Condizioni di lavoro più giuste, meno impatti ambientali e progetti di sviluppo orientati a un futuro sostenibile: sono i pilastri di un modello economico che Fairtrade sta portando avanti da decenni e che, nonostante il caos commerciale in corso, sta sempre più consolidandosi e crescendo.

In particolare in Italia, dove nel 2024 sono cresciute le vendite di prodotti certificati Fairtrade e il numero di aziende che scelgono questo modello. Lo riporta il Bilancio sociale 2024 di Fairtrade Italia, presentato a giugno in occasione dell’evento Coltivare il futuro: l’impatto di Fairtrade Italia, che si è tenuto anche quest’anno nell’accogliente Casa Emergency di Milano.

“Un anno fa da questo palco salutavamo con entusiasmo l’approvazione della Direttiva europea sulla sostenibilità che portava le aziende e prestare più attenzione a cosa succedeva all’interno delle proprie filiere”, spiega Paolo Pastore, direttore generale di Fairtrade Italia. “Nel frattempo, però, ci sono state le elezioni presidenziali negli USA e la frenata di una delle principali economie sulla sostenibilità, il secondo mandato di Ursula von der Leyen e un cambio di rotta della nuova Commissione. Eppure anche in questo contesto continuiamo a dire che non c’è alternativa alla sostenibilità, alla responsabilità verso le persone e l’ambiente. Nel rapporto Brundtland si diceva che lo sviluppo sostenibile è quello che permette alle generazioni presenti di crescere senza andare a discapito delle generazioni future. Era il 1987, ma resta valido anche oggi. La transizione verso pratiche agricole e sistemi alimentari più sostenibili non può più aspettare, ma perché questo funzioni non bastano le norme: i consumatori, le imprese, i produttori devono essere parte del processo.”

L’importanza di fare la propria parte

“Siamo convinti che ognuno di noi può essere un agente di cambiamento, e mai come oggi c’è bisogno di spingere per un cambiamento, perché, come diceva Teresa Strada, se ognuno di noi facesse il proprio pezzettino ci ritroveremmo in un mondo migliore senza troppo sforzo”: un invito che arriva da Rossella Miccio, direttrice di Casa Emergency, ma che Paolo Pastore condivide in pieno. “Gli anni di lavoro con Fairtrade Italia ci testimoniano che il cambiamento è possibile”, dice il direttore. “Milioni di persone lavorano con Fairtrade e grazie a Fairtrade migliorano le proprie condizioni di vita. Non siamo la soluzione a tutti i problemi del mondo ma è facendo ognuno la propria parte che il cambiamento è possibile.”

E i dati sembrano dargli ragione. Fairtrade è il sistema di certificazione internazionale che verifica che dietro ai prodotti ci siano filiere trasparenti, responsabili e attente alle persone. In Italia, Fairtrade collabora con le aziende per facilitare l’approvvigionamento etico delle materie prime come cacao, caffè, banane, zucchero, cotone e fiori. Nel 2024, il valore dei prodotti venduti nel nostro paese contenenti almeno un ingrediente certificato Fairtrade (prodotti identificati col marchio bianco, mentre quello nero indica che tutti gli ingredienti rispettano gli Standard Fairtrade) ha superato i 550 milioni di euro. Un dato che include non solo le materie prime in quanto tali, ma anche i prodotti trasformati che utilizzano uno degli ingredienti certificati.

I numeri di Fairtrade in Italia

“Le referenze per categoria sono circa 18, la parte maggiore del venduto è cioccolato e biscotti e prodotti da forno, la seconda categoria è il cotone − principalmente shopper, t-shirt e vestiario da lavoro − poi caffè e tè, creme spalmabili, marmellate e miele. Banane, fiori e zucchero hanno poche referenze ma in termini di vendita sono molto importanti”, spiega Thomas Zulian, direttore commerciale di Fairtrade Italia. In crescita frutta secca, fresca e prodotti per la casa.

Le banane si confermano infatti il prodotto certificato Fairtrade più venduto, con oltre 14.000 tonnellate (+1,5% rispetto al 2023) e si consolida il consumo di cacao che torna a superare le 10.000 tonnellate, segnando un aumento del 5% rispetto all’anno precedente. In crescita, seppur rallentata, anche lo zucchero di canna (+0,5%), mentre l’andamento del caffè Fairtrade, nonostante l’anno critico a livello globale in tema prezzi che hanno visto una forte impennata, è tornato sopra le 800 tonnellate, con una crescita superiore al 12,5%.

Risultati accompagnati da un incremento del numero di operatori italiani attivi. “Nel 2022 erano 283, nel 2023 erano 295, nel 2024 sono stati 304: quasi un’azienda nuova al mese”, dice Zulian. “Sono aziende piccole e medie: dal cotone al food, c’è chi importa, chi importa e trasforma, chi trasforma solamente, chi distribuisce. Ma sono il 3% in più rispetto all’anno precedente.” Insomma, “essere buoni paga: almeno finora”.

Nel frattempo aumentano anche le referenze a scaffale, soprattutto nella GDO, mentre si rafforza la presenza del marchio anche nel mercato del non food, con il cotone (+40%) e i fiori recisi (+28%) in forte crescita. E tra le voci si trova anche l’oro. “Ne abbiamo venduto 1,5 kg nel 2024: può sembrare poco, ma è importante esserci, considerati i problemi geopolitici e ambientali del settore”, spiega Zulian.

La sostenibilità non è più un’opzione

Ed è proprio grazie agli acquisti – sempre più consapevoli – da parte degli italiani che sono stati generati 3,9 milioni di euro di Premio Fairtrade (in crescita del 4%), la somma versata a organizzazioni di agricoltori e lavoratori in Asia, Africa e America Latina come extra rispetto a quanto già percepito dalla vendita. Soldi che le organizzazioni hanno usato per la maggior parte per l’SDG2 cioè sconfiggere la povertà (55%) e la fame (19%). Le categorie che hanno inciso maggiormente sono state il cacao con più di 2 milioni euro, le banane con 743.000 euro e il caffè con 332.000 euro. A livello globale, invece, il Premio aveva superato i 211 milioni di euro nel 2023, sostenendo milioni di persone in oltre 75 paesi in ambito sanitario, educativo, infrastrutturale e ambientale.

Un modello che funziona e che è in espansione, ma certo i margini di crescita sono ampi. Ma quanto è difficile arrivare sugli scaffali della GDO? Ci sono differenze tra supermercati e discount?

“Fairtrade collabora con tutta la distribuzione, ma molto ha a che fare con la maturità della singola insegna”, spiega a Materia Rinnovabile Zulian. “Abbiamo una collaborazione storica con COOP per una comunanza di visione e valori, mentre ci sono alcune insegne che hanno percorsi di sostenibilità meno maturi, ma tra queste non metterei i discount, soprattutto quelli che nascono all’estero e hanno reparti CSR molto attivi e una logica e una strategia basate sulla sostenibilità. Il momento storico difficile può far pensare, infatti, che per beni come caffè e cacao ci sarà un futuro di scarsità di materia prima, e chi ragiona in termini strategici sa che trattare meglio la propria filiera conviene. Per esempio, l’età media di chi lavora nei campi di caffè è di 55 anni ed è in aumento. Significa che i giovani non vogliono più fare questo lavoro, non lo trovano più attraente, perciò non possiamo essere sicuri che domani ci sarà ancora chi lavorerà i campi. In altre parole, guardando al futuro mi viene da dire che la sostenibilità non è più un’opzione.”

 

In copertina: foto Fairtrade