Tra le città di Narbona e Carcassonne, nel sud della Francia, nella giornata di martedì 5 agosto si è sviluppato un grande incendio boschivo che ha già bruciato una superficie pari a 112 chilometri quadrati. Le fiamme hanno raggiunto più di venti abitazioni, una donna è morta in casa sua a causa dell’incendio e alcuni vigili del fuoco sono rimasti feriti. Molti paesi sono rimasti senza elettricità e due campeggi sono stati evacuati in forma preventiva.

Quello francese, purtroppo, non è un caso isolato: gli incendi, quest’anno, hanno provocato impatti devastanti anche in Spagna, Portogallo, Grecia, Albania, Cipro e Turchia. Secondo i dati dell’European Forest Fire Information System (EFFIS), da gennaio a luglio 2025 nei paesi UE sono bruciati 353.862 ettari, un numero in crescita rispetto ai 164.967 ettari dello scorso anno nello stesso periodo (dati aggiornati al 5 agosto 2025).

Dall’altra parte dell’oceano, l’Arizona, a sud-ovest degli Stati Uniti, è colpita da un incendio che da più di un mese infiamma il Grand Canyon. Il fuoco ha consumato più di 112.000 acri (pari a circa 453 chilometri quadrati) e ha persino creato un proprio microclima, con la formazione di un particolare tipo di nube, tipico di roghi molto intensi. Anche il Canada sta affrontando una situazione di emergenza: dei 752 incendi boschivi attivi, ben 192 sono fuori controllo, secondo gli ultimi dati del 5 agosto del Canadian Interagency Forest Fire Centre.

Gli incendi sono causati da vari fattori, che dipendono anche dall’area del mondo in cui si verificano. Tuttavia, sia in Europa sia in Nord America, l’intensità di questi fenomeni è in crescita. In molti casi, soprattutto nel continente europeo, i cambiamenti climatici giocano un ruolo determinante, perché le crescenti temperature aumentano la probabilità che cominci un nuovo rogo, mentre a loro volta gli incendi comportano un notevole aumento delle emissioni di carbonio e di altri gas serra, che contribuiscono al riscaldamento globale, generando un circolo vizioso.

Gli incendi in Europa

È l’Europa meridionale il luogo dove gli incendi sono stati più frequenti durante l’estate 2025. Quello che sta bruciando la Francia in questo momento è solo l’ultimo di una lunga serie. Complici di tali fenomeni sono il clima secco e il caldo estremo, come  in Spagna e Portogallo, che stanno affrontando la seconda ondata di calore dell’estate 2025, dopo quella di inizio luglio, con temperature record che vanno dai 36 ai 44°C.

Intanto, gli incendi boschivi devastano la parte settentrionale della penisola iberica. La situazione è critica, tanto che sabato 2 agosto 2025 la ministra portoghese dell'amministrazione interna, Maria Lúcia Amaral, ha proclamato lo stato di allerta, vietando l’accesso a diverse aree forestali e portando avanti altre misure preventive, come la proibizione dei fuochi d’artificio e l’accensione di falò. L’allerta, entrata in vigore domenica, terminerà giovedì 7 agosto, salvo nuove disposizioni governative.

Anche la penisola balcanica è stata pesantemente colpita dagli incendi quest’estate. In Grecia, le fiamme sono arrivate a lambire le abitazioni delle cittadine nei dintorni di Atene, tanto che a fine luglio alcuni villaggi sono stati evacuati e le persone si sono rifugiate nella capitale. Nella vicina Albania, venerdì 22 luglio è divampato un grande rogo vicino alla città di Delvina, nel sud del paese, che ha ferito tre persone e causato l’evacuazione di duemila residenti.

Anche l’isola di Cipro è un’altra area molto colpita, con due persone morte a causa di un incendio che si è sviluppato il 23 luglio sulle colline sopra Limassol, la seconda maggiore città dell’isola. Inoltre, a causa dell’aumento delle temperature e del clima secco, il numero di incendi è aumentato anche in Turchia, dove ci sono state diverse vittime. Dieci vigili del fuoco hanno infatti perso la vita a metà luglio nel rogo della provincia di Eskisehir, al centro del paese.

