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Da Bruxelles - Un target per l’efficienza idrica del 10% entro il 2030, ma non vincolante. Nessuna nuova normativa, solo un maggiore enforcement delle misure esistenti. Più attenzione al binomio innovazione e digitalizzazione, e maggiori sforzi in cooperazione internazionale. È questa l’estrema sintesi delle 29 pagine che compongono la Strategia europea per la resilienza idrica, presentata il 4 giugno dalla commissaria europea per l’ambiente, la resilienza idrica e l’economia circolare competitiva, Jessika Roswall.

Una strategia ambiziosa solo negli annunci, che su ripristino e protezione del ciclo idrico, efficienza e usi industriali e accesso all’acqua per i cittadini scava appena nel solco della continuità. Nel pieno di una crisi idrica che da Stoccolma a Cipro assume tratti strutturali – con riserve in calo, siccità più frequenti e una crescente competizione tra usi civili, agricoli e industriali – l’esecutivo UE ha optato per il compromesso, pur riconoscendo con decisione l’acqua come abilitatore economico strategico, trasversale e bisognoso di azioni integrate.

“L'acqua non è solo una risorsa, è una fonte di vita”, ha dichiarato Roswall, presentando la strategia come una “cassetta degli attrezzi” per aiutare gli stati membri a ripristinare il ciclo idrico.

Tuttavia, quella che poteva essere un’occasione storica per avviare una vera governance dell’idrosfera per 420 milioni di cittadini europei si è tradotta in un testo prudente, che punta a traguardi volontari e confida nel senso di responsabilità degli stati membri, ma rischia così facendo di scontrarsi con le stesse inefficienze che da anni impediscono una vera svolta nella gestione del bene più prezioso.

La Strategia europea per la resilienza idrica non incide sui modelli di consumo, non affronta il tema dell’accesso equo alla risorsa e non stabilisce criteri chiari per la priorità degli usi, ora che chip, batterie, idrogeno e data center sono sempre più strategici. Una linea che evita lo scontro politico, ma che già dal suo annuncio lascia aperti molti interrogativi sulla sua reale efficacia.

Le azioni per ripristinare e proteggere il ciclo dell'acqua

Presentata durante la UE Green Week 2025, la Strategia per la resilienza idrica (in inglese, Water Resilience Strategy) punta innanzitutto a ripristinare il ciclo dell’acqua in termini di qualità e quantità. Al centro dell’iniziativa c’è l’obiettivo di dare piena attuazione alle leggi esistenti, come la Direttiva quadro sulle acque, la Direttiva alluvioni e il Regolamento sul ripristino della natura. Strumenti normativi già solidi, ma spesso applicati in modo incompleto o disomogeneo nei vari stati membri.

La strategia propone poi un approccio integrato “dalla fonte al mare”, valorizzando gli ecosistemi naturali come risorse fondamentali per trattenere, purificare e restituire l’acqua all’ambiente. Soluzioni basate sulla natura − come il ripristino delle zone umide, la riforestazione e la rinaturalizzazione dei fiumi − vengono indicate come preferibili rispetto alle infrastrutture artificiali.

Tuttavia, la Commissione non esclude del tutto opere come bacini o dighe, a condizione che siano accuratamente pianificati e coerenti con una visione a lungo termine, modellata su scenari climatici futuri. Stessa ratio anche rispetto alla desalinizzazione dell’acqua di mare che sì, può “garantire un approvvigionamento idrico costante al di là del ciclo idrologico” ma che “tuttavia, rimane costosa, molto energivora e comporta un impatto ambientale significativo”. Per questo la Commissione sosterrà l'innovazione in questo settore.

Un altro aspetto centrale della Strategia è la lotta agli inquinanti persistenti, come i PFAS, che si accumulano nei corpi idrici europei causando gravi danni alla salute umana, con un impatto economico annuo stimato tra i 52 e gli 84 miliardi di euro. Queste sostanze, insieme a microplastiche e altri contaminanti, dovranno essere affrontate alla fonte, secondo quanto previsto dal Piano d’azione per l’inquinamento zero.

Particolare attenzione viene inoltre riservata all’inquinamento da nutrienti provenienti da agricoltura, insediamenti urbani e altre fonti diffuse. L’eccesso di azoto e fosforo nelle acque causa fenomeni come le fioriture algali e la carenza di ossigeno, dannosi per la biodiversità acquatica e per la salute umana. Le perdite socioeconomiche legate al solo azoto vengono stimate tra i 75 e i 485 miliardi di euro all’anno.

