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Dopo una notte di incontri a porte chiuse e con un giorno di ritardo rispetto al previsto, l’ultima plenaria della quinta sessione prorogata del Comitato intergovernativo di negoziazione (INC-5.2) per un Trattato globale sulla plastica si è conclusa bruscamente venerdì 15 agosto alle 9:12 del mattino.
Nonostante 40 milioni di dollari già investiti negli ultimi tre anni di negoziati, la sessione è stata aggiornata a una nuova data e in un nuovo luogo non precisati. Una conclusione che lascia aperta la probabilità di un’ulteriore sessione prorogata (INC-5.3) ma che manca di chiarezza su un percorso effettivo da seguire, in linea con la mancanza di chiarezza nelle procedure che ha caratterizzato le negoziazioni sin dall’inizio.
Durante gli oltre dieci giorni di negoziati, iniziati il 5 agosto a Ginevra, in Svizzera, i delegati hanno dapprima lavorato in quattro gruppi di contatto sulla bozza di testo concordata a INC-5.1 a Busan, Corea del Sud, nel dicembre 2024. Ma a metà della seconda settimana di negoziazioni nessun passo avanti era stato fatto. Come negli incontri precedenti, due gruppi di paesi hanno espresso opinioni opposte su obblighi di riduzione della produzione di plastica, divieto di sostanze chimiche pericolose e finanza.
Da una parte la High Ambition Coalition (85 paesi guidati da Rwanda e Norvegia, e che include molti paesi africani e l’Unione Europea) e altri paesi ambiziosi per un totale di oltre 100 paesi che vogliono un trattato con regole globali che regolino l’intero ciclo di vita della plastica.
Dall’altra un gruppo più ristretto, i paesi del cosiddetto Like-Minded Group (paesi petrolchimici guidati da Arabia Saudita, con Iran, Iraq, India, Malaysia Russia, Marocco, Uganda, Cuba, Kazakistan), che vogliono un Trattato globale sulla plastica su base volontaria, con disposizioni che riguardano solo la gestione dei rifiuti. Accanto a questi ultimi si sono posizionati gli Stati Uniti, che secondo gli osservatori non ratificheranno mai l’accordo e che, come previsto, si sono opposti a introdurre limiti alla produzione.
C’è poi un terzo gruppo di paesi dei quali è stato più difficile capire la posizione. Tra questi il Brasile, che ha però espresso supporto per l’inclusione della salute umana nel trattato, e la Cina, che ha detto nella plenaria finale che “l'inquinamento da plastica è molto più complicato di quanto pensassimo, poiché riguarda l'intero ciclo di vita della plastica”.
I testi proposti dal presidente non rispecchiavano il parere della maggioranza
Dichiarando di voler cercare di trovare un accordo che potesse essere accettato all’unanimità, il presidente di INC Luis Vayas Valdivieso aveva preso l’iniziativa di produrre di propria mano due bozze di testo dell’accordo. La prima è stata rilasciata il 13 agosto alle 14.50. Un testo definito “repulsivo” da Juan Carlos Monterrey Gómez, delegato di Panama, che ha commentato: "Non tradiremo le generazioni future per il testo così com'è".
La seconda è stata rilasciata il 15 agosto alle 00.48: giudicata dagli osservatori leggermente migliore ma che, come la prima, non conteneva obblighi di riduzione della produzione né un articolo dedicato alla salute umana. Entrambi i testi sono comunque stati rigettati dagli stati membri, portando indietro le negoziazioni alla bozza di testo di INC-5.1 di Busan.
Ma secondo un’analisi di CIEL rilasciata a caldo, anche se fossero stati approvati, entrambi i testi avrebbero rappresentato una battuta d’arresto significativa ai negoziati: “Entrambe le bozze si basavano su misure volontarie che non riuscivano ad affrontare adeguatamente la portata della crisi della plastica e facevano appello alle richieste sia degli stati petroliferi che dell'industria petrolchimica. Eppure, nell'arco di dodici giorni, gli stati membri hanno presentato decine di proposte di testo che hanno ottenuto un ampio sostegno dalla maggioranza degli stati membri. Ma, anziché essere integrate nel testo, sono state accantonate dalla presidenza, che ha preferito bozze di testo che si appellavano al minimo comune denominatore, accontentando gli stati petroliferi e i rappresentanti dell'industria che hanno travolto i negoziati”.
