Trentatré anni fa l’Italia firmava la Convenzione di Basilea per proteggere l’Africa dai nostri rifiuti tossici. Ora il governo Meloni approva un decreto che fa esattamente l’opposto: spalanca le porte ai rifiuti pericolosi destinandoli ai cementifici italiani.
Il paradosso è tutto nel DDL del 4 agosto 2025: quei veleni ora sono bruciati in casa degli italiani, un cambio di strategia che il governo definisce “semplificazione”, gli ambientalisti “deregolamentazione”, i cittadini delle aree cementifere un incubo annunciato.
Nel 1992 l’Italia con la Convenzione di Basilea si dichiarava “favorevole all’istituzione di un sistema di controllo globale per la gestione ecologicamente corretta dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi”. L’obiettivo era proteggere Africa, Caraibi, America Centrale e Sud-Est asiatico dal traffico di rifiuti tossici che i paesi industriali esportavano verso il Sud del mondo. Oggi quella stessa Italia facilita l’arrivo di rifiuti da “qualunque provenienza”, semplificando “fortemente le autorizzazioni per il trasporto via mare di rifiuti, sia in acque nazionali che internazionali”.
La prova? Gubbio. In questa cittadina umbra da poco più di 30.000 abitanti coesistono due cementifici che l’Agenzia europea dell’ambiente aveva classificato tra i 622 impianti più inquinanti del continente. Eppure continuano a bruciare, anzi: dal 2022 possono incenerire più facilmente anche il combustibile da rifiuti (CSS) proveniente da chissà dove.
Gubbio, il laboratorio italiano
A Gubbio i dati sanitari quanto meno chiederebbero verifiche e approfondimenti, oltre a biomonitoraggi della popolazione: i tumori sono quasi raddoppiati dal 2002 al 2015, secondo i dati del registro tumori regionale gestito dall’università, passando da 100 a 170 casi annui. Incidenza più o meno simile nei cinque anni successivi, ultima rilevazione utile. La resistenza è affidata ai cittadini.
“Il Comitato per la tutela ambientale della Conca Eugubina esiste dai primi anni 2000”, ci spiega Francesco della Porta, uno dei portavoce. “Siamo riusciti a ottenere che i cementifici non bruciassero gli pneumatici, che chiudessero la SIRCI che lavorava l’amianto, e la Sirio Ecologica che bruciava rifiuti ospedalieri emettendo diossina. Ora in quel capannone c’è la MaioTech, che ‘prepara’ il CSS per la vicina cementeria Colacem.”
Dal 2020 i cittadini protestano con lo slogan “Gubbio non è una discarica”, ma nel dicembre 2021 la regione Umbria ha autorizzato l’uso di CSS nei due impianti, ignorando il parere contrario dell’USL locale. “Già negli anni Novanta, quando le cementerie bruciavano ‘solo’ pet coke e pneumatici, gli abitanti di Padule lamentavano irritazioni alle gambe e ai polmoni”, racconta della Porta. “Negli ultimi dieci anni i cementieri hanno alimentato i forni con residui sempre più sporchi, di provenienza ignota. I comitati hanno promosso una raccolta di firme dei parenti di morti di glioblastoma cerebrale. È un tumore considerato raro ma a Gubbio ci sono stati almeno 10 casi tra il 2022 e il 2024, mentre la media indicata dall’Istituto di sanità è di tre casi ogni 100.000 abitanti.”
La strategia della deregolamentazione
Il DDL Semplificazioni del 4 agosto 2025 è l’ultimo anello di una catena iniziata col decreto Cingolani del 2022. Grazie a questa norma, i cementifici italiani sono diventati inceneritori senza essere soggetti a Valutazioni di impatto ambientale. Il sistema garantisce ai cementieri un triplo vantaggio: non pagano combustibile, sono pagati per smaltire rifiuti e incassano crediti di carbonio. Secondo la versione di Colacem, invece, solo l’utilizzo di CSS ha permesso “una riduzione delle emissioni di CO₂ di oltre 40.000 tonnellate”, equivalenti a 2,4 milioni di euro di crediti carbonio.
E, a proposito di carbonio, l’ultimo capitolo della situazione impiantistica umbra vede una novità, annunciata alla vigilia di Ferragosto dalla regione e dall’assessore all’ambiente, Thomas De Luca. In sostanza, con la delibera di giunta numero 831 del 13 agosto si introduce nel territorio regionale la tecnologia Waste-to-Hydrogen con la quale si vuole estrarre idrogeno dai rifiuti. Con la gestione dei rifiuti si ricava metano, formato da carbonio e idrogeno, separando le due molecole si ottiene la fonte energetica blu che chiuderebbe così, con la circolarità della materia, il ciclo dei rifiuti.
La delibera individua una gamma di tecnologie possibili, ma bisognerà anche capire come trattare i gas di sintesi e il carbonio residuale. Sarà stoccato? E dove? Materia Rinnovabile ha chiesto all’assessore, attraverso il suo portavoce, una dichiarazione e di rispondere a delle domande ma “a causa di troppi impegni non è stato possibile rispondere”.
E mentre si studia come attuare questa tecnologia che non è ancora implementata in nessun’altra città, resta il tema dei cementifici che diventano inceneritori occulti. Anzi, neanche tanto occulti, secondo le associazioni dei cittadini.
La resistenza impossibile
Quando i territori tentano di opporsi, si scontrano con un sistema che ha reso quasi impossibile la resistenza legale. “Difficile penetrare il sistema dei media che qui sono troppo vicini a una o all’altra delle famiglie cementiere”, denuncia della Porta. “I comitati possono comunicare solo sui social, per quel che vale, o affiggendo manifesti e distribuendo volantini. Anche i partiti di sinistra e i sindacati hanno sempre avuto una posizione operaista: le cementerie non devono chiudere, in nome della difesa dell'occupazione, benché i dipendenti delle due cementerie siano intorno al 10% del totale degli occupati.”
L’ARPA “dichiara di non avere giurisdizione sul contenuto dei TIR di CSS che arrivano qui da dentro o fuori regione”, mentre medici come Giovanni Vantaggi documentano l’aumento di “tumori al polmone, al colon, al seno” e “casi di sarcoma, prima sconosciuti”.
Europa contro Italia
Il DDL di inizio agosto procederebbe inoltre in direzione contraria agli obiettivi UE 2030-2050. Il regolamento sulla tassonomia stabilisce infatti che si considera “danno significativo” un’attività che comporti “un aumento dell'incenerimento dei rifiuti”. L’Italia invece trasforma questi divieti in incentivi, ribattezzando l'incenerimento “energia rinnovabile”.
“L’idrogeno è una foglia di fico che nasconde un inceneritore”, commenta della Porta sul nuovo impianto Waste to Hydrogen. “La soluzione è ridurre il consumo, a partire dagli imballaggi di plastica monouso”. E cita l’esempio della Heidelberg in Indiana: “Una cementeria aveva ottenuto da Biden 500 milioni per decarbonizzare la produzione. Trump ha cancellato il sussidio. Questo dimostra che si può decarbonizzare il cemento, che i concorrenti avveduti lo stanno già facendo, che i governi intelligenti lo finanziano”.
In copertina: foto di Scott Gundersen, Unsplash