Settantamila tonnellate di CO₂ all’anno, ma nessuno sa quanti alberi abbatte. Il cinema italiano ha un buco nero: sa quanto inquina, ma ignora quanto legno consuma. Un paradosso emerso alla Mostra di Venezia, nel corso degli eventi del Green Drop Award, premio assegnato da Green Cross alle opere cinematografiche che si distinguono per tematiche di sostenibilità e cooperazione tra i popoli.

Il valore del legno nell’industria cinematografica: materiali, strategie e professioni artigiane è il report realizzato dall’Osservatorio spettacolo e ambiente in collaborazione con PEFC Italia (Programme for Endorsement of Certification schemes), l’ente leader per la certificazione forestale. Il documento analizza il ruolo cruciale del legno, materiale fondamentale per creare la magia del cinema, evidenziando le sfide occupazionali e le buone pratiche per un futuro più sostenibile. Una fotografia che svela l’invisibilità strutturale di un’industria che costruisce mondi con materiali fantasma. I blockbuster internazionali generano fino a 3.370 tonnellate di CO₂, i film piccoli 391. Ma quanti alberi servono per costruire un set? Nessuno lo sa con precisione. 

Il legno è ovunque nel cinema: compensato, multistrato, MDF, OSB, legno lamellare. Materiali che per decenni hanno seguito un percorso lineare dal set alla discarica. L’Osservatorio spettacolo e ambiente, promosso da ANEC, Green Cross Italia e ATIP con la collaborazione di PEFC Italia, denuncia questa invisibilità strutturale che non è solo italiana ma globale.“ Il cinema può diventare un alleato strategico della  sostenibilità ma servono visione e sistema, a partire da strumenti di monitoraggio condivisi”, dichiara Antonio Brunori, segretario generale PEFC Italia.

Qualcosa è cambiato, e non è un film

Dal 2017, con l’adozione del protocollo Green Film in Trentino, l’Italia ha innescato una rivoluzione: il disciplinare del documento richiede legno certificato FSC o PEFC per le scenografie. Il Research Lab ha dimostrato che il riuso degli oggetti di scena riduce 2,63 kg di CO₂ per persona al giorno, l’uso di materiali riciclati 1,29 kg.

EcoMuvi (accreditato ACCREDIA dal 2013), Zen2030, Edison Green Movie e, dal 2023, il Green Standard di Cinecittà hanno seguito la stessa strada. Inoltre il Ministero della cultura assegna 5 punti aggiuntivi nei contributi selettivi alle produzioni che risultano certificate. Si tratta di un incentivo concreto che sta accelerando la transizione. La serie Sky Un Amore con Stefano Accorsi ha già adottato materiali PEFC, tracciando la via.

Gli esempi virtuosi: dai set ai premi

La Chimera di Alice Rohrwacher, prima produzione europea certificata EcoMuvi, ha vinto agli European Film Awards per la scenografia. Ma il vero premio è arrivato dopo: quelle scenografie non sono finite in discarica. Attraverso la collaborazione tra EcoMuvi ed Echo Labs, impresa sociale di FERCAM e DACHSE, sono diventate altro.

Dal 2022, Echo Labs ha recuperato oltre 3.000 kg di legno dai set. Il processo è rigoroso: selezione, pesatura tramite Regusto per quantificare i benefici ambientali, trasformazione nella falegnameria sociale dove lavorano rifugiati politici e richiedenti asilo. E così il legno di Hotel Costiera è diventato lo stand FERCAM alla Transport Logistic di Monaco. Quello di Una terapia di gruppo tavoli per il Gran Tour AFAM. Risultato certificato: 1.500 kg di CO₂ stoccata.

“C’è già chi dai set fa rinascere tavoli e arredi per l’ufficio”, conferma Marco Gisotti, direttore scientifico dell’Osservatorio e autore del libro Ecovisioni (Edizioni ambiente, 2022). È economia circolare che diventa eco-giustizia.

