Il Net Zero Framework (NZF) è il piano dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) per la decarbonizzazione del settore del trasporto marittimo, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra del 20-30% entro il 2020 e arrivare a zero emissioni nette al 2050.
Approvato in via provvisoria nell’aprile scorso con 63 stati a favore e 16 contro, il NZF avrebbe dovuto essere adottato formalmente ieri, venerdì 17 ottobre, durante l’ultimo giorno della seconda sessione straordinaria del Comitato per la protezione dell'ambiente marino (MEPC/ES.2) che si era aperta il 14 ottobre a Londra nella sede dell’IMO.
Ma gli Stati Uniti, con l’appoggio di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Singapore e altri paesi, sono riusciti a impedirne l’adozione attraverso minacce e tramite un tentativo di cambiare le regole procedurali, che se fosse passato avrebbe potuto rivelarsi una trappola che di fatto ne avrebbe bloccato l’adozione a tempo indefinito.
Durante questa settimana i più importanti stati bandiera, quelli dove è registrato il maggior numero di navi e che trasportano le maggiori quantità di merci, sono rimasti in silenzio, ma secondo Lloyd's List, gli stati che rappresentano ben oltre il 50% del tonnellaggio globale avrebbero cambiato posizione rispetto ad Aprile. Allora erano a favore dell’adozione del NZF. Adesso molti avrebbero deciso di astenersi o votare contro l'adozione. L’incontro dell’IMO si è dunque chiuso con 57 stati favorevoli (49 contrari) a rinviare all’anno prossimo il voto sull’adozione del NZF.
Minacce e tentativi di cambiare le regole procedurali
Nei mesi e nelle settimane che hanno preceduto l’incontro, gli Stati Uniti hanno minacciato dazi e ritorsioni contro gli stati che avessero sostenuto il piano. Il 10 ottobre, tramite una dichiarazione congiunta, il segretario di stato Marco Rubio, il segretario all'energia Chris Wright e il segretario ai trasporti Sean Duffy hanno reiterato le minacce agli stati e hanno fatto sapere che gli Stati Uniti sono pronti a mettere in atto ritorsioni anche contro i funzionari dei vari stati. Le ritorsioni potrebbero includere il blocco delle navi battenti bandiera di tali paesi nei porti statunitensi, l'imposizione di restrizioni e tasse sui visti e l'applicazione di sanzioni ai funzionari che, secondo Rubio e Duffy, “sostengono politiche climatiche promosse dagli attivisti”.
Come riportato da Lloyd List, gli Stati Uniti hanno cercano di ostacolare l’adozione del Net Zero Framework anche tramite una proposta di modifica delle regole procedurali, chiedendo di passare dalla cosiddetta accettazione “tacita” a quella “esplicita”, che renderebbe più facile bloccare il piano.
Sin dal 1973, il sistema per prendere le decisioni in seno all’IMO è infatti quello dell’accettazione tacita: significa che un emendamento alla Convenzione Marpol entra in vigore 10 mesi dopo la sua adozione formale da parte del MEPC, a meno che un terzo delle parti della Convenzione Marpol, o paesi che rappresentano il 50% della stazza lorda mondiale, non si oppongano.
L’accettazione esplicita prevede, invece, che dopo l’adozione formale almeno due terzi dei governi contraenti debbano scrivere all'IMO per confermare la propria accettazione. Come riportato dal sito web dell’IMO, il processo di accettazione esplicita “richiede molto tempo e la maggior parte degli emendamenti adottati in questo modo non sono mai entrati in vigore”. Il Net Zero Framework è stato sviluppato tenendo in conto il sistema di accettazione implicita, e passare all’accettazione esplicita in questa fase dell’iter di lavoro di fatto avrebbe assicurato che non sarebbe mai entrato in vigore.
La maggioranza dei paesi, guidati da Danimarca, Canada, Australia, Kenya e alcuni stati dell'UE, ha esortato il MEPC a mantenere l'accettazione tacita. Il Brasile, che a dicembre ospiterà la COP30 sul clima, ha difeso il NZF e l’accettazione implicita, accusando gli Stati Uniti di minacciare il multilateralismo, denunciando l’utilizzo di “metodi che non dovrebbero mai essere utilizzati tra nazioni sovrane” e aggiungendo che “ci auguriamo che questo non sostituisca i negoziati come normale modo di prendere decisioni”.
Anche l’India ha difeso l’accettazione implicita, mentre, secondo quanto riportato da Lloyds, la posizione della Cina è stata più ambigua, perché martedì si è espressa a favore del NZF ma mercoledì sembrava propendere per un'accettazione esplicita.
Venerdì, Singapore, che in precedenza era favorevole al NZF, ha proposto alle nazioni di rinviare la votazione all’anno prossimo. La proposta è stata appoggiata dall'Arabia Saudita, che assieme ad altri paesi produttori di combustibili fossili è contraria al Net Zero Framework sin dall’inizio delle discussioni.
L’Unione Europea si è spaccata
L’Unione Europea normalmente vota come un blocco unico all’IMO e nel caso di un voto sull’adozione del NZF avrebbe dovuto sostenerlo con il sì. Ma, secondo gli osservatori, tre dei suoi maggiori stati marittimi, Grecia, Cipro e Malta, durante la settimana avrebbero preso in considerazione di astenersi dal voto. Notizia che poi è stata smentita da Malta.
Tuttavia, durante la votazione della mozione di Singapore per rimandare il voto sull’adozione del NZF all’anno prossimo, secondo quanto riportato da Lloyds List, Grecia e Cipro si sono astenute, violando le norme dell’UE e riflettendo i forti timori delle loro industrie marittime riguardo all’aumento dei costi per l’utilizzo di combustibili fossili.
“È fondamentale che l'UE continui a rafforzare le proprie ambizioni in materia di trasporto marittimo ecologico e mantenga le proprie politiche marittime, che attualmente rappresentano le uniche normative sostanziali per affrontare le emissioni del trasporto marittimo nel vuoto lasciato dall'NZF dell'IMO”, ha detto in un comunicato stampa dopo la fine dell’incontro l’ONG Transport & Environment. “Secondo T&E, è ancora possibile intraprendere azioni regionali coraggiose con o senza gli Stati Uniti.”
Le reazioni delle ONG e degli osservatori
“L'adozione attraverso la ratifica esplicita degli attuali emendamenti comporta ritardi e un'incertezza prolungata che potrebbe durare anni o decenni”, ha detto il World Shipping Council, ricordando che tale tipo di incertezza è ciò che impedisce alle compagnie di navigazione di effettuare gli investimenti ecologici necessari per raggiungere l'obiettivo di decarbonizzazione dell’IMO.
“Ritardando l'adozione del suo quadro Net Zero, l'IMO ha oggi sprecato un'importante opportunità per affrontare il contributo del trasporto marittimo globale al cambiamento climatico”, ha affermato John Maggs, rappresentante della Clean Shipping Coalition presso l'IMO. “Tuttavia, non tutto è perduto, anzi, c'è un'opportunità immediata per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra prodotte dal trasporto marittimo, minimizzare il consumo di carburante e il costo complessivo della transizione energetica, ovvero rafforzare e rendere applicabile l'indicatore di intensità di carbonio (CII), la misura fondamentale dell'IMO in materia di efficienza energetica. Non c'è tempo da perdere: al MEPC 84 dell'aprile 2026 gli stati membri dovranno concentrare tutta la loro attenzione sulla trasformazione del CII nel motore dell'efficienza energetica necessario per raddrizzare rapidamente questa nave e riportarla sulla rotta verso una soluzione climatica.”
“Il fallimento dei negoziati MEPC e il ritardo di un anno nell'adozione del quadro Net Zero dell'IMO non sono solo procedurali, sappiamo tutti che sono politici”, ha detto commentando l’esito dell’incontro Eman Abdalla, Strategic Advisor in the Global Maritime and Supply Chain. “La posta in gioco non è l'obiettivo principale per il 2050, ma la credibilità della transizione stessa. Più ritardiamo l'adozione di misure operative e scalabili, più pagheremo in seguito, sia dal punto di vista finanziario che ambientale. La leadership nel settore marittimo deve ora passare dalle sale conferenze alle aziende, ai proprietari di merci e ai finanziatori che possono agire più rapidamente dei politici.”
“Sebbene il quadro Net-Zero sia lungi dall'essere perfetto, la sua adozione sarebbe stata un passo importante per mantenere l'impegno dell'IMO e inviare segnali chiave a un settore che non solo chiedeva un quadro globale, ma sosteneva attivamente questo accordo”, ha aggiunto Maggs.
Secondo Bloomberg, il ritardo nella votazione potrebbe rappresentare una battuta d'arresto per la diplomazia climatica e le normative ambientali multilaterali in vista del vertice sul clima COP30 che si terrà il mese prossimo in Brasile.
“Qui non stiamo conducendo negoziati sul clima, ma negoziati geopolitici”, ha dichiarato Faig Abbasov, direttore del settore marittimo dell'ONG Transport & Environment, a margine dei colloqui. “Gli Stati Uniti stanno muovendo guerra al multilateralismo, alla diplomazia delle Nazioni Unite e alla diplomazia sul clima, in questa riunione, all'interno dell'edificio e all'esterno.”
“Il ritardo lascia il settore marittimo in una situazione di incertezza”, ha aggiunto Alison Shaw, responsabile IMO presso Transport & Environment. “Ma questa settimana ha anche dimostrato che c'è un chiaro desiderio di ripulire l'industria marittima, anche di fronte alle pressioni degli Stati Uniti. Il mondo non può permettere che le intimidazioni e gli interessi acquisiti dettino il ritmo dell'azione per il clima. I paesi ambiziosi in materia di clima devono cogliere questo momento per costruire una forte maggioranza a sostegno di una decarbonizzazione significativa. Saranno loro a trarre vantaggio dall'economia di domani, non dai giochi di potere geopolitici del passato.”
Cosa succede adesso?
Non è chiaro quali saranno le conseguenze diplomatiche della posticipazione sul voto per il Net Zero Framework. Nel prossimo anno le pressioni degli Stati Uniti e di altri paesi produttori di fonti fossili riusciranno a indebolire ulteriormente il lavoro dei paesi che a favore della decarbonizzazione del trasporto marittimo? Oppure l’Unione Europea e gli altri stati a favore del NZF sapranno trovare strade alternative?
E quale sarà l’influenza delle minacce degli Stati Uniti non solo agli stati ma anche ai loro funzionari? Saranno intimiditi dopo che avranno visto gli esiti delle sanzioni USA alla relatrice ONU per i diritti nei territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, che non può aprire un conto corrente né svolgere transazioni finanziarie in nessun paese?
E cosa pensare della proposta del miliardario australiano Andrew Forrest, sostenitore di norme globali più severe per fermare il cambiamento climatico, che ha mandato ai delegati all’IMO una lettera in cui dice che è “pronto a sostenere qualsiasi paese o individuo che sia vittima di ricatti o minacce”? “Non siete soli”, ha aggiunto Forrest. “Mi impegno a collaborare con altri per garantire che prevalga la giustizia e che le tattiche intimidatorie non abbiano la meglio.” Siamo davvero in un mondo dove stati sovrani hanno bisogno di essere protetti da miliardari per sviluppare norme contro il cambiamento climatico?
In copertina: foto dall'apertura della seconda sessione straordinaria dell'IMO Marine Environment Protection Committee, via Flickr