I giganteschi incendi del Nord America

Gli incendi boschivi hanno continuato a divampare in tutto il Canada e negli Stati Uniti durante i mesi di giugno e luglio 2025. Il più violento e difficile da fermare è quello attualmente in corso in Arizona, che i locali hanno denominato Dragon Bravo Fire. Cominciato il 4 luglio 2025 come un piccolo rogo nel Nord del paese, è ora diventato un megafire, ovvero un incendio di grandissime dimensioni (decine di migliaia di ettari bruciati) e particolarmente duraturo: un fenomeno raro, ma comunque non isolato nel Nord America.

“Pur rappresentando solo il 3% degli incendi analizzati negli USA tra il 2001 e il 2020, i megafire hanno causato quasi il 90% dei danni e la maggior parte delle vittime”, spiega a Materia Rinnovabile Giorgio Vacchiano, ricercatore e docente in pianificazione e gestione forestale all'Università Statale di Milano. “A differenza dell’Europa, dove la densità abitativa e la frammentazione del paesaggio creano un mosaico che spesso limita la continuità del combustibile, in Nord America – e soprattutto a ovest – esistono grandi aree continue di vegetazione infiammabile: vaste estensioni di foreste di conifere ricche di resina, arbusteti sempreverdi (il chaparral, la versione californiana della macchia mediterranea), lettiere secche, in contesti spesso scarsamente abitati. Quando si combinano vegetazione secca, vento forte, umidità bassissima e un innesco – spesso umano – il risultato è un incendio ingestibile.”

A proposito dell’incendio attualmente in corso nel Grand Canyon, Vacchiano aggiunge che la gestione inizialmente “ha seguito una politica deliberata di lasciar bruciare: per la prima settimana, il fuoco è stato osservato senza interventi diretti, con l’obiettivo di permettere la riduzione naturale del combustibile in aree remote e poco accessibili. Questa strategia, comune nei parchi nazionali statunitensi, deriva dalla consapevolezza che gli ecosistemi locali sono adattati a regimi naturali di incendio frequente e a bassa intensità, utili a rinnovare il sottobosco e prevenire l’accumulo di biomassa. Ma quando un incendio supera una certa soglia di intensità, diventa praticamente impossibile da spegnere.”

Nel caso del Dragon Bravo Fire, “questo salto di intensità è stato aggravato da un mutare improvviso delle condizioni meteorologiche, con l’insorgere di forti venti che hanno spinto il fronte di fiamma oltre ogni capacità di contenimento. Lo spotting, ossia il trasporto di tizzoni accesi da parte del vento ben oltre la linea di fiamma, ha superato 1,5 km, accendendo nuovi focolai molto avanti rispetto al fronte principale e rendendo inefficaci le linee di contenimento. Inoltre, l’incendio ha sviluppato pirocumulonembi, nubi generate dal calore stesso del fuoco, capaci di creare il proprio sistema meteorologico: forti raffiche di vento, scariche elettriche e nuova caduta di tizzoni, alimentando ulteriormente la propagazione.  Questo crea un ciclo di vulnerabilità difficile da interrompere, specialmente in paesaggi vasti e remoti come quello del Grand Canyon.”

L’impatto ambientale degli incendi

L’effetto più immediato degli incendi boschivi, specialmente se così intensi, è l’impatto sulla qualità dell’aria, dato che il fumo generato è tossico e può essere trasportato anche molto lontano dal luogo di origine del rogo. Inoltre, le fiamme accrescono anche le emissioni di gas serra. Secondo i dati del servizio di monitoraggio dell'atmosfera di Copernicus (CAMS), nel mese di luglio gli incendi boschivi in Arizona hanno emesso un totale di 1.5 megatonnellate di emissioni di carbonio, il livello più alto mai registrato dal CAMS per quel mese. In Canada, dal mese di maggio l'intensità totale giornaliera e le emissioni prodotte da diversi incendi su larga scala sono state costantemente superiori alla media del periodo tra il 2003 e il 2024. Il risultato è che le emissioni totali stimate dall'inizio dell'anno fino al 30 luglio 2025 sono le seconde più elevate mai registrate.

