La finanza sostenibile sta assumendo un ruolo sempre più centrale nelle strategie per la tutela ambientale e la coesione sociale. Promuovere la conoscenza e la pratica di strumenti finanziari responsabili, diffondendo l’integrazione dei criteri ESG nei prodotti e nei processi del settore, è la bussola che orienta il lavoro del Forum per la finanza sostenibile (FFS).
Durante le Settimane SRI dell'investimento sostenibile e responsabile, terminate il 12 novembre, l’associazione ha pubblicato quattro rapporti che affrontano il tema da prospettive diverse: il ruolo delle fondazioni di origine bancaria, quello del settore assicurativo italiano, l’approccio degli investitori previdenziali e il rapporto tra le nuove generazioni e gli investimenti green.
Gli investimenti sostenibili delle Fondazioni di origine bancaria
“La sesta edizione della ricerca sulle fondazioni di origine bancaria vuole monitorare l'inclusione dei temi di sostenibilità nelle politiche di investimento e nei processi di gestione patrimoniale delle fondazioni”, sottolinea Sara Tarì, ricercatrice e EU Projects Officer del FFS. Delle quarantatré fondazioni che hanno partecipato, la maggior parte non ha modificato le proprie politiche di investimento, mentre in nove casi è stato registrato un maggiore interesse per le tematiche ambientali, sociali e di governance.
Oggi sempre più fondazioni scelgono di integrare criteri ESG nella gestione del proprio patrimonio: sono 34, per un totale di circa 42 miliardi di euro. Diciotto applicano gli standard ESG su almeno un quarto del proprio patrimonio e, tra queste, dieci lo applicano su metà o più dello stesso. Gli approcci più diffusi adottati dalle fondazioni rimangono due: le esclusioni, cioè la scelta di non investire in determinati settori considerati controversi o rischiosi, e gli investimenti tematici, selezionati secondo criteri ambientali, sociali e di governance. Seguono poi l’impact investing, che privilegia investimenti capaci di generare risultati concreti e misurabili, e l’approccio best in class, che sceglie le realtà più virtuose all’interno di ogni settore.
Per quanto riguarda le esclusioni, i settori più frequentemente evitati sono quelli legati ad armi, pornografia, tabacco e gioco d’azzardo. Sul fronte degli investimenti tematici, invece, l’attenzione si concentra soprattutto su energie rinnovabili, progetti per l’efficienza energetica e iniziative legate all’economia circolare, cioè modelli di produzione e consumo che riducono gli sprechi e valorizzano le risorse già esistenti.
Crescono anche le Fondazioni che legano gli investimenti alla propria missione: oggi sono 28, con progetti concentrati su sviluppo locale, rigenerazione urbana, housing sociale e educazione. Inoltre, sempre più attenzione viene rivolta al clima: raddoppiano gli enti che misurano l’impronta di carbonio del proprio portafoglio e aumentano quelli che valutano di includere la neutralità climatica nelle proprie politiche di investimento. Infine, l’attenzione agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite nelle decisioni d’investimento coinvolge 13 fondazioni, con priorità per energia pulita e accessibile, lotta al cambiamento climatico e creazione di lavoro dignitoso e crescita economica.
“Infine, anche la trasparenza degli investimenti sostenibili è in crescita”, aggiunge Tarì. “Le fondazioni che dichiarano di fornire informazioni sulle proprie politiche di investimento coprono oggi l’86% del patrimonio gestito dalle rispondenti. La maggior parte pubblica dati di carattere generale, ma alcune vanno oltre, condividendo dettagli sugli approcci adottati nelle diverse asset class o persino sulle masse gestite.”
Assicurazioni, piani previdenziali e sostenibilità
Secondo la ricerca Gli investimenti sostenibili degli investitori previdenziali italiani, realizzata dal FFS con MEFOP e MondoInstitutional, la sostenibilità sta diventando una priorità per gli operatori del settore. Nel 2025, sono 95 i player che includono i criteri ESG nelle decisioni di investimento, contro i 79 dell’anno precedente. Di questi, 66 li applicano a una quota compresa tra il 75% e il 100% del patrimonio, per un valore complessivo di circa 170 miliardi di euro, pari al 61% del patrimonio totale dei piani attivi nell’ambito degli investimenti sostenibili.
