
Oggi le scrivanie digitali dei giornalisti pullulano di comunicati stampa su ricerche e analisi di scenari economici. Non si fa nemmeno più caso alla dimensione di certi fenomeni. Eppure, quando si afferma che sarà necessario investire il 3,5% del PIL mondiale per chiudere il gap infrastrutturale globale, per un totale di oltre 10.500 miliardi di euro entro il 2035 (Studio Allianz Trade di agosto 2025), non si può ignorare come lo sviluppo delle infrastrutture sia la chiave di volta della crescita capitalistica senza limiti e dell’inarrestabile progresso umano.
Al cuore dei flussi multidirezionali di merci e persone ci sono strade, ponti, aeroporti, elettrodotti, sistemi idrici, ma anche infrastrutture fondamentali dello Stato, come ospedali, scuole, basi militari. Quello delle infrastrutture è un insieme complesso, che ha impatti immensi in termini ambientali e sociali, dal consumo di suolo alle emissioni di gas climalteranti, dal diritto allo studio (con le scuole, internet e la mobilità) all’accesso universale ai servizi pubblici. Impatti sia positivi che drammaticamente negativi, come ogni fenomeno economico intrinsecamente relativo, che cambia cioè a seconda del punto di vista.
Dunque, non è uno sforzo facile quello di questo numero, che si pone l’obiettivo di cogliere alcuni punti fermi nella grande sfida di disaccoppiare la crescita delle infrastrutture dagli impatti socio-ambientali, guidando la civiltà umana lungo una traiettoria di evoluzione e criticandone i processi intrinseci.
Deb Chachra, autrice del libro How Infrastructure Works: Inside the Systems That Shape Our World, ci ricorda come le infrastrutture debbano diventare come le foreste: sistemi alimentati da energia rinnovabile (sole), che riciclano materia, si riparano e si evolvono, invece di opere statiche che immobilizzano risorse. Inoltre, devono diventare sempre di più adattive e ridondanti di fronte ai rischi ambientali e sociopolitici. Nicola D’Alessandro, di RFI, società che gestisce l’immensa rete ferroviaria italiana, spiega come le grandi innovazioni tecnologiche stanno trasformando la gestione delle grandi infrastrutture e come decarbonizzarle. Carlo Ratti ci guida nell’evoluzione del rapporto fra costruzioni fisiche e superstrutture digitali.
Con un’inchiesta esclusiva il giornalista investigativo Stefano Vergine ci mostra i retroscena della ricostruzione delle infrastrutture ucraine (lavorare su Gaza è ancora prematuro), in particolare di quella energetica, la più compromessa. Giorgio Kaldor ha interpellato la NATO per studiare da vicino la sfida di rendere future-proof le basi strategiche dell’Alleanza Atlantica. Abbiamo poi analizzato il settore aeroportuale e l’innovativa certificazione Airport Carbon Accreditation, studiato gli sviluppi della Belt and Road Initiative, raccontato la più grande diga mai concepita sul tratto cinese dello Yarlung Tsangpo (meglio noto col nome indiano Brahmaputra), indagato la complessità dei maxi elettrodotti e dei cavi sottomarini del mondo digitale, le sfide dei ponti e dei porti, la centralità delle tecnologie di manutenzione predittiva per estendere la vita media delle infrastrutture.
Come sempre uno sguardo complesso, anche contraddittorio, come può esserlo il giudizio sulle infrastrutture che abilitano la nostra economia e la nostra civiltà: templi moderni di una spiritualità materiale, piramidi del Ventunesimo secolo, prodigio di ingegneria, freno e acceleratore del nostro futuro possibile.
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