Nemmeno nel Mediterraneo orientale i dati sono rassicuranti. In quest’area, le emissioni totali stimate tra giugno e luglio risultano tra le più elevate negli ultimi 23 anni di dati raccolti dal CAMS. In particolare, a causa degli incendi particolarmente intensi che si sono verificati tra il 22 e il 23 luglio, Cipro ha raggiunto il livello più alto di emissioni cumulative annuali da incendi boschivi in due giorni. “Gli incendi boschivi sono un fenomeno comune nelle regioni boreali durante i mesi estivi, ma gli ultimi anni sono stati insoliti per la loro gravità e durata,” ha dichiarato Mark Parrington, Senior Scientist del CAMS. “Questi incendi, insieme a quelli che stanno bruciando nell'Europa meridionale e nel Mediterraneo orientale, hanno avuto conseguenze disastrose per le comunità colpite, come dimostrano la portata delle emissioni e le distanze percorse dal fumo.”

Gli impatti economici degli incendi

Oltre che sull’ambiente, gli incendi hanno anche un forte impatto economico, a causa delle conseguenze sui settori del turismo, dell’agricoltura, delle infrastrutture e della salute pubblica. A questo proposito, Vacchiano aggiunge che “uno studio dell’università di Trento pubblicato nel 2009 ha sviluppato un metodo per quantificare i costi totali degli incendi boschivi, integrando le spese di spegnimento (personale, mezzi a terra e aerei, attrezzature) con i danni ambientali, ossia la perdita temporanea dei benefici prodotti dai boschi colpiti, come la produzione di legno, l'assorbimento di carbonio, la protezione idrogeologica, la minore frequentazione di turismo. Il modello, applicato alla provincia di Trento, ha stimato una perdita economica annua di circa 100.000 euro, pari a 280 euro per ogni ettaro percorso dal fuoco: una cifra che ancora non comprende le eventuali perdite di biodiversità.”

Inoltre, l’impatto è notevole anche su una scala macroeconomica. Il ricercatore ci spiega che “uno studio realizzato nel 2023 dall'Università di Birmingham ha rilevato che un singolo anno con incendi significativi riduce la crescita del PIL regionale dello 0,11–0,18%, con una perdita complessiva tra 13 e 21 miliardi di euro all’anno solo per Portogallo, Spagna, Italia e Grecia, in particolare come conseguenza del calo di occupazione in settori come turismo, trasporti e ristorazione.”

Il futuro degli incendi e il ruolo della prevenzione

La stagione estiva, però, non è ancora finita, e con questa le alte temperature che favoriscono la formazione di nuovi roghi. “Le previsioni a lungo termine mostrano un quadro chiaro: temperature sopra la media almeno fino al 25 agosto e precipitazioni inferiori alla norma fino al 18 agosto, non solo nei paesi mediterranei ma in tutta l’Europa centrale”, afferma Vacchiano. “In un clima già riscaldato, queste anomalie non sono un incidente temporaneo: ondate di calore sempre più persistenti mantengono caldo e secco il paesaggio per settimane, mentre le piogge deboli o assenti non riescono a ricaricare l’umidità del terreno.”

Queste previsioni, spiega il ricercatore, si basano su modelli meteorologici stagionali come quelli del Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (ECMWF). Ma fino a che punto sono affidabili? “Per le prime due settimane l’accuratezza è relativamente alta, perché deriva dai modelli meteorologici classici a medio termine”, dice Vacchiano. “Oltre il mese, l’incertezza cresce: i modelli descrivono tendenze probabilistiche più che situazioni puntuali. Tuttavia, in presenza di anomalie marcate e persistenti (come ondate di calore o periodi siccitosi prolungati), le proiezioni stagionali hanno dimostrato di essere buoni indicatori delle stagioni con rischio elevato, come già visto negli anni passati. In altre parole: non ci dicono dove e quando scoppierà un incendio, ma quanto saranno favorevoli le condizioni atmosferiche alla propagazione del fuoco.”

Anche per questo motivo, per affrontare incendi su larga scala gioca un ruolo centrale la prevenzione del rischio. “Serve un cambio di paradigma verso una gestione integrata, che include riduzione del rischio, adattamento ai cambiamenti climatici, coinvolgimento delle comunità, pianificazione del territorio, diversificazione dell’uso del suolo e governance adattiva. Questa visione sistemica integra diversi attori – protezione civile, forestali, agricoltori, urbanisti – e richiede soluzioni su misura per ciascun paese, ma basate su principi comuni: paesaggi più resistenti al fuoco, comunità preparate, processi decisionali partecipati e adattivi.”

 

In copertina: foto Envato