Firenze, è un materiale biogenico, capace cioè di fissare carbonio con una bilancia nettamente positiva rispetto a quello emesso in fase di produzione. Un vantaggio connaturato che, come dimostrano gli studi LCA condotti dallo stesso Goli e dal suo team, potrebbe essere speso come credito in termini di sostenibilità e reputazione dei prodotti.

Quanto alla circolarità, non bisogna dimenticare che gli imballaggi in legno sono già parte del sistema Italia: un modello “all-in”, ha spiegato Amanda Fuso Nerini di CONAI, che riunisce praticamente tutti i materiali riciclabili e costituisce, per efficacia e organizzazione, un esempio virtuoso a cui guarda tutta l’Europa.

Punti critici: compostabilità e riutilizzabilità

I punti critici che le nuove normative presenteranno per la filiera degli imballaggi in legno attengono essenzialmente a due temi: la compostabilità e la riutilizzabilità. Sul primo punto Assoimballaggi ha chiamato in aiuto il Consorzio italiano compostatori (CIC), con cui già da alcuni anni collabora per analizzare e definire i criteri di compostabilità dei prodotti in legno.

“La base da cui partire è la norma UNI EU 13432 che stabilisce i requisiti per definire un prodotto compostabile”, ha spiegato Jenny Campagnol di CIC. Fra le caratteristiche più importanti c’è ovviamente l’assenza di sostanze che possano determinare una ecotossicità del prodotto in fase di biodegradazione o compromettere la qualità del compost. “Per quanto riguarda questi punti, abbiamo condotto diversi studi e analisi su imballaggi in legno e sughero, come ad esempio le cassette per l’ortofrutta o i tappi del vino, e non abbiamo rilevato nessuna criticità.”

Quello che impedisce al packaging in legno e sughero di essere considerato compostabile a tutti gli effetti sono in realtà solo le tempistiche di biodegradazione. Secondo la norma 13.432, infatti, i materiali si dovrebbero “disintegrare” in non più di 84 giorni. Ma questo, osserva Campagnol, “è impossibile per un pallet o una cassetta di legno intera, così come del resto lo sarebbe per il ramo di un albero”.

Come risolvere dunque una questione che sembra più che altro un cavillo burocratico? Campagnol propone tre soluzioni per superare l’impasse: consentire la triturazione del packaging prima dell’avvio a compostaggio; implementare una raccolta dedicata in modo da farlo confluire nella filiera dell’organico; riconoscerne la compatibilità in virtù della non tossicità e di tutte le similarità con gli altri materiali organici.

Della questione riutilizzabilità si è invece occupato Paolo Pipere, consulente giuridico sui temi della sostenibilità, che ha analizzato nel dettaglio il PPWR su questo punto. “Il regolamento richiede che gli imballaggi siano inseriti in un sistema che ne garantisca l’effettiva riutilizzabilità”, ha precisato Pipere. “Questo per evitare, come è successo in passato ad esempio con la plastica, che si aggiri l’obiettivo semplicemente scrivendo sul prodotto l’aggettivo riutilizzabile”. Ci sarà poi una serie di altri requisiti da rispettare, come la progettazione del prodotto in vista del suo riutilizzo, un numero minimo di cicli garantito (ancora da definire), l’obbedienza a criteri di sicurezza e igiene, l’idoneità a ricondizionamento o rigenerazione.

Al di là delle singole norme da discutere e migliorare, quello che è emerso una volta di più dal convegno di Assoimballaggi è la necessità di fare sistema. Come ha sottolineato anche Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo, introducendo la partecipazione del consorzio a Ecomondo 2025, “la sostenibilità è un percorso condiviso che si costruisce insieme alle imprese e alle istituzioni, italiane ed europee, con coerenza e visione”.

 

In copertina: foto Federlegno