La Environmental Justice Foundation (EJF) ha inoltre calcolato una stima del numero di paesi (dai 57 ai 130) in supporto di varie proposte “ambiziose” (sistemi di riuso liberi da prodotti tossici, riduzione della produzione, controllo delle sostanze chimiche, meccanismo per votare nell’ambito della Conferenza delle Parti, articolo sulla salute) che risulta nettamente superiore a quello dei paesi contrari (tra 20 e i 25).
Far deragliare le negoziazioni come obiettivo
Per David Azoulay, direttore del Programma di salute ambientale e capo delegazione del Center for International Environmental Law, INC-5.2 è stato “un fallimento totale” e i negoziati falliranno ancora nel futuro se il processo non cambia.
In una dichiarazione stampa ha detto: “Abbiamo visto chiaramente ciò che molti di noi sapevano da tempo. Alcuni paesi non sono venuti qui per finalizzare un testo, ma per fare il contrario: bloccare qualsiasi tentativo di far avanzare un trattato valido. È impossibile trovare un terreno comune tra coloro che sono interessati a proteggere lo status quo e la maggioranza che cerca un trattato funzionale che possa essere rafforzato nel tempo. […] I paesi che desiderano un trattato devono ora abbandonare questo processo e stipulare un accordo tra volenterosi. E tale processo deve includere opzioni di voto che neghino la tirannia del consenso che abbiamo visto attuarsi qui”.
“Oggi, la comunità internazionale avrebbe dovuto celebrare l'adozione di un nuovo trattato internazionale per porre fine all'inquinamento da plastica”, ha dichiarato a Materia Rinnovabile Marcos Orellana, relatore speciale delle Nazioni Unite su sostanze tossiche e diritti umani. “Invece, alcuni paesi, intrappolati dalle industrie petrolchimiche e dei combustibili fossili, hanno bloccato i progressi presso le Nazioni Unite. Nel frattempo, il flagello della plastica continua ad aggravare l'inquinamento del nostro pianeta.”
Anche Philippe Bolo, parlamentare francese e membro della coalizione interparlamentare per porre fine all'inquinamento da plastica (ICEPP), ha commentato con Materia Rinnovabile: "Non è stato raggiunto un consenso. La frattura tra paesi ambiziosi e paesi che condividono le stesse idee è profonda, impedendoci di uscire da Ginevra con un trattato. La delusione è immensa, ma deve rapidamente cedere il passo a una determinazione decuplicata per arginare questo inquinamento, che avanza inesorabilmente, con la sua quota di vittime".
Trattato globale sulla plastica, un fallimento evitabile
"Ora dobbiamo valutare le nostre opzioni per il futuro, ma sia chiaro: la High Ambition Coalition rimane ferma nel suo impegno a porre termine all'inquinamento da plastica e a mettere in atto un trattato efficace a tal fine il prima possibile", ha affermato durante l’ultima plenaria Andreas Bjelland Eriksen, ministro del clima e dell'ambiente della Norvegia, paese co-chair della High Ambition Coalition (HAC), sottolineando come le condizioni minime per un trattato debbano includere, tra le altre cose, la riduzione della produzione di plastica e il divieto di sostanze chimiche tossiche e un meccanismo per prendere le decisioni basato sul voto.
L’opposto di quanto dichiarato in plenaria dal delegato dell’India, che invece ha ribadito come tutte le decisioni debbano essere prese tramite consenso, e che riduzione di produzione di plastica e divieto per sostanze chimiche non possono essere incluse nel trattato. La delegata della Malesia ha aggiunto che il trattato deve essere “pragmatico” e non deve impedire agli stati in via di sviluppo il loro “sviluppo sostenibile basato sull’uso delle loro risorse”.
Per Magnus Løvold della Norwegian Academy of International Law, tuttavia, il fallimento della sessione di Ginevra di questa settimana nel concludere un Trattato globale sulla plastica “non era inevitabile, ma riflette una mancanza di coraggio, strategia e immaginazione politica” e non è dovuto solo alle manovre di far deragliare i negoziati messi in atto dall’Arabia Saudita e dagli altri paesi del Like-Minded Group ma anche alla mancanza di leadership dei paesi ambiziosi.