Verso un'economia “water-smart” e competitiva

L’acqua non è solo un bene pubblico, ma anche un fattore competitivo per l’industria europea. Settori strategici come semiconduttori, batterie, idrogeno e data center richiedono grandi quantità di acqua ultra-pura, spesso in aree già soggette a stress idrico. Secondo il rapporto The Value of the EU investing in Water di Water Europe, il fabbisogno idrico dell’industria è destinato ad aumentare significativamente, con rischi ambientali e sociali se non si interviene su efficienza e riciclo.

Nel settore dei semiconduttori, la taiwanese TSMC, leader globale con il 61% del mercato, ha raggiunto un tasso di riciclo dell’86% nel 2022. Al confronto, le europee NXP e STMicroelectronics − ciascuna con circa il 3% del mercato − si fermano al 45%. La produzione di wafer richiede in media 21 litri d’acqua per centimetro quadrato, una cifra che evidenzia l’impatto potenziale sul territorio.

Situazione analoga per le batterie elettriche. Con il Net Zero Industry Act, l’UE punta a coprire internamente il 90% del fabbisogno annuo di batterie entro il 2030. Ma, senza aumentare la produttività idrica, ciò comporterebbe un consumo aggiuntivo di 26 milioni di metri cubi d’acqua entro il 2030, destinati a salire a 56 milioni entro il 2040.

La produzione prevista − 3,4 milioni di batterie da 50 kWh l’anno − rischia quindi di avere un costo ambientale significativo. Alcuni impianti, come la gigafactory Tesla di Berlino, hanno già subìto ritardi produttivi proprio per problemi legati alla disponibilità d’acqua.

La Strategia per la resilienza idrica non prevede tuttavia un disegno esplicito per evitare l’insediamento di industrie ad alta intensità idrica in aree a bassa disponibilità d’acqua. Non si parla, ad esempio, di una mappatura territoriale vincolante che orienti le scelte in funzione della sostenibilità delle risorse.

La Commissione propone invece un maggiore utilizzo dei dati satellitari per migliorare il monitoraggio e la pianificazione, ma lascia ampio margine di discrezionalità agli stati membri, in nome delle differenze territoriali.

Efficienza idrica: target non vincolante al 10%

Anche sui target di efficienza idrica, non si stabiliscono obiettivi vincolanti a livello europeo: ogni paese sarà invitato a definire i propri, sulla base delle caratteristiche nazionali, dei bacini idrografici e dei settori produttivi coinvolti. L’UE si propone di migliorare l’efficienza idrica del 10% entro il 2030.

Per farlo, la Commissione collaborerà con gli stati membri alla definizione di una metodologia condivisa per fissare obiettivi nazionali (alcuni paesi come la Francia hanno già introdotto il target di 10% al 2030 per i prelievi). Nessuna menzione però nel testo su come evitare l’effetto rebound, ovvero quel fenomeno per cui i guadagni in termini di efficienza finiscono per essere compensati (e spesso superati) da un aumento complessivo dei prelievi, delle attività produttive o dei consumi stessi.

Le misure sul riuso nella Strategia europea per la resilienza idrica

Un altro tema chiave è il riuso dell’acqua. Attualmente, solo il 2,4% delle acque reflue viene riutilizzato nell’UE, con una grande variabilità: si va da zero all’80%, a seconda del paese. La Commissione si impegna a promuovere il riuso sicuro nell’agricoltura, nell’industria e nella produzione energetica, fornendo orientamenti e supporto tecnico.

La normativa sul riuso dell’acqua sarà riesaminata nel 2028. Anche le perdite nella rete pubblica, responsabili di gran parte dello spreco idrico (la fornitura pubblica incide per il 13% dei consumi totali), saranno affrontate attraverso strumenti digitali come il monitoraggio in tempo reale e sistemi predittivi di manutenzione.

L’agricoltura, che rappresenta il 51% del consumo idrico europeo, è chiamata infine a una doppia sfida: ridurre l’impatto sull’acqua e contribuire alla resilienza climatica. La Politica agricola comune sarà uno dei principali canali per finanziare pratiche sostenibili. Tuttavia, il settore agroalimentare, che include produzione, lavorazione e distribuzione, resta una delle fonti principali di pressione sulla qualità e sulla quantità d’acqua.

Investimenti, il ruolo della BEI

Un capitolo centrale della Strategia per la resilienza idrica è il rilancio degli investimenti, con un ruolo chiave affidato alla Banca europea per gli investimenti (BEI). Sempre il 4 giugno, la BEI si è infatti impegnata a mobilitare 15 miliardi di euro nei prossimi tre anni per ridurre l’inquinamento, prevenire lo spreco e sostenere imprese innovative del settore.

L’approccio mira non solo ai grandi progetti, ma anche a facilitare l’accesso al credito per iniziative locali, come il ripristino del ciclo idrico, la ricarica delle falde, la riqualificazione delle reti e la creazione di “città spugna”.

“Sostengo pienamente l'impegno della Commissaria a favore della digitalizzazione, dell'innovazione e degli investimenti, compreso l'impegno di 15 miliardi di euro da parte della Banca europea per gli investimenti (BEI). Tuttavia, se vogliamo davvero garantire una resilienza idrica tangibile, dobbiamo andare oltre”, ha commentato su LinkedIn Thomas Bajada, relatore per la Strategia al Parlamento europeo, che il 7 maggio scorso aveva votato le proprie raccomandazioni.

Tra le proposte avanzate da Bajada figurano l’adozione di obiettivi ambiziosi in materia di efficienza idrica e prelievo delle risorse a livello di bacino, un’azione decisa contro le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) e altri inquinanti emergenti — a partire da una graduale eliminazione nei beni di consumo — e la creazione di un fondo europeo dedicato alla resilienza idrica nel prossimo Quadro finanziario pluriennale (QFP). Tale fondo, ha sottolineato, dovrebbe essere realmente accessibile a chi ne ha più bisogno: agricoltori, enti locali e imprese.

“La Commissaria ha giustamente ricordato che ‘l’acqua è gestita a molti livelli’, ma senza una guida forte da parte dell’Unione Europea i nostri sforzi collettivi rischiano di rimanere frammentati e insufficienti”, ha concluso Bajada.

La stessa Strategia ricorda che senza maggiori investimenti pubblici e privati in tutte le fasi della gestione idrica, i progressi verso la resilienza saranno insufficienti. Attualmente si investono circa 55 miliardi di euro l’anno, ma per attuare pienamente la normativa vigente servirebbero altri 23 miliardi annui, pari allo 0,1% del PIL dell’UE.

Garantire acqua potabile pulita e accessibile

Come ricordato dalla Strategia europea per la resilienza idrica, l’acqua potabile e i servizi igienico-sanitari sono un diritto umano riconosciuto e garantito dalle direttive europee e da ingenti investimenti. Tuttavia, ancora oggi l’1,5% della popolazione dell’UE non dispone di servizi igienici adeguati, e il 4% non ha accesso ad acqua potabile sicura.

La Strategia riconosce poi il ruolo centrale dei consumatori. In particolare, saranno strumenti come l’Ecolabel e il Regolamento ecodesign ad aiutare i cittadini a scegliere prodotti efficienti, mentre a nuovi sistemi di etichettatura come la Unified Water Label sarà lasciata la sensibilizzazione sull’uso consapevole dell’acqua.

Nell’edilizia e nella pianificazione urbana, l’efficienza idrica dovrà poi andare di pari passo con quella energetica. Il nuovo pacchetto per le prestazioni energetiche degli edifici e l’iniziativa del Nuovo Bauhaus europeo vengono individuati come la giusta occasione per integrare la resilienza idrica nelle città, anche attraverso il coinvolgimento diretto dei cittadini.

Infine, la tariffazione dell’acqua, secondo la Strategia, deve essere equa e trasparente, tenendo conto del consumo reale, dell’impatto ambientale e della capacità di pagamento, per promuovere comportamenti virtuosi.

Cooperazione transfrontaliera nella Strategia per la resilienza idrica

Il documento sottolinea inoltre l’importanza della cooperazione transfrontaliera: l’Europa conta 75 bacini fluviali internazionali e, nonostante le direttive prevedano un coordinamento tra stati, resta ancora molta strada da fare per garantire coerenza nelle misure tra i paesi a monte e a valle.

Per rafforzare la governance condivisa delle risorse idriche, la Strategia rimarca il sostegno alla Convenzione ONU sull’acqua e ricorda che attraverso l’iniziativa Global Gateway l’UE già mette a disposizione oltre 1,2 miliardi di euro per progetti in 18 bacini fluviali transfrontalieri in Africa e Asia Centrale, in collaborazione con la BEI e le istituzioni finanziarie dei paesi membri.

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In copertina: Teresa Ribera e Jessika Roswall fotografate da Nicolas Landemard © European Union, 2025