Al pomeriggio di oggi, lunedì 11 agosto, l’incendio che sta devastando le pendici del Vesuvio è ancora in corso, per il quarto giorno consecutivo. La situazione appare in leggero miglioramento, tuttavia non bisogna abbassare la guardia perché l’emergenza non è finita: tre fronti restano infatti ancora attivi – nella Valle del Gigante, sul versante sud del cratere e nella zona del Vicinale – e un cambio di vento potrebbe far riprendere forza alle fiamme. Considerate anche le temperature e la siccità elevate del periodo.

Sempre loro sono infatti tra le cause che hanno spinto l’incendio, divampato nella notte tra giovedì 7 e venerdì 8 agosto nella pineta di Terzigno, a estendersi rapidamente verso Boscotrecase, Trecase e Torre del Greco. Secondo i dati del programma satellitare Copernicus diffusi dalla Protezione civile, sono già andati distrutti oltre 560 ettari di vegetazione, pari a 4,8 km² di macchia mediterranea.

Il lavoro coordinato di Vigili del fuoco, Protezione civile e volontari giunti da diverse regioni italiane ha evitato che le fiamme raggiungessero i centri abitati, al momento fuori pericolo.  Nel momento di maggior intensità, infatti, sul posto operavano oltre cento vigili del fuoco, sei Canadair e quattro elicotteri, con rinforzi arrivati da Toscana, Emilia-Romagna e Marche. Nel frattempo, in alcune aree, come parte del territorio di Terzigno, è già iniziata la bonifica, ma la colonna di fumo, visibile per decine di chilometri resta un simbolo di un danno che sarà difficile riparare in tempi brevi.

Incendio sul Vesuvio, i danni ambientali ed economici

Al momento, infatti, non si segnalano vittime, mentre un vigile del fuoco è rimasto ferito durante un intervento, ma è già evidente l’impatto sull’ecosistema e sull’economia locale di questo incendio. Coldiretti Napoli segnala la distruzione di numerosi vigneti di Lacryma Christi e gravi danni a produzioni tipiche come i pomodorini del Piennolo e le albicocche Pellecchiella.

C’è poi una questione che resterà aperta e creerà pericolo anche dopo che il fuoco sarà stato spento: il terreno danneggiato dal rogo. Il precedente caso del 2017, quando un incendio devastò quasi 2.000 ettari sul Vesuvio, dimostra che i danni ambientali possono amplificare il rischio idrogeologico nei mesi successivi. Il CNR evidenziò allora come la perdita della copertura vegetale e la cenere depositata rendano impermeabile il terreno, favorendo il deflusso rapido dell’acqua piovana e aumentando la probabilità di colate detritiche verso valle, specialmente in caso di nubifragi intensi, come purtroppo se ne registrano sempre più frequentemente sul territorio italiano, e non solo.

Indagini sulle cause dell’incendio

Dal 15 giugno, in Campania si sono registrati 1.060 incendi boschivi, con 2.568 ettari bruciati. Le cause possono essere varie, ma in questo frangente sembra evidente una presenza umana dietro a un incendio con un fronte di fuoco di oltre tre chilometri nel Parco nazionale del Vesuvio. La Procura di Nola ha quindi aperto un’inchiesta, per chiarire le cause sia per eventuale dolo che imprudenza, anche se al momento non sono state trovate prove di inneschi intenzionali. Nella storia del Parco non mancano per altro neanche precedenti legati a bracconaggio o smaltimento illecito di rifiuti. Si resta comunque in attesa della relazione fornita dai Carabinieri forestali, che nel frattempo hanno creato una task force investigativa specializzata.

Nel frattempo, il presidente della regione Campania Vincenzo De Luca ha chiesto alla Protezione civile di indire lo stato di mobilitazione nazionale, un appello a cui ha dato seguito il ministro Nello Musumeci, decretando “lo stato di mobilitazione straordinaria del servizio nazionale di Protezione civile. Così consentiamo al nostro Dipartimento nazionale di assicurare il coordinamento dell'intervento del Servizio nazionale a supporto delle autorità regionali, anche col concorso di uomini e mezzi da altre regioni".

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