L’approccio più utilizzato è anche in questo caso è quello delle esclusioni, in particolare per quanto riguarda l’ambito delle armi, del carbone e del tabacco. Cresce anche l’attenzione agli obiettivi di sviluppo sostenibile e alla neutralità climatica. Allo stesso tempo, aumenta la pratica di misurare l’impronta di carbonio dei portafogli, comprese le emissioni Scope 3 lungo l’intera catena del valore, effettuata da 35 piani previdenziali.
Anche il settore assicurativo, analizzato da FFS insieme all’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA) nella ricerca La sostenibilità nel settore assicurativo italiano, conferma la crescente centralità dei criteri ESG nelle strategie finanziarie. La quasi totalità delle compagnie italiane rispondenti integra i fattori ambientali, sociali e di governance nelle proprie politiche di investimento, applicandoli a una quota significativa dei portafogli, compresa tra il 75% e il 100%. In questo modo, il settore consolida un approccio sempre più orientato alla responsabilità, alla trasparenza e alla gestione consapevole dei rischi.
Particolare attenzione viene riservata ai temi climatici: il 71% delle compagnie ha inserito l’obiettivo della neutralità climatica nelle proprie politiche di investimento, mentre quasi tutti i soggetti del campione, il 99%, misurano l’impronta di carbonio dei portafogli d’investimento, non solo per identificare i rischi finanziari legati al cambiamento climatico, ma anche per definire azioni concrete volte a ridurre le emissioni.
“Siamo in prima linea sul fronte della mitigazione delle conseguenze del cambiamento climatico e socio-demografico e quindi tutto ciò che riduce l’impatto negativo di macro-tendenze ambientali, sociali e di governance ci vede ampiamente proattivi”, commenta Giovanni Liverani, presidente di ANIA, sottolineando come le compagnie assicurative italiane stiano facendo della sostenibilità un elemento chiave della propria strategia e della propria responsabilità verso clienti, investitori e società.
Giovani e investimenti green
“Otto giovani su dieci conoscono la finanza sostenibile e quasi un terzo ha già fatto investimenti di questo tipo”, afferma Francesco Bicciato, direttore generale del Forum per la finanza sostenibile. Un dato che parla di una generazione, quella under 35, pronta a ripensare il modo in cui si produce valore. “La finanza sostenibile, caratterizzata dall’orientamento al medio-lungo periodo e dall’obiettivo di promuovere un modello di sviluppo rispettoso del pianeta e delle generazioni future, guarda per vocazione ai giovani.”
A loro è dedicato A prova di futuro: giovani, sostenibilità e investimenti, il nuovo rapporto realizzato dal FFS insieme a Doxa, la prima società di ricerche di mercato nata in Italia. Lo studio esplora come le nuove generazioni si rapportano al mondo degli investimenti, con un’attenzione particolare verso la sostenibilità e i prodotti SRI, dall’inglese Sustainable and Responsible Investment.
La ricerca, condotta su un campione di 1.200 giovani tra i 18 e i 35 anni, mostra come l’interesse per la finanza sostenibile sia ormai diffuso: il 78% dichiara di aver sentito parlare di investimenti sostenibili e responsabili, e il 28% di questi ha già scelto di puntare su prodotti SRI, mostrandosi nel complesso soddisfatto dei risultati e intenzionato a ripetere l’esperienza. Tra le soluzioni più apprezzate figurano, in ordine, i fondi a impatto ambientale, i titoli di stato green e le obbligazioni sostenibili, scelte per la loro stabilità nel tempo, la trasparenza degli obiettivi ambientali e sociali e i rendimenti competitivi.
Anche tra chi non ha ancora investito, l’interesse è alto: oltre il 40% si dice disposto a sottoscrivere prodotti SRI. Le motivazioni principali riguardano la percezione di una minore rischiosità, la presenza di certificazioni rilasciate da enti autorevoli e la possibilità di contribuire in modo concreto alla tutela dell’ambiente e al benessere collettivo. Permangono tuttavia alcune perplessità, legate soprattutto alla scarsa conoscenza delle opzioni disponibili, che evidenzia la necessità di rafforzare l’educazione finanziaria, e al timore di fenomeni di greenwashing.
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