Løvold scrive su LinkedIn: “Le regole procedurali dei negoziati sono chiare: 'Se tutti gli sforzi per raggiungere un consenso sono stati esauriti e non è stato raggiunto alcun accordo, le decisioni saranno, come ultima risorsa, prese a maggioranza di due terzi dei rappresentanti dei membri presenti e votanti'. Questa non è una scelta facoltativa. È una regola. Chiunque abbia assistito alla plenaria di chiusura di venerdì mattina ha potuto constatare che non erano stati solo gli sforzi per raggiungere un consenso a esaurirsi: l'intero processo aveva esaurito le sue energie. Eppure, gli stessi paesi che hanno trascorso tre anni a promuovere norme globali sull'inquinamento da plastica non sono riusciti, quando più contava, a far rispettare le norme già in vigore”.
Cresce la consapevole degli impatti dell’inquinamento da plastica
Per Neil Tangri, Science and Policy Director della Global Alliance for Incinerator Alternatives (GAIA), tuttavia, i tre anni di negoziati hanno prodotto risultati “sorprendenti” e adesso la “volontà politica di un trattato efficace è evidente”.
“L'inquinamento da plastica, che fino a poco tempo fa era stato etichettato come una minaccia per la fauna marina, è ora ampiamente riconosciuto come una grave minaccia per il clima e la salute umana”, ha scritto Tangri in un’analisi a caldo della fine di INC-5.2 dove spiega quali sono possibili soluzioni alternative a un nuovo incontro INC-5.3. “L'industria è coinvolta, l'opinione pubblica è indignata e i media prestano attenzione. La richiesta di ridurre la produzione è passata dalla frangia degli attivisti a diventare una richiesta centrale di circa cento governi nazionali. La volontà politica di un trattato efficace è evidente.”
“I paesi ambiziosi hanno vinto non permettendo l'approvazione di un testo inefficace”, ha affermato a Materia Rinnovabile Arpita Bhagat, responsabile delle politiche sulla plastica per l'Asia-Pacifico della Global Alliance for Incinerator Alternatives (GAIA). “Il processo INC è fallito. Non possiamo perdere altro tempo mentre la triplice crisi planetaria ci spinge sempre più verso la catastrofe. I paesi ambiziosi devono valutare strade alternative per uno strumento efficace.”
Invasione di lobbysti e divieto di parola ai portatori di diritto
La Global Alliance for Incinerators’Alternatives (GAIA) ha inoltre denunciato l’incapacità del presidente e del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) di preparare il terreno per negoziati equi ed efficaci. “Un numero enorme di lobbisti dei combustibili fossili e della petrolchimica ha invaso i colloqui, mentre la società civile è stata spesso esclusa [sia nelle sessioni precedenti che in questa]”, scrive in un comunicato stampa.
Alla fine della plenaria avrebbero dovuto parlare gli osservatori, ma solo Eddy Frank Vásquez-Sánchez di Youth Plastic Action Network ha potuto farlo: “[…] Le modalità attuali si sono dimostrate insufficienti. L'inazione non è una scelta neutrale, è una decisione che riguarda noi e le generazioni future. Chiediamo un percorso metodologico, trasparente e inclusivo”. Ma di inclusione ce n’è stata poca.
John Thompson, capo delegazione degli Stati Uniti, ha infatti preso la parola chiedendo inizialmente al Presidente di INC di parlare della strada da seguire nei negoziati, ma quando Vayas Valdivieso gli ha risposto che il suo piano era di ascoltare gli osservatori e dopo aggiornare la sessione a una data successiva, Thompson ha chiesto di chiudere la sessione immediatamente (“Can we just gavel that through now?”). Salman Alajmi, delegato del Kuwait, è intervenuto supportando l’aggiornamento della sessione all’istante, e Vayas Valdivieso ha obbedito, picchiando il martelletto e negando la parola a una lunga lista di osservatori e portatori di diritto di rilasciare le proprie dichiarazioni.
Anche la Scientists’ Coalition for an Effective Plastics Treaty aveva preparato una dichiarazione, ma le è stato impedito di farla: “La scienza è innegabile: l'inquinamento da plastica danneggia le persone e l'ambiente durante tutto il suo ciclo di vita. Sappiamo già abbastanza per giustificare un'azione urgente. Ignorare le prove scientifiche non farà che peggiorare l'impatto della plastica sulla salute umana e sull'ambiente”.
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In copertina: IISD/ENB - Kiara Worth