“Nessun paese è immune alla siccità e dobbiamo farci trovare pronti.” È un messaggio inequivocabile quello lanciato da Daniel Tsegai, Programme Officer presso l’iniziativa delle Nazioni Unite sulla siccità (United Nations Convention to Combat Desertification, UNCCD), durante la conferenza stampa di presentazione del report Drought Hotspots Around the World 2023–2025, pubblicato il 2 luglio in occasione della Quarta conferenza sul finanziamento allo sviluppo (FfDA) di Siviglia, in Spagna.
Il documento − redatto dal U.S. National Drought Mitigation Center (NDMC) e dall’UNCCD, con il sostegno della International Drought Resilience Alliance (IDRA) − è frutto dell’analisi di centinaia di fonti governative, scientifiche e mediatiche per mettere in luce gli effetti più gravi della siccità nelle aree più vulnerabili del pianeta: dall’Africa al bacino del Mediterraneo, passando per l’America Latina e il Sud-Est asiatico. Un richiamo solido alla necessità di rafforzare la resilienza globale di fronte a un fenomeno in rapido mutamento. Le siccità, aumentate del 29% negli ultimi 30 anni, sono sempre più frequenti, durature e devastanti, senza più confini né stagioni.
La siccità sta cambiando: il nesso acqua-energia-cibo in Africa
“Volevamo dimostrare che la siccità può colpire qualsiasi continente e qualsiasi paese, senza distinzioni di confini politici. La siccità può durare da pochi giorni a decenni, coprire milioni di ettari e avere un impatto su milioni di persone”, spiega a Materia Rinnovabile Mark Svoboda, coautore del report e Founding Director dell’NDMC. In particolare, la siccità globale tra il 2023 e il 2024 è stata fortemente influenzata da El Niño-Southern Oscillation (ENSO), un fenomeno climatico che modifica le temperature e le correnti oceaniche nel Pacifico tropicale. Questo evento ha aggravato la siccità in regioni già vulnerabili a causa del riscaldamento globale, della crescita demografica e di infrastrutture fragili, intensificando gli effetti su agricoltura, risorse idriche e salute pubblica.
Per riportare qualche dato, in Africa meridionale, circa 68 milioni di persone necessitano di aiuti alimentari. Nel solo Zimbabwe, il raccolto di mais del 2024 è crollato del 70%, e in Zambia gli interi settori industriali e sanitari sono stati paralizzati da blackout fino a 21 ore al giorno causati dalla drastica riduzione dell’energia idroelettrica. In Somalia, oltre un milione di persone sono state sfollate a causa della siccità pluriennale che ha colpito il Corno d’Africa, con 4,4 milioni in condizioni di insicurezza alimentare grave, mentre 1,7 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta.
Un altro punto centrale è che la siccità colpisce sempre più rapida. “Ho studiato questo argomento per 30 anni”, aggiunge Svoboda. “Ho iniziato a lavorare su quello che ho definito siccità a insorgenza rapida, o flash drought, intorno al 2000. È rimasto un concetto poco conosciuto fino al 2012, quando una grave siccità improvvisa si è verificata qui negli Stati Uniti e ha portato il termine sotto i riflettori. Quando l'ho coniato, l'idea era quella di sensibilizzare le persone sulla siccità per la pianificazione e la gestione. Non si tratta solo di un disastro a insorgenza lenta, ma nemmeno di un pericolo che si sviluppa gradualmente. Negli ultimi dieci anni, con l'aumento delle temperature, abbiamo assistito a molte flash drought in tutto il mondo. Succede ovunque. Succedeva anche prima? Certo, ma di solito avveniva durante ondate di calore o eventi isolati. Ora, invece, il fenomeno è molto più diffuso e la frequenza di queste siccità è in aumento, il che rappresenta una vera preoccupazione per il futuro: come affrontare il riscaldamento climatico?”
Senza contare, come ricorda Svoboda, che un cambiamento importante riguarda anche l’aumento delle temperature, che in teoria dovrebbe portare più piogge. Tuttavia, queste si presentano con eventi molto intensi che causano deflusso rapido, impedendo all’acqua di infiltrarsi nel suolo o ricaricare le falde. A ciò si aggiunge il crescere dei dry days, cioè dei giorni secchi tra una precipitazione e l’altra.
Mediterraneo come “canarino in miniera”. America Latina e Asia già impattate
Nell’Europa mediterranea, la siccità ha dimezzato la produzione di olio d’oliva in Spagna, senza contare gli altri impatti su agricoltura, turismo e consumi domestici, mentre in Turchia più di 1.600 voragini sono comparse per il progressivo esaurimento delle riserve idriche sotterranee. “I paesi mediterranei rappresentano i canarini nella miniera di carbone per tutte le economie moderne”, spiega Svoboda, riferendosi al modo in cui questi territori segnalano in anticipo gli effetti delle crisi climatiche, idriche e ambientali che presto potrebbero colpire anche altre regioni del mondo. “L'acqua scorre più rapidamente attraverso quel sistema e, con l'aumento della domanda, non è una buona equazione: mette davvero sotto pressione le risorse”, aggiunge.