Paradossalmente, mentre il cinema non traccia i propri consumi, l’Italia vanta il miglior sistema di riciclo del legno d’Europa: il 64,9% per gli imballaggi, il doppio della media UE. Rilegno gestisce 1,75 milioni di tonnellate l’anno. Le aziende italiane del settore emettono 39 tonnellate di CO₂ per milione di euro di prodotto, contro le 50 tedesche e le 52 francesi. Il Pannello Ecologico di Saviola usa legno 100% riciclato certificato. Un’infrastruttura che il cinema potrebbe sfruttare meglio.

Lavorazione di una panca trapezoidale, Transport Logistic, Fiera di Monaco25

Il gap delle competenze

Per costruire un circolo virtuoso, servono maestranze con competenze specifiche, eppure le professioni tecniche del cinema sono nella top ten delle figure introvabili quando servono skills sulla sostenibilità. Il Sistema Excelsior, relativamente al mercato italiano, segnala che il 50,2% delle assunzioni artigiane è di difficile copertura: la domanda cresce del 15,2% mentre l’offerta solo del 12,3%. Uno dei motivi potrebbe essere che sono necessarie soprattutto figure ibride: tecnici che conoscano i materiali certificati, vernici a basso impatto, eco-design, design per lo smontaggio.

Allo stato attuale, le risposte formative esistenti − Accademie, ANICA Academy, Centro Sperimentale − sono frammentarie. Come conferma la presenza a Venezia di Enzo De Camillis, storico scenografo, la tradizione artigiana c’è ma manca l’aggiornamento green.

Modelli internazionali

Mentre l’Italia sviluppa i suoi protocolli, il resto del mondo si muove a velocità diverse. Il rapporto presentato a Venezia sottolinea che Disney e Netflix, giganti della Sustainable Production Alliance, hanno iniziato a imporre legno certificato PEFC/SFI nei propri standard produttivi. Il Canada attraverso Reel Green ha scelto la via della formazione di massa: 2.000 membri delle troupe già formati, toolkit gratuiti per l’economia circolare.

Un caso emblematico? La stagione 11 di X-Files, serie cult degli anni Novanta tornata nel 2018: ha deviato il 68% dei rifiuti dalle discariche utilizzando esclusivamente legno certificato FSC. Una produzione di diversi anni fa che dimostra come la sostenibilità sia possibile anche per serie complesse. La Spagna ha invece consolidato la figura dell’Eco-Manager, professionista dedicato che supervisiona ogni aspetto green del set. Ma il problema resta universale: nessuno aggrega i dati, nessuno calcola davvero i numeri.

PEFC Italia propone quindi un vademecum operativo che vada oltre le buone intenzioni. Sei punti che trasformano la teoria in pratica: dalle policy interne che ogni produzione dovrebbe adottare alle clausole contrattuali che rendono obbligatorio il legno certificato. E ancora: checklist di sostenibilità per la pre-produzione, certificazione di progetto per i grandi set (un’etichetta “certificato PEFC” anche quando non tutti i fornitori lo sono), formazione mirata per scenografi e responsabili acquisti, documentazione finale per green festival e fondi pubblici. Non sono consigli generici ma strumenti concreti, con tanto di modelli e procedure. Eppure, senza una visione sistemica che colleghi tutti gli attori della filiera, restano iniziative isolate.

L’invisibile da rendere visibile

Il report dell’Osservatorio conclude con raccomandazioni precise: servono hub centralizzati per stoccaggio e ridistribuzione dei materiali, meccanismi di misurazione standardizzati, investimenti in formazione. L’Europa sviluppa Eureca per unificare le emissioni, ma dimentica i flussi di materiali.

Il cinema italiano ha tutti gli elementi per chiudere il cerchio della sostenibilità: l’infrastruttura del riciclo migliore d’Europa, protocolli efficaci, casi virtuosi. Quello che manca è rendere visibile l’invisibile. Ogni pannello, ogni scarto. Perché la vera circolarità inizia quando si smette di nascondere i consumi dietro metriche generiche.

Nella falegnameria di Echo Labs, i rifugiati continuano a trasformare scenografie in arredi urbani. È la dimostrazione che la sostenibilità, quando funziona davvero, non si limita a ridurre i danni. Crea valore, lavoro, dignità. E rende visibile ciò che per troppo tempo è rimasto nel buco nero del cinema: il legno che costruisce mondi.

 

In copertina: immagine Envato