L’Europa attende una nuova strategia per la bioeconomia. Secondo varie fonti di Materia Rinnovabile, una bozza di documento dovrebbe essere presentata alla fine di novembre a Copenaghen, in Danimarca, che detiene la presidenza di turno del Consiglio dell'UE fino alla fine dell'anno.
Si attende un documento che copra tutti gli aspetti, non solo i prodotti, ma anche tutti gli stakeholder, dall'approvvigionamento delle materie prime alle nuove applicazioni. Ma soprattutto si spera sia la base per nuove iniziative regolatorie e legislative che diano forza al settore, sfruttando anche il nuovo budget europeo 2027-2034, rafforzando il settore chimico e dei materiali europeo. E non c’è persona più competente e informata sul tema bioeconomia di Catia Bastioli, Presidente di Spring – Cluster Italiano della Bioeconomia Circolare -, con cui Materia Rinnovabile ha voluto fare il punto della situazione.
“La bioeconomia circolare radicata nei territori è essenziale proprio in momenti come questo, a fronte dell’attuale scenario geopolitico, mentre questa terribile evoluzione mette ancor più in evidenza il problema della scarsità delle risorse, della necessità di aumentare il livello di autosufficienza dell’Europa e del nostro paese, nonché della crescita della resilienza dei territori e dei nostri suoli per renderli più resistenti ai fenomeni estremi del cambiamento climatico e ai problemi di inquinamento, erosione, desertificazione, nonché all’aumento di rischi per la nostra salute e alla perdita di biodiversità”, spiega Bastioli.
In Europa manca un quadro legislativo
“Purtroppo, il sistema legislativo e il governo dell’Europa e dei paesi membri risentono ancora di strutture a silos tipiche dell’economia lineare e non riescono a tenere il passo perché sono top-down e riconoscono solo ciò che esiste già. L’assenza di una governance sistemica delle istituzioni è una delle principali ragioni del gap che si è venuto a formare tra potenziale creato e capacità di sfruttarlo. Nonostante l'innovazione, gli investimenti pubblici e privati già in atto e il potenziale di decarbonizzazione che si è generato, l'Europa manca ancora di un quadro legislativo che sostenga realmente lo slancio di questo settore. Il problema è che tutta l’esperienza e i casi studio costruiti sembrano non sortire effetto in Europa: anzi si nota un continuo peggioramento della situazione.”
La bioeconomia in Italia
L’Italia intanto giocherà la sua parte per portare il proprio contributo nei lavori della nuova strategia. La bioeconomia in Italia ha raggiunto nel 2024 un valore della produzione di 426,8 miliardi di euro, dando lavoro a circa 2 milioni di persone. Numeri che salgono nel complesso dell’Unione Europea a 3.042 miliardi con 17 milioni di occupati. Sono dati che danno speranza quelli dell’undicesimo Rapporto sulla bioeconomia in Europa realizzato da Intesa Sanpaolo, in collaborazione con il cluster italiano della bioeconomia circolare Spring.
L'Italia risulta specializzata in questo meta-settore, rappresentando il 14% dell’UE27, una percentuale superiore rispetto a quella che si osserva per il totale delle attività economiche (12,4%). Ma ci sono ancora ampi margini di crescita.
“In Italia abbiamo costruito dimostratori industriali con logica circolare, radicati nel territorio che in alcuni ambiti sono diventati di dimensione nazionale ed europea”, continua Bastioli. “Sono stati sviluppati prodotti che, grazie alla loro biodegradabilità e compostabilità, contribuiscono a risolvere specifiche problematiche ambientali, economiche e sociali, evitando l'accumulo nel suolo e nelle acque. Questi bioprodotti − come bioplastiche, biolubrificanti, bioerbicidi, ingredienti cosmetici biodegradabili per la detergenza − se utilizzati in progetti territoriali concreti, coinvolgendo stakeholder e comunità, possono trasformare il business as usual in un’opportunità di crescita culturale, essenziale per un cambiamento nel modello di sviluppo. Sono state utilizzate nuove tecnologie, insieme a processi biotecnologici e chimici, per trasformare siti deindustrializzati in Italia in bioraffinerie, centri di ricerca, hub di innovazione, startup, salvaguardando posti di lavoro, evitando il consumo di suolo e valorizzando il know-how esistente. Prendendo i suggerimenti della missione Soil health & food, oggi EU Deal for Europe, in Italia sono nate iniziative a supporto della salute e rigenerazione dei suoli e per la promozione di lighthouses, si pensi a Fondazione ReSoil e a Fondazione Illy, ad esempio.”
Come fomentare quindi lo sviluppo dei cluster europei della bioeconomia circolare? “Gli impianti di punta del biomanufacturing, ad esempio, sono considerati solo impianti chimici, mentre invece sono infrastrutture essenziali della bioeconomia circolare, nei territori che alimentano le filiere locali. In quanto settore trasversale, la bioeconomia deve essere integrata in modo coerente in tutte le normative, direttive e strategie, mentre il suo contributo sostanziale al raggiungimento degli obiettivi in materia di clima e rifiuti deve essere riconosciuto e incentivato, garantendo che i materiali di origine biologica rispettino gli stessi standard di tutti gli altri”, spiega la Presidente di Spring.
Serve il pieno riconoscimento della bioeconomia
Un pieno riconoscimento deve basarsi su varie iniziative. “La prima è avere codici statistici specifici per le bioraffinerie e i bioprodotti correlati, per contribuire a distinguere l'unicità del settore e superare le barriere normative che attualmente limitano l'uso di materie prime secondarie”, continua. “Poi serve riconoscere formalmente e integrare nella legislazione il ruolo dei prodotti bio-based nella decarbonizzazione, attraverso incentivi e obblighi per i contenuti bio-based, soprattutto laddove i prodotti innovativi possano guidare importanti trasformazioni nella produzione, nell'uso e nella gestione del fine vita.”
E ancora: promuovere l’uso sostenibile della biomassa; promuovere prodotti che preservano il capitale naturale evitando l'accumulo nel suolo e proteggendo gli ecosistemi in caso di rilascio accidentale, nonché supportare la raccolta e il trattamento dei rifiuti organici. “In Europa, la prossima evoluzione del Regolamento sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio sarà fondamentale, con gli stati membri che dovrebbero adottare normative in materia entro agosto 2026.”
Dunque è tempo di chiedere il pieno riconoscimento della bioeconomia, delle bioraffinerie e dei bioprodotti correlati, come pilastro della rigenerazione e della decarbonizzazione. “A riguardo, in vista della revisione della Strategia sulla bioeconomia, il nostro cluster sta attivamente lavorando alla definizione di una posizione condivisa per rispondere alla survey”, conclude Bastioli. “Stiamo inoltre partecipando alla definizione della posizione del Gruppo di coordinamento nazionale per la bioeconomia, con l’obiettivo di rappresentare al meglio le istanze e le priorità dell’intero ecosistema. Con l’imminente avvio dell’EU Clean Industrial Deal, ci troviamo di fronte a un momento decisivo. In questo contesto si inserisce il lavoro dell’EU Bioeconomy Clusters’ Alliance, un’iniziativa fortemente sostenuta dal nostro Cluster SPRING. A oggi, 14 cluster di 11 paesi hanno già aderito all’alleanza, operando in sinergia con reti consolidate come il Bio-based Industries Consortium, la Biosolutions Coalition e altre realtà europee. In quanto settore trasversale, la bioeconomia dovrebbe essere al centro della transizione e dell'attenzione di molteplici ambiti politici. Incoraggiamo quindi attivamente i progetti territoriali, collegando le tecnologie esistenti, poiché sono motori cruciali del cambiamento, coinvolgendo le comunità locali e la società nel suo complesso.”
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