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Gli Stati Uniti hanno annunciato che metteranno in campo rappresaglie per i paesi che il prossimo ottobre confermeranno il sostegno al Net-Zero Framework (NZF) dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO), un piano per ridurre l’intensità di emissione di gas serra usati nel trasporto marittimo.
Con una dichiarazione congiunta rilasciata a metà agosto, il segretario di stato Marco Rubio, il segretario al commercio Howard Lutnick, il segretario all'energia Chris Wright e il segretario ai trasporti Sean Duffy hanno giustificato la minaccia come una forma di protezione per cittadini e imprese statunitensi contro un accordo che “è di fatto una tassa globale sul carbonio a carico degli americani”, che imporrebbe “standard sui combustibili [che] andrebbero a vantaggio della Cina”.
Tuttavia, “l’annuncio contiene alcune inesattezze fattuali”, ha spiegato a Materia Rinnovabile una fonte vicina al dossier che preferisce rimanere anonima. “Nel testo si legge che il Net-Zero Framework include tasse per gli statunitensi, ma questo non è vero. Non ci sono misure rivolte a nessun paese in particolare perché le misure si applicano a livello globale. Attualmente è molto difficile e inefficace avere tutte queste normative frammentarie e a livello nazionale.”
“È inoltre inesatto dire che il NZF è un accordo contro gli statunitensi e a favore della Cina. Così come non è vero che ci saranno tasse per le piccole imbarcazioni”, aggiunge la fonte, spiegando che il NFZ diventerà obbligatorio per le grandi navi oceaniche di stazza lorda superiore a 5.000 tonnellate, che emettono l'85% delle emissioni totali di CO₂ del trasporto marittimo internazionale. Infine, continua la fonte, “non è vero che il piano vieta l'uso di GNL [gas naturale liquefatto, ndr] e biocarburanti. Infatti, è neutrale dal punto di vista tecnologico e del carburante”.
"Questa è semplicemente la continuazione della posizione statunitense assunta ad aprile”, ha detto a Materia Rinnovabile Aly Shaw, Policy Manager sulle questioni relative all’IMO presso Transport and Environment. “Le loro tattiche di pressione non hanno avuto successo e il Net-Zero Framework dell'IMO è stato approvato con una significativa maggioranza degli stati membri a favore, insieme al sostegno dell'industria. È tempo di concentrarsi sull'attuazione di questo quadro, piuttosto che sui tentativi di distrazione e ritardo della reazione di Trump alla politica climatica."
Cosa prevede il Net-Zero Framework
In risposta alle politiche europee per la decarbonizzazione del settore marittimo − come l’Emission Trading System e il regolamento FuelEU Maritime − nel 2023 l’IMO si è fissato degli obiettivi climatici ambiziosi: ridurre le emissioni annue di gas serra del 20-30% entro il 2030 e del 70-80% entro il 2040 rispetto ai livelli del 2008, e un obiettivo di zero emissioni nette intorno al 2050.
Il Net-Zero Framework, approvato dal Comitato per la protezione dell'ambiente marino durante la sua 83ª sessione (MEPC 83) tenutasi dal 7 all'11 aprile 2025, è l’insieme di regolamentazioni che concretamente serviranno per raggiungere questi obiettivi e include tre punti principali. Il primo prevede obblighi per la riduzione dell'intensità di gas serra dei carburanti (GHG Fuel Intensity, GFI, ovvero la quantità di gas serra emessi per unità di carburante utilizzato), con obiettivi di riduzione sempre più ambiziosi nel tempo.
Il secondo include misure economiche per incentivare al rispetto di questi obblighi: le navi che non raggiungono gli obiettivi di riduzione del GFI pagheranno delle “remedial units” calcolate in base alle emissioni in eccesso e a un prezzo fisso (attualmente fissato a 380 dollari/tonnellata di CO₂eq). Questi soldi confluiranno nel Net-Zero Fund che sarà utilizzato per fornire incentivi finanziari per le navi che utilizzano tecnologie/carburanti a emissioni zero o prossime allo zero. Il terzo pone degli standard globali per i carburanti, nel senso che le prestazioni dei carburanti sono neutrali dal punto di vista tecnologico, focalizzandosi sulle emissioni di gas serra per unità di energia, senza escludere alcun tipo di carburante.
Il Net-Zero Framework dovrebbe essere adottato formalmente in una riunione straordinaria all’IMO che si terrà dal 14 al 17 ottobre, a seguito della quale sarà incorporato in un nuovo capitolo dell'allegato VI della MARPOL relativo alla prevenzione dell’inquinamento atmosferico causato dalle navi.
"Sebbene avremmo preferito livelli di ambizione più elevati nelle politiche, il Net-Zero Framework include sia incentivi per la decarbonizzazione sia entrate finanziare e politiche che possono supportare le piccole isole, gli stati in via di sviluppo e i paesi meno sviluppati affinché partecipino alla transizione energetica marittima senza esserne penalizzati”, spiega Delaine McCullough, direttrice dello Shipping Program presso l'Ocean Conservancy e presidente della Clean Shipping Coalition. “Il NZF fornisce una solida base su cui costruire e, poiché le politiche dell'IMO sono vincolanti, questa è un'opportunità per promuovere la riduzione delle emissioni da parte di una grande industria. Il NZF è un compromesso duramente combattuto, ed è stato approvato con una significativa maggioranza degli stati membri, 63 contro 16 [più 20 astenuti, nda], insieme al sostegno dell'industria. Unendo le forze per adottare il NZF i paesi possono sostenersi a vicenda nell'affrontare in modo equo l'enorme contributo del trasporto marittimo alla crisi climatica, che è ciò che si sono impegnati a fare."
Anche secondo Hanna Bach, ricercatrice presso il Dipartimento di economia alimentare e delle risorse dell'Università di Copenaghen e specializzata nelle transizioni verso la sostenibilità nel settore del trasporto marittimo, il Net-Zero Framework “non è sufficiente per la decarbonizzazione del settore marittimo perché poco ambizioso e concreto, ed è troppo lento”. Tuttavia, spiega a Materia Rinnovabile, “data la situazione geopolitica può essere considerato un successo. Non è sufficiente. Ma è qualcosa su cui possiamo costruire”.
La geopolitica dell’Organizzazione marittima internazionale
Bach spiega che i rapporti di forza fra gli stati all’IMO sono diversi da quelli in altri contesti internazionali. “Qualsiasi compagnia di navigazione è libera di registrare le proprie navi in qualsiasi paese, che viene detto ‘stato di bandiera’. E gli armatori registrano le proprie navi nei paesi più convenienti. C'è quindi disomogeneità nelle dinamiche di potere nell'IMO, dove quello che conta è il volume di merci registrato nel paese e non il PIL o il numero di cittadini. Panama, Liberia, Isole Marshall hanno molte navi registrate e hanno molto potere. Gli Stati Uniti non sono un grande stato di bandiera. Infatti, hanno molte compagnie di navigazione ma non molte navi registrate.”
Nell’incontro di aprile, l’Unione Europea, i paesi del Sud-Est asiatico e dell’America Latina hanno votato a favore del Net-Zero Framework e, a sorpresa per molti osservatori, anche Cina e Brasile. Invece Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Russia, Iran, Iraq, Pakistan, Yemen, Malesia, Thailandia, Venezuela, Oman, Giordania e Bahrein hanno votato contro. Gli Stati Uniti “ad aprile si sono ritirati dai colloqui e hanno minacciato ritorsioni contro i paesi che sostenevano l'accordo, ma finora non abbiamo visto nulla di concreto, almeno non esplicitamente”, continua Bach.
Ora, invece, una fonte che segue da vicino i negoziati dell'IMO ha dichiarato a Materia Rinnovabile che gli Stati Uniti hanno iniziato a contattare direttamente gli stati membri esortandoli a opporsi al Net-Zero Framework a ottobre e ribadendo la prospettiva di misure di ritorsione già enunciate nella loro precedente dichiarazione. Tuttavia, il 16 agosto il presidente di Panama si è espresso a sostegno del Net-Zero Framework e la Camera di commercio internazionale (ICCC), che rappresenta l'industria, ha già presentato una proposta alla sessione di ottobre sollecitandone l'adozione.
La questione controversa dei biocarburanti
“Sappiamo che per realizzare questo tipo di normative che favoriscono una transizione verso soluzioni più sostenibili devono essere presenti sia strumenti che fungono da carota che da bastone: cioè promuovere tecnologie e pratiche sostenibili da un lato e ostacolare l’uso di combustibili fossili dall’altro. Il difetto più grande del Net-Zero Framework è che si tratta di uno strumento che cerca solo ostacolare i combustibili fossili imponendo una maggiore efficienza nell’uso dell’energia, ma manca la parte di incentivi verso carburanti più sostenibili. Insomma, non c'è la carota e il bastone non è abbastanza forte”, spiega Bach.
In un’analisi rilasciata ad aprile, Transport & Enviroment sottolinea lo stesso problema, dovuto all’adozione di standard neutrali dal punto di vista tecnologico per i carburanti. “[…] Il problema più grande è che l'accordo IMO rischia di creare un nuovo enorme mercato – potenzialmente raddoppiando il mercato globale dei biocarburanti, incluso quello stradale, entro il 2035 – per i biocarburanti che distruggono le foreste pluviali, come quelli derivati dalla palma e dalla soia”, si legge nell’analisi.
“Rifiutando di includere il cambiamento indiretto dell'uso del suolo o di limitare in altro modo i biocarburanti che consumano molto terreno, l'accordo rende i biocarburanti agricoli e il GNL le opzioni di conformità più economiche almeno fino al 2035, e quindi le opzioni preferite dalla maggior parte degli armatori. Naturalmente non si tratta di una coincidenza. I negoziatori europei erano così disperati nel tentativo di raggiungere un accordo con il sostegno del Brasile e di altri paesi produttori di palma e soia che hanno sottoscritto una politica che non sarebbe stata legale in Europa.”
Un’opportunità per la decarbonizzazione
Hanna Bach spiega che nei negoziati dell’IMO c’è una mancanza di trasparenza ed è quasi sempre impossibile sapere chi ha avanzato una proposta. “Prima della riunione di aprile, sul tavolo c'era una proposta più ambiziosa che si diceva pubblicamente fosse stata avanzata dalle Isole Marshall e che a un certo punto era stata sostenuta anche dall’Unione Europea. Ma durante i negoziati veri e propri si è verificato un cambiamento, e al momento del voto la proposta delle Isole Marshall non esisteva più.” Per questo motivo, spiega l’esperta, le isole Marshall si sono astenute dalla votazione, “per sottolineare fermamente che non pensavano che si trattasse di un accordo sufficientemente ambizioso”.
La ricercatrice sottolinea come le decisioni all'IMO sono prese con un ritmo molto lento e le Isole Marshal, trovandosi in una posizione molto delicata dovuta all’innalzamento del livello del mare, vorrebbero che fossero prese delle decisioni molto più ambiziose. "La cosa positiva è che abbiamo visto che, quando si tratta di normative sull'inquinamento atmosferico, l'ambizione dell'Unione Europea si ripercuote poi sulle decisioni che vengono prese all'IMO", conclude Hanna Bach. "‘EU going first’ è una strategia che funziona."
In copertina: foto IMO