Nella serata di giovedì 23 ottobre il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo di compromesso che conferma, attraverso diverse concessioni e flessibilità, l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra del 90% entro il 2040, in linea con il percorso di neutralità climatica.

Dopo il rinvio del voto di settembre e forti pressioni per modificare l’agenda climatica europea tracciata dal Green Deal, i ministri UE hanno dato il via libera alla Commissione ambiente del Parlamento europeo che definirà i dettagli della legge martedì 4 novembre.

Rispetto alle condizioni previste dal Green Deal approvato cinque anni fa, la Commissione europea ha concesso ai paesi membri molto più margine di manovra: dall’utilizzo dei crediti di carbonio al ricorso di tecnologie per la rimozione del carbonio. Tuttavia il testo ufficiale non è ancora stato approvato e restano da sciogliere alcuni nodi cruciali, tra cui la quota massima di crediti di carbonio acquistabili – fissata al momento al 3% – per raggiungere l’obiettivo climatico entro il 2040.

Dalla lettera della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen inviata nei giorni scorsi ai leader europei emerge che verranno modificate altre leggi chiave, tra cui la direttiva sul sistema ETS 2, che applicherà dal 2027 un prezzo sul carbonio al settore dei trasporti e degli edifici, e il regolamento LULUCF (Land Use, Land-Use Change and Forestry), sull’assorbimento di CO₂ di suoli e foreste.

Neutralità per le tecnologie green e competitività

Durante la conferenza stampa delle 23, Ursula von der Leyen ha sottolineato la necessità di dover trovare dei compromessi che accontentassero tutti, all’insegna del “pragmatismo e della neutralità tecnologica”.

"Nessuno di noi mette in discussione l'obiettivo climatico, ma dobbiamo coniugarlo con la competitività dell'industria europea", ha dichiarato il cancelliere tedesco Friedrich Merz. Anche l’Italia, rappresentata dal ministro italiano dell'ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, è dello stesso avviso: “Rivendichiamo l’esigenza di individuare una flessibilità che consenta a ogni paese di poter disegnare un percorso compatibile con le proprie economie, per raggiungere in modo sostenibile gli obiettivi di decarbonizzazione”.

Roma ha ottenuto tutto ciò che sperava: maggiore flessibilità, carta bianca sull’utilizzo della CCS (Carbon Capture & Storage) e di biocombustibili, oltre a un’apertura sulla possibilità di conteggiare almeno il 5% dei crediti di carbonio internazionali. 

“Sarebbe stato preferibile mantenere pienamente le condizioni del Green Deal, ma alla luce dell’attuale contesto geopolitico l’accordo rappresenta un compromesso che consente all’Europa di proseguire nel suo percorso”, spiega a Materia Rinnovabile Marta Lovisolo, senior policy advisor per le politiche europee del think tank ECCO.

I nodi sulle altre leggi

Resta aperta la partita sul nuovo sistema ETS 2. Una coalizione di stati guidata da Polonia e Cipro continua a spingere per un rinvio: le preoccupazioni legate a prezzi del carbonio troppo alti e volatili sono al centro dell’agenda del Commissario per il clima Wopke Hoekstra che sta lavorando a un sistema di “stabilizzazione dei prezzi più solido” e opzioni per fornire ulteriore supporto alle famiglie in difficoltà per l’aumento dei costi.

Secondo il think tank ECCO, un ritardo nell'implementazione dell'ETS 2 comporterebbe un danno per l’Italia. Per un prezzo del carbonio compreso tra i 45 e i 100 euro a tonnellata, la perdita di gettito fiscale si aggirerebbe tra i 4 e i 10 miliardi di euro all'anno, oltre a un miliardo perso per il ritardo nella partenza del Fondo sociale clima.

Diversi governi hanno definito irrealistici gli obiettivi sull’assorbimento di CO₂ di suoli e foreste. L’aumento degli incendi boschivi e altre esigenze produttive relative al settore forestale renderebbe il regolamento LULUCF troppo ambizioso.

Il rischio diplomatico sui target climatici

Le difficoltà nel raggiungere un accordo sul target al 2040 stanno paralizzando anche i lavori sull’aggiornamento del Nationally Determined Contribution (NDC) per il 2035. Se l’Unione Europea non dovesse presentarlo alle Nazioni Unite prima del vertice dei leader alla COP30 di Belém, in Brasile, in programma il 6 e 7 novembre, la sua forza diplomatica ne uscirebbe scalfita.

“Tecnicamente i delegati potrebbero definire i contenuti dell’NDC durante i working group della COP”, commenta Lovisolo. “Ma dal punto di vista diplomatico il segnale sarebbe negativo: l’immagine di leadership climatica che l’Europa ha costruito negli anni ne uscirebbe indebolita.” Decisiva sarà la giornata di martedì 4 Novembre quando si riunirà la commissione ENVI del Parlamento europeo per tentare di trovare, finalmente, un accordo sul nuovo NDC.

 

In copertina: Ursula von der Leyen e Antonio Costa © Consiglio europeo