Spostandosi in America Latina, la siccità ha provocato la morte di oltre 200 delfini nel Rio delle Amazzoni e un drastico calo del livello delle acque nel Canale di Panama, riducendo il traffico navale da 38 a 24 transiti al giorno e rallentando così il commercio globale. La produzione e le catene di approvvigionamento di colture chiave come riso, caffè e zucchero sono state gravemente compromesse.
Tra il 2023 e il 2024, le condizioni di siccità in Thailandia e India hanno innescato carenze che hanno fatto aumentare dell’8,9% il prezzo dello zucchero negli Stati Uniti. Le conseguenze più gravi della siccità colpiscono i più vulnerabili: donne, bambini, anziani, pastori nomadi, agricoltori di sussistenza e persone con malattie croniche. Oltre alle perdite economiche, crescono i rischi sanitari, dai focolai di colera all’esposizione ad acqua contaminata, segno che la crisi riguarda anche l’accesso e la qualità dell’acqua, non solo la quantità.
Come ci si prepara alla siccità?
“Non possiamo sottolineare abbastanza l'importanza di adottare politiche nazionali contro la siccità”, aggiunge Daniel Tsegai (UNCCD), spiegando come, fino a pochi anni fa, molti paesi si limitavano a reagire agli eventi siccitosi, con politiche che puntavano più alla risposta immediata che a un approccio strutturato e lungimirante. “Oggi, però, si sta affermando un cambiamento di paradigma: dal modello reattivo a quello proattivo. In quest’ottica, diventa cruciale che ogni stato si doti di un piano nazionale. Grazie all’iniziativa delle Nazioni Unite sulla siccità, oltre 80 paesi si sono già dotati di un piano nazionale basato sulla riduzione del rischio.”
La vera sfida ora, sottolinea Tsegai, è l’attuazione concreta di tali piani. “Uno dei primi passaggi fondamentali è garantire il coinvolgimento di tutti gli attori interessati: non può essere un tema esclusivo dei ministeri dell’agricoltura, delle risorse idriche o della meteorologia. Devono essere coinvolti anche settori come la sanità, il turismo, i trasporti, l’energia idroelettrica e l’istruzione, poiché la siccità, quando colpisce, ha ricadute su ogni ambito della società. Per questo è essenziale agire in tempi di normalità, e non solo in emergenza. Significa sviluppare sistemi di allerta precoce e di monitoraggio, valutare la vulnerabilità – cioè capire chi è esposto e perché – e mappare il rischio per popolazioni e territori.”
Dall’educazione fino a COP17 Desertificazione
Servirà individuare opzioni concrete per mitigare gli effetti della siccità, tenendo conto che non esiste una soluzione unica e universale. “In alcune aree, ad esempio, può essere utile puntare sulla raccolta delle acque piovane, specie dove siccità e alluvioni si alternano. Altrove, le priorità possono essere l’introduzione di colture resistenti alla siccità, la diversificazione delle fonti di reddito o pratiche di risparmio idrico." Un modello interessante, racconta, è quello australiano: lì è stato introdotto un sistema obbligatorio di restrizioni idriche che ha permesso una gestione più efficace delle risorse. Ma, forse più di ogni altra cosa, è necessario investire nella sensibilizzazione e nell’educazione pubblica. Le proiezioni indicano che le siccità future saranno più intense, improvvise e diffuse. Per questo è fondamentale accrescere la consapevolezza collettiva”, conclude Tsegai.
A livello sovranazionale, però, oggi resta un nodo importante, cioè la definizione di un meccanismo formale per affrontare la siccità a livello globale. I gruppi di lavoro intergovernativi stanno cercando di capire quale struttura operativa adottare, ma la questione è rimasta irrisolta alla scorsa COP16 di Riyadh. Ora si guarda alla COP17 in Mongolia come occasione decisiva, nel 2026, anche per fare chiarezza sul ruolo e sul funzionamento dell’IDRA (International Drought Resilience Alliance) e dell’International Drought Resilience Observatory (IDRO). Senza contare il cruciale tema delle risorse: chi finanzierà e come si renderanno operativi tutti questi strumenti in futuro?
In copertina: Nel cuore del deserto, una comunità si unisce per raccogliere l'acqua utilizzando metodi tradizionali. Grazie a un sistema di carrucole manuali, attingono l'acqua, salvavita, dalle profondità del sottosuolo, una soluzione sensibile alle questioni di genere che sostiene le famiglie, l'agricoltura e la speranza. Le donne e i bambini svolgono infatti un ruolo fondamentale in questo atto quotidiano di resilienza, trasformando la scarsità in sopravvivenza. © Abdallah Khalili / UNCCD-GWP Photo